La sensazione è che si potesse andare ancora avanti. La prima sensazione che abbiamo provato, nel momento in cui ci siamo apprestati a guardare il primo degli ultimi capitoli di quest’opera tremenda che è How to Get away with Murder, è stata questa. Abbiamo cliccato play e ci siamo resi conto che da questo momento in poi sarebbero rimasti soltanto 6 episodi per chiudere la storia, e abbiamo provato qualcosa di strano. Diversamente da quel che succede con molte altre serie, che tirano a campare disperatamente allungando il brodo col corso della storia già evidentemente esaurito ma oggetto di continui ricicli narrativi, How to Get Away with Murder poteva proseguire. Ha fatto il contrario di quel che si fa in genere, una scelta quasi controintuitiva che vedremo se alla lunga pagherà. Ma c’è da dire una cosa. Se sul piano squisitamente narrativo il prodotto di Shonda Rhimes e Pete Nowalk sarebbe stato perfettamente in grado di reggere almeno un’altra stagione, su quello strettamente emotivo e mentale i personaggi sembrano arrivati al loro naturale capolinea. Totalmente esausti dopo questa folle corsa continua al nascondere omicidi e atti criminosi d’ogni genere, mantenendo nel frattempo una parvenza di vita normale. Hanno tentato di mantenere le apparenze fuori, ma sono morti dentro ogni giorno di più.
Lo vediamo sin dai primi frame. Annalise si guarda allo specchio ma è atterrita: la sua fuga è forse riuscita, ma la fuga da se stessa non finirà mai. Connor e Michaela sono distrutti: beccati per l’unica cosa di cui non erano effettivamente colpevoli, crollano in modo diverso. Più estremo quello del ragazzo, più contenuto quello della wannabe Michelle Obama, che tradisce stanchezza e disperazione ma non perdita definitiva di controllo. Oliver è fuori di se, ha paura di perdere per sempre l’amore della sua vita. Confessa un omicidio che non ha compiuto, in preda a uno stato d’agitazione terrificante. Bonnie e Frank invece fanno quel che hanno sempre fatto: gestiscono. O meglio, tentano di gestire. Ben più abituati a queste situazioni opprimenti rispetto ai loro colleghi di omicidi, reagiscono con calma finanche davanti alla scoperta che Annalise is gone. Proprio come gli ha insegnato la loro amata matrona.
C’è tanto da scoprire ancora. Troppo. C’è da vedere come andrà a finire la fuga della Keating, c’è da dipanare il mistero relativo a Laurel e bisogna rispondere a quella domanda che ci ronza roboantemente in testa dallo scorso midseason finale: Wes è davvero ancora vivo? Ma una cosa per volta. Per adesso, la questione principale da dirimere riguarda l’omicidio di Asher ed è inevitabilmente attorno a questo che ruota l’episodio.
Un episodio molto meno frenetico del solito, che anche tramite i ritmi insolitamente più bassi della narrazione ci restituisce quel senso di paura autentica, non colorata dalla solita adrenalina a mille che ha caratterizzato la maggior parte delle puntate di How to Get away with Murder. I consueti flashback, meccanismo che la serie ha utilizzato sempre con invidiabile maestria, ci riportano ai momenti prima del fattaccio. Dopo la notte brava dei Keating 4 sopravvissuti, Asher è stato costretto a rivelare ai suoi amici che era lui la talpa, ma lo ha fatto sminuendo l’accaduto e buttando acqua sul fuoco, riuscendo a cavarsela con una mazzata di Oliver e successivo pentimento e cure da parte di quest’ultimo. Asher scappa e va da Bonnie, le racconta quanto successo filtrandolo a dovere e prova a tirar fuori dalla donna qualche confessione succulenta. Ma Bonnie ha troppa esperienza e capisce: è lui la talpa. Lo dice a Frank, che si precipita a casa e si offre di ri-accompagnare Asher alla sua dimora. Anche con lui, il traditore prova a fare lo stesso giochetto. Gli parla, prova a estrapolargli qualche confessione buttandola sulla grande amicizia che ha legato i due in passato. Ma Frank è troppo furbo per cascarci, fa questo da troppo tempo.
“Lo so, Frank, non sei un cattivo ragazzo. Tutto quello che hai fatto per noi lo hai fatto solo per proteggerci” – “L’unica cosa che ho fatto per te è essere tuo amico”
Sarà l’ultimo abbraccio tra Frank e Asher. L’ultimo di un rapporto strambo, ma in fondo sincero fino a quest’ultima deriva. Quella notte Asher verrà ucciso, ma non da Frank. Di questo siamo praticamente sicuri. Troppo scaltro e sgamato per cadere in una simile trappola. Su questo Bonnie rassicura Michaela, dicendo che no: non sono stati lei e Delfino a uccidere Millstone. Ma Michaela e Connor ormai non si fidano più e decidono di non farsi più rappresentare dai figliocci della Keating. Niente Tegan, che era pronta a scendere in campo. I due ragazzi si discostano dal vecchio mondo che aveva fatto di loro un sol boccone, e si affidano alle loro vere famiglie per farsi difendere a processo.
I due sono alle strette, rischiano grosso. Hanno una via d’uscita ma rischia di costare carissima. E dopo varie estenuanti trattative, Connor e Michaela accettano lo stesso accordo di immunità. Ma con la stessa condizione: che valga anche per l’altro. Probabilmente l’ultimo rapporto davvero onesto e leale sopravvissuto tra i Keating Five originari, nella pattumiera relazionale di How to Get away with Murder.
I due hanno continuato a proteggersi e tutelarsi l’un l’altro, non finendo vittime della spirale di tradimenti che ha caratterizzato tutti gli altri loro compagni d’avventura. Curioso come proprio i due studenti che più si sono ispirati ad Annalise Keating, pur avendo avuto con quest’ultima un rapporto estremamente conflittuale, si siano rivelati alla fine dei conti i più solidi, gli unici in cui ancora sopravvive uno straccio di principio morale. Un abbraccio diverso da quello freddo tra Frank e Asher: sentito, forte, vero e ancora attaccato disperatamente a un barlume di speranza.
Negli altri microtemi di puntata abbiamo scoperto che Tegan ha aiutato Laurel a fuggire, ma questa situazione è ancora tutta da schiarire. E che Nate sembra rifiutare qualsivoglia tipo di alleanza con Frank e Bonnie: l’impressione è che l’uomo stia tentando in qualche modo di tornare indietro, a quel che era, e di distaccarsi dal mondo marcio da cui è finito per essere avviluppato. Ma ormai è troppo tardi anche per lui, di quell’uomo integerrimo e fiero che abbiamo conosciuto nelle prime stagioni non c’è più molta traccia.
Gli ultimi flashback di Asher ci riportano a quando si fa prestare il telefono da Gabriel in cambio di un assegno da 64mila dollari, dopo aver rotto il suo per la rabbia di non esser riuscito a strappare nessuna confessione pesante a nessuno. L’FBI sta addosso a Gabriel, anche lui sospettato dell’omicidio ma anche per lui sembra difficile possa essere il colpevole.
La cosa più probabile è che di mezzo ci siano sempre loro, i grandi villain di questa saga: la famiglia Castillo. Che sembra in qualche modo coinvolta in modo oscuro anche nella fuga di Annalise: la donna è giunta a destinazione ma mentre segue la misteriosa ragazza incaricata di portare a termine l’operazione Keating sembra avere un sussulto di genialità, un’intuizione che la porta ad allontanarsi. Verrà arrestata dalla polizia, probabilmente su suggerimento del padre di Michaela su dove potessero trovarla. Potrebbe essere il minore dei mali. Ed è così che si chiude il primo di questi ultimi capitoli di How to Get away with Murder. Con uno scacco matto alla regina che, ne siamo abbastanza certi, non sarà un vero scacco matto. Annalise Keating ha diecimila risorse e in questi anni lo abbiamo imparato.