Tutto How I Met Your Mother è incentrato su un racconto a posteriori di Ted Mosby, e anche se a volte ce lo dimentichiamo guardando la Serie, tutto ciò che accade è frutto di un racconto, dell’esperienza di una persona.
Guardare la vita a posteriori la fa sembrare tremendamente semplice, come quando arrivi al risultato di un’equazione complicatissima. Spesso ci dimentichiamo delle difficoltà che ci siamo ritrovati ad affrontare, forse arriviamo addirittura a rimuovere quei momenti in cui ci siamo sentiti soli, fragili e completamente persi. Sono i momenti che non raccontiamo. Non diremo mai a nessuno di quella sera in cui ci siamo sentiti totalmente sbagliati, in cui abbiamo osservato la nostra vita dall’esterno e ci siamo resi conto di non avere niente.
I tuoi migliori amici vanno avanti, si sistemano, mettono su famiglia o vanno a convivere. La vita degli altri scorre veloce e tu rimani indietro, bloccato in un loop in cui non riesci a realizzare niente di ciò che ti eri prefissato.
Chi scrive non è ancora arrivata al risultato, e mi sono sentita come Ted Mosby tante di quelle volte che ne ho fatto il mio personaggio, quello in cui non posso fare a meno di immedesimarmi, nel bene e nel male.
L’episodio di How I Met Your Mother “Viaggiatori nel Tempo” è tutto incentrato su una fantasia di Ted Mosby, rimasto legato a un passato spensierato, allegro, in cui tutto era come doveva essere e l’età adulta non aveva ancora contaminato la spensieratezza della vita.
Quanto sarebbe più facile se i vent’anni durassero per sempre?
Eppure la vita non va così. Come il mare in burrasca, ci trascina via ovunque lei voglia, sbattendoci da una riva all’altra facendosene un baffo di ciò che noi desideriamo. Come Ted Mosby in How I Met Your Mother, ci ritroviamo a osservare le vite degli altri che vanno avanti senza alcuna difficoltà, mentre noi ci sentiamo in un gioco dell’oca, per cui per quanto possiamo impegnarci per fare tutto come si deve, piomberemo sempre nella casella “torna al via con tanti saluti” e dovremo ricominciare da capo.
Qual è la meta? Dov’è il nostro punto di arrivo?
In How I Met Your Mother abbiamo visto Ted Mosby credere tante volte di essere arrivato. Credeva in Stella, in Victoria, forse credeva anche in Zoey, e sicuramente ha sempre creduto in Robin. Per Ted tutto ha sempre ruotato intorno al sogno di trovare la donna della sua vita e costruirci insieme la sua famiglia. Desideri semplici che in fin dei conti guidano la maggior parte di noi. Ma quanto può essere lungo e difficoltoso questo cammino?
Si parla spesso delle delusioni, di rotture e litigate, ancor di più si parla di successi e ambizioni, ma non parliamo mai di quei momenti in cui vediamo il risultato dei nostri sogni infranti, di quando ci sentiamo perduti nel mondo senza più la forza di trovare un scopo, senza più una speranza cui aggrapparci.
Ci rendiamo conto di aver giocato male le nostre carte, e mentre i nostri migliori amici stanno già vivendo il loro futuro, noi rimaniamo aggrappati a un passato che non esiste più. Un passato in cui non ci riusciamo neanche più a sentire a nostro agio, perché ormai siamo soli anche lì.
Quelle serate hanno un sapore amaro. Ci vogliamo bene, sappiamo di aver sempre cercato di fare la cosa giusta, e razionalmente sappiamo anche di non aver niente per cui lamentarci, eppure la sensazione di essere noi quelli completamente sbagliati non ce la leva nessuno.
Come How I Met Your Mother cerca di farci capire, la vita è lunga e ognuno ha i suoi tempi. Quante volte me lo sono sentito ripetere? È vero che la vita è lunga, ma quanto tempo bisogna ancora aspettare?
A posteriori è tutto più semplice, ma nel frattempo la scalata verso il futuro sembra farsi sempre più complicata e solitaria ed è proprio il momento prima dell’alba a essere il più oscuro.
Quarantacinque giorni sono quelli che separano Ted da Tracy. Quarantacinque giorni. Eppure è questo il momento più oscuro di Ted, il momento in cui si è reso conto che la vita che aveva sempre desiderato in realtà se l’è presa qualcun altro, e lui è rimasto solo, fermo al solito tavolo del solito pub a fare le solite cose, mentre i suoi amici creano un nuovo “solito” per le loro vite.
Siamo davvero al momento più oscuro della notte. Non ci sono più stelle, né sogni, né speranze. Solo la stanchezza del dover credere ancora in qualcosa di totalmente effimero. Quanto può essere stancante credere? Credere quando non si ha più niente in cui credere, credere quando la vita ti ha dato mille ragioni per non farlo, mille schiaffi in faccia, mille delusioni. Perché credere ancora?
Perché l’amore non ha mai un senso. Insomma, non è la logica che lo fa nascere oppure morire, anzi l’amore è totalmente insensato. Ma dobbiamo continuare a viverlo, perché altrimenti saremmo perduti, e se l’amore muore allora all’umanità non resta altro che sparire.
Sei solo, Ted. Ma è proprio in quei momenti soli che la vita ti insegna ad apprezzare qualcosa che ancora non sai ma che amerai fino alla fine dei tuoi giorni. Ed oltre.