In nove anni, le vicende di “How I met your mother” ci hanno addentrati in concetti, abitudini ed impressioni a tutti già inoltrati ma mai resi astratti al punto da rifletterci.
Le innumerevoli situazioni che i cinque protagonisti ci presentano, sono quasi tutte consuetudini di cui abbiamo avuto esperienza, alcune delle quali anche frequentemente e che, per quanto ambigue e paradossali, abbiamo assorbito ed inconsciamente accettato come normali.
“How I met your mother” fa sostanzialmente questo: rende astratte le abitudini e apprezzabili al pensiero, per realizzarne la necessità.
Uno dei più macroscopici ed universali temi trattati, è indubbiamente quello del rapporto di coppia; presentatoci sotto svariate forme ed identità, con combinazioni talvolta improbabili ed eccentriche.
Due di queste sono le colonne portanti ed immagine idiomatica della serie, tanto da suscitare l’inevitabile senso di confronto e paragone utile a soddisfare
quell’indole “montaliana“.
Mi riferisco a Lily e Marshall, e Ted e Robin.
Lily e Marshall: la somma delle certezze.
Spesso, la solidità di una coppia si misura anche e soprattutto dalla sicurezza di se e di ciò che si desidera, in correlazione al perseguimento delle proprie convinzioni.
Anche quando queste sembrano apparentemente allontanare dagli obiettivi di coppia per giovare a quelli più personali.
Nel caso di Lily e Marshall, una vicenda emblematica è quella che vede Lily partire per San Francisco nella speranza di coronare il sogno di diventare pittrice, un sogno la cui perseveranza nel conseguimento la allontana momentaneamente da un terrorizzato Marshall, il quale nutre il timore della scoperta di un’indipendenza da parte di Lily e la possibilità di virare verso altre aspettative; paradossalmente, è esattamente ciò che accade ma con conseguenze opposte: Lily torna indipendente, matura (più di prima) e volitiva.
Ma torna.
Le piccole certezze sono anche simboliche, nei melliflui e simpatici gesti e nelle abitudini di chi ha deciso di passare un’intera vita a “diventare grandi” insieme:
l’immancabile “hi five“, il “darsi il cinque“, negli amichevoli sbeffeggiamenti ai propri compagni; gli smielati nomignoli “Lilypad & Marshmallow“; l’abitudine del “cucchiaio piccolo e cucchiaio grande” a letto, nello stare abbracciati.
Dettagli e caratteristiche di chi non ha bisogno di aspettarsi qualcosa di nuovo dall’altro per stupirsi, ma che si stupisce ugualmente nel rendersi conto di non aver bisogno di stimoli per provare un così dirompente sentimento. Sfaccettature di una coppia che ne riconosce gli eterni protagonisti, e non dimentica.
Dal suo canto, Marshall agisce in questo stesso verso ma in maniera meno plateale, attraverso le piccole bugie (a fin di bene), spesso immediatamente rivelate dal senso di colpa, utili a costruire ed imboccare il percorso che lo porterà al suo ambizioso traguardo lavorativo: l’ottenimento della nomina di giudice.
Tutto questo finisce per essere il sacrificio che allontana nella funzione di impedire un allontanamento futuro e definitivo.
Marshall e Lily smorzano il peso dell’eventualità che si possa arrivare a contraddire l’essere di coppia per necessità, e lo fanno contraddicendosi subito. Senza attendere il momento che potrebbe abbatterli inaspettatamente.
La semplice “costruzione di una certezza” attraverso obiettivi e convinzioni, paure ed ambizioni proprie, per riuscire a non doversi separare mai più.
“Sono milioni gli aneddoti che potrei raccontarvi su Lily e Marshall, ma l’unica cosa che conta veramente è che nonostante siano dieci anni che stanno insieme, non riescono a stare una sola notte separati. Non dovranno farlo mai più.”