“Sai cosa c’è, c’è un mondo nuovo qui che aspetta solo noi”, cantava il buon Matteo Branciamore ormai millemila anni fa nella sigla de I Cesaroni (che puoi trovare oggi in streaming su Netflix). Il mondo nuovo di cui parlava era quello nato dall’amore tra Giulio e Lucia, che ha dato origine a una delle famiglie allargate più conosciute della serialità nostrana, al pari solo dei Martini di Un medico in famiglia. La storia ormai la conosciamo già. La scintilla riscoccata dopo tanti anni porta Lucia e le sue figlie Eva e Alice a trasferirsi in casa dell’ormai vedovo Giulio e dei suoi figli Marco, Rudi e Mimmo. Guarda coincidenza, le due coppie di “fratelli maggiori” hanno proprio la stessa età.
Il resto è storia, e nel corso degli anni la famiglia allargata del principio ha continuato a crescere e a svilupparsi in modo sempre più assurdo. Prima è cominciato il tira e molla tra Marco ed Eva (ce lo aspettavamo? Sì), che alla fine della terza stagione hanno avuto la piccola Marta. Poi Cesare ha dato il benvenuto in famiglia a Matilde, cresciuta come fosse figlia sua. Dopo ancora è cominciato un tira e molla anche tra Rudi e Alice, ma per fortuna con loro gli sceneggiatori hanno evitato la gravidanza. E intanto ne sono successe mille altre: Lucia è andata via, poi è tornata ed è andata via di nuovo. Ezio ha tradito Stefania, Eva si è trasferita per sempre, Giulio ha trovato un vecchio amore (di nuovo?!). E, dulcis in fundo, ha scoperto di avere un’altra figlia, Nina. Ah, quasi dimenticavo, anche un altro fratello.
Insomma, il mondo nuovo de I Cesaroni è diventato carta conosciuta
Le sei stagioni, andate in onda dal 2006 al 2014, ci hanno messo davanti una realtà che abbiamo imparato a conoscere bene, e nel tempo la serie, remake della spagnola Los Serrano, si è imposta come una delle serie italiane più conosciute e seguite, anche se apprezzata solo a fasi alterne. Per quanto mi faccia male dirlo perché a me – e spero anche a voi – il trash televisivo piace proprio tanto, la serie è andata diverse volte oltre il limite del realismo, mettendo in atto il classico gioco che comincia quando si continua una serie troppo a lungo. Gli attori cominciano a volersi dedicare ad altri progetti; i personaggi hanno bisogno di dare una rinfrescata alle proprie storyline per mantenere alto l’interesse. Il risultato? Le persone vanno e vengono, e comincia a succedere di tutto, cose che vanno ben oltre il probabile ma anche il possibile.
La serie è andata avanti così per un po’ prima che si decidesse di chiuderla definitivamente, con un gran colpo di scena finale ma senza nessuno che abbia pianto disperato all’idea di non sapere cosa sarebbe successo dopo. Gli anni sono passati e de I Cesaroni è rimasta quella lontana nostalgia infantile del tipo “Ti ricordi quando cantavamo a squarciagola la sigla? La casa a un tratto è diventata un po’ più strettaaaa”. O meglio, era rimasta. Perché a dieci anni di distanza dall’ultima stagione e quando meno ce l’aspettavamo, è stata sganciata la bomba: l’allegra famigliola sta per tornare.
La notizia de I Cesaroni 7 è ormai ufficiale e ha scatenato reazioni contrastanti.
Alcuni fan sono rimasti basiti (io, per esempio) e altri invece non vedono l’ora che la settima stagione diventi realtà. Pare che succederà molto presto, con le riprese che dovrebbero cominciare a inizio estate e la serie che dovrebbe tornare nel palinsesto di Canale 5 nel 2025. Ma qui due domande sorgono spontanee: ne sentivamo davvero il bisogno? A mio parere no. E dobbiamo preoccuparci? Ecco, credo proprio di sì.
Quello de I Cesaroni 7 non è certamente il primo e non sarà l’ultimo ritorno seriale dopo parecchi anni.
Gli annunci di revival, sequel e spin off sono ormai all’ordine del giorno, anche se il più delle volte non reggono il confronto con l’originale. Ne è un caso emblematico Una mamma per amica, che a 8 anni da un finale non troppo apprezzato è tornata con un revival che lo ha fatto rimpiangere. Un revival talmente problematico che buona parte dei fan nemmeno lo considerano parte della storia. Oppure, giusto per aggiungere carne sul fuoco, è ciò che è successo con And Just Like That, che non si avvicina né per stile né per storia a Sex and the City. Potrei fare altri mille esempi ma mi limiterò a farne uno, giusto per tirare in ballo un prodotto italiano: La dottoressa Giò. Non che si trattasse di una grande serie fin dal principio, diciamocelo. E a maggior ragione proprio non ne sentivamo il bisogno.
Il punto è che quella al ritorno – qualunque ne sia la modalità – di serie tv ormai passate è una vera e propria tendenza. Una tendenza alla quale non stiamo rinunciando neanche dopo aver avuto la prova degli scarsi risultati ottenuti. Cosa, questa, che non fa di noi delle persone fiduciose, ma solo recidive. Anche se sono davvero poche le serie che sono riuscite a mantenersi in piedi dopo un ritorno che a volte sembra davvero forzato, case di produzione, reti televisive e attori continuano ad annunciare il tanto atteso ritorno di quella serie di cui hanno fatto parte due milioni di anni fa e che stava davvero benissimo nel cassetto dei ricordi. Anche solo perché, mentre sono in quel cassetto, i ricordi non c’è il rischio di rovinarli.
Ma la questione qui è: perché?
Il ritorno sugli schermi de I Cesaroni, così come quello di tutte le serie che l’hanno preceduta tornando dopo tanti anni, colpisce una fetta ben precisa di pubblico – la generazione che con questa serie è cresciuta – e una parte profonda dei nostri animi: quella piena zeppa di nostalgia. La nostalgia di quando eravamo poco più che bambini e non aspettavamo altro che metterci davanti alla tv per scoprire se Marco ed Eva si sarebbero messi insieme, sentendoci un po’ parte della loro famiglia. La nostalgia di quando la chitarra di Matteo Branciamore suonava delle note davvero banali che però adoravamo. E delle quali, ormai le ho già citate due volte quindi mi sembra si sia capito, ricordo ancora le parole a memoria.
È la nostalgia della generazione che oggi va al Teenage Dream a cantare le canzoni di High School Musical e anche quella di Matteo Branciamore. La generazione di chi guarda i video delle pubblicità dei primi anni Duemila su Tik Tok e vuole godere ancora un po’ delle gioie di quell’infanzia beata. E io che di questa generazione sono parte, sento già la spinta che mi porterà da qui a un anno ad accendere la tv per scoprire che fine hanno fatto Giulio e tutto il resto della ciurma. Ma so già che me ne pentirò. Perché per quanto questa spinta sia forte, so anche di non averne bisogno. I Cesaroni 7 è solo una cura palliativa alla nostalgia, ma non la farà scomparire. Anzi, continuerà a cancellare il bel ricordo di una serie già rovinata dal fatto di essere andata troppo oltre. E, oltretutto, anche invecchiata piuttosto male.
Per fortuna nel mio rendermene conto sono in ottima compagnia.
Alessandra Mastronardi, il cui volto è ancora legato a doppio filo a quello di Eva Cudicini pur avendo lasciato la serie ben prima della sua fine, si è già espressa al riguardo senza mezzi termini. Lo ha fatto addirittura prima che la notizia del ritorno venisse confermata, quando era solo una voce flebile.
Se lo rifacessero io non ci sarei. Non sono per i reboot e non mi servono: quando i cicli si chiudono, si chiudono.
Che saggia donna deve essere, sicuramente più delle persone incaricate di dare linfa vitale a I Cesaroni 7. Ma che ci piaccia o no la serie tornerà. Lo farà sicuramente con parte del cast di I Cesaroni che conosciamo: Giulio, Cesare ed Ezio ci saranno; forse anche Marco ma di questo non c’è ancora conferma. Per il resto al momento è ancora tutto buio, cosa che a mio avviso non fa che peggiorare la situazione. Che serie sarebbe senza almeno Rudi, Alice e Mimmo? E il fatto che ci interessi di più sapere qualcosa sul ritorno di nomi che avevano già lasciato la serie – Alessandra Mastronardi ed Elena Sofia Ricci in primis, entrambe fuori dai giochi – rispetto ai personaggi delle ultime stagioni la dice davvero lunga sull’interesse che la nuova stagione della serie potrà suscitare.
Ormai però l’ho già detto: la guarderò.
Perché certo che sì, sono una criticona, ma non ho mai detto di essere una criticona coerente. Accenderò la tv e mi metterò sul divano con i pop corn in mano, pronta a lamentarmi di ogni singola scena. E lo farò con una citazione sempre sulla punta della lingua: Che amarezza.