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How to Get Away with Murder – Una delle serie più adrenaliniche nella storia della televisione

How to Get Away with Murder
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Immaginate di vedere una scena qualsiasi di un film o una serie dove il protagonista entra in una stanza vuota. Improvvisamente esplode una bomba, il personaggio muore e tutto viene distrutto. Immaginate ora di vedere la stessa scena, con la consapevolezza che sotto il letto di nasconde un congegno ad orologeria che aspetta solo di esplodere. Hitchcock definisce così la suspense: quando lo spettatore sa più dei personaggi sullo schermo, ed è costretto inerme ad assistere a qualcosa sulla quale non ha alcun controllo. E’ così quindi che si costruisce la tensione? Alcune serie tv sono riuscite a farlo, altre meno, ma una cosa è indubbia: se si parla di costruzione del brivido, la serie creata da Peter Nowalk è un must. How to Get Away with Murder non è solo una delle serie più adrenaliniche nella storia della televisione: è riuscita ad unire perfettamente il mistero alla suspense. Ci ha detto tutto, pur non facendo trapelare nulla.

How to Get Away with Murder
How to Get Away with Murder (640×360)

How to Get Away with Murder (reso in italiano con un azzecatissimo Le regole del delitto perfetto) è un prodotto di genere crime, thriller e drammatico prodotta da quel genio di Shonda Rhimes andata in onda dal 2014 al 2020 e attualmente disponibile con le sue sei stagioni su Netflix. La serie segue le vicende di Annalise Keating (interpretata da Viola Davis, che per la sua interpretazione ha vinto un premio Emmy) avvocata e docente di diritto e procedura penale all’università di Filadelfia. Annalise ha l’abitudine di selezionare attentamente alcuni tra i suoi studenti migliori perché questi la assistano nei casi giudiziari al di fuori dei corsi universitari, ed è proprio da questa partenza che si snoda l’intera vicenda di una serie che ha fatto dei colpi di scena il suo punto di forza. La donna apparentemente vive una vita perfetta: affermata, competente, vive un’esistenza agiata con il marito al suo fianco. Eppure Annalise nasconde ben più di uno scheletro nell’armadio, e ben presto sia gli spettatore che gli ignari studenti si renderanno conto che in How to Get Away with Murder non ci si può fidare di nessuno. Nemmeno di chi si crede di conoscere alla perfezione.

Uno dei primi grandi punti di forza che hanno contribuito a rendere la serie una delle più acclamate dalla critica è la straordinaria scrittura dei personaggi. Dai protagonisti ai personaggi secondari, ogni figura descritta possiede un’introspezione che fa invidia ai migliori manuali di psicologia. A cominciare da Annalise Keating (i cui monologhi hanno fatto la storia della serialità), l’indiscussa regina della serie e uno dei personaggi femminili più sfaccettati e complessi che si siano mai visti in televisione, tutti nella serie hanno un ruolo ben preciso. Ognuno ricopre perfettamente la veste che gli spetta, senza esclusione alcuna. Abbiamo Wes, il “cucciolo”, quello buono, incorruttibile e ingenuamente puro; Lauren, la ragazza acqua e sapone della porta accanto che nasconde un lato perverso; Michaela, feroce e inquietantemente perfetta; Connor, il seduttore; Asher, l’idiota ricco e figlio di papà.

Come in una tragedia Shakespeariana, la serie con protagonista Viola Davis racconta una storia che sembra già scritta ma che al contrario nasconde più di un’insidia.

How to Get Away with Murder (640×360)

Ed è proprio qui che How to Get Away with Murder stupisce, ribalta e riscrive un genere dove è diventato davvero difficile risultare innovativi. Nessuno, nella serie, è al sicuro: niente è prevedibile, banale, leggibile; se lo spettatore è convinto di trovarsi davanti a qualcosa che crede di poter comprendere con un po’ di attenzione, ci mette qualche puntata per accorgersi di essere davanti ad una sottilissima ragnatela. Un intrigo impossibile da districare dove è quasi impossibile capire chi sia il ragno e chi la mosca inerme e intrappolata, che attende di essere mangiata.

L’adrenalina, in How to Get Away with Murder, è data dalla completa imprevedibilità che la serie sbatte davanti agli occhi di chi guarda. In poche parole sembra di giocare una partita a scacchi dove non ci sono bianchi e neri, ma solo pedine. Tutti sono allo stesso tempo vittime degli eventi, sballottate in un mare di misteri e crimini che sembrano più grandi di loro, e carnefici, colpevoli di qualcosa che è molto più di un banale errore. L’omicidio, il “delitto perfetto”, in How to Get Away with Murder è l’ultimo dei problemi. Davanti a tutti c’è una colpa ben più atavica e complessa, perché impossibile da addossare a qualcuno di specifico: quella di essere mostruosamente umani. Spaventosi, egoisti, cattivi, imprevedibili. Perché niente stupisce come How to Get Away with Murder, al di là dei personaggi che popolano le sue vicende.

Viola Davis nei panni di Annalise Keating (640×360)

Non per questo può essere definita perfetta, tutt’altro. Con il passare delle stagioni la serie ha finito per macchiarsi della colpa che caratterizza diverse produzioni legate a Shonda Rhimes: alcuni meccanismi si sono ripetuti, altri hanno perso veridicità. Non ha comunque perso il suo smalto, e con un finale tra i meglio scritti della televisione recente ha riconfermato ciò che già sapevamo ma che avevamo iniziato a dimenticare: niente è come sembra. Quando si tratta di Annalise Keating e dei Keating Five la partita è sempre aperta, il pericolo è dietro l’angolo e gli occhi non possono riposarsi un attimo. Come un coniglio frenetico siamo costretti a scavare ancora un po’ sottoterra, con la consapevolezza che non potremmo mai essere totalmente sicuri di ciò che troveremo in fondo al tunnel.

How to Get Away with Murder, con la sua scrittura imprevedibile e ferocemente implacabile, ci ha insegnato ad aspettarci l’inaspettato.

Non vi resta che lasciarvi cullare da lei, con una raccomandazione: anche quando penserete di aver messo a posto l’ultimo pezzo del puzzle, fate un passo indietro. Potreste rendervi conto di aver sempre guardato il tutto da una prospettiva sbagliata.

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