Da quando ho cominciato a scrivere per Hall of Series, mi è capitato in più occasioni di parlare di serie tv che sono andate avanti per un numero esagerato di stagioni. In linea generale per quanto mi riguarda 10 stagioni per una serie sono già troppe, ma alcune a 10 non sono nemmeno dovute arrivare: sono andate a male prima, come un cartone di latte tenuto per troppo tempo in frigo. Per fortuna, però, ci sono le eccezioni che confermano la regola. Ci sono quelle serie che sanno rinnovarsi, che hanno sempre qualcosa da dire e continuano a farlo bene negli anni. A volte prendono anche degli scivoloni, ma poi sanno riprendersi. Serie che non ci stancano mai e che mettono ancora più nei guai quelle che invece non riescono a invecchiare così bene. Serie come I Griffin.
Essere una serie animata in questo senso ha i suoi vantaggi.
Banalmente perché i membri della famiglia Griffin, così come i loro più diretti competitor ma anche amici Simpson e tutti gli altri personaggi legati al genere, non devono crescere. Non ci sono tappe evolutive, i bambini non diventano adolescenti e gli adolescenti non diventano adulti. Gli adulti non invecchiano. A volte, abbastanza raramente, qualcuno muore. Tutto ciò significa poter e dover evitare molti di quei fattori che rendono le serie obsolete nel tempo, e che a volte arrivano a farle cadere nel ridicolo. Niente drammi inutili, niente relazioni che nascono e finiscono tra tutti i personaggi. Niente tragedie piazzate a caso giusto per creare un po’ di ansietta a noi spettatori sulle sorti dei nostri beniamini. E molto più tempo per raccontare – e criticare – chi siamo.
Certo, è pur vero che i personaggi restano ancorati nel limbo dell’età a cui sono stati creati, anche se come il buon Stewie ci conferma in questo tipo di prodotti l’età è spesso solo una convenzione. Ma la mancata crescita anagrafica dei personaggi non significa che questi non cambino. Evolvono, esattamente come evolviamo noi. O forse, meglio, come evolve la società in cui viviamo, quella della quale I Griffin si fanno specchio e critica. I tempi cambiano così come i nostri usi, la classe politica, la tecnologia che abbiamo a disposizione. Ed esattamente allo stesso modo cambiano i modi di fare, le battaglie e gli strumenti dei personaggi della serie, stagione dopo stagione. L’evoluzione personale lascia spazio a quella sociale, cosa che aiuta in generale le serie animate a durare nel tempo e a mantenersi bene.
E di questo I Griffin sono la prova provata.
Se devo essere sincera, la mia risposta all’eterno dilemma tra I Griffin e I Simpson è sempre I Griffin. Con la sua sfrontata irriverenza e uno stile narrativo che spesso cade in un nonsenso che personalmente adoro, la serie creata da Seth MacFarlane ha quel qualcosa in più che alla famiglia di Matt Groening manca. E anche qualcosa in più nel confronto con American Dad!, altra creatura dello stesso padre. E forse in molti non sarete d’accordo con quest’affermazione, ma non posso farci nulla. Il fatto è che adoro il cringe, l’ironia che sta dietro l’inadeguatezza delle situazioni, e Peter, Lois e compagnia in questo mi accontentano come nessun altro. E accontentano anche parecchio pubblico internazionale, dato che vanno avanti dal lontano 1999 e sono appena arrivati negli USA a quota 22 stagioni.
Di Peter, Lois, Meg, Chris, Stewie e Brian abbiamo imparato ad apprezzare tutto, ma soprattutto il fatto di essere fuori da ogni giustezza. Ed è anche questo a renderli i personaggi forti e ben caratterizzati che sono. Peter è un padre abbastanza degenere, un lavoratore disinteressato e nemmeno poi così capace, un uomo che nella stragrande maggioranza delle occasioni mette in imbarazzo chiunque gli stia intorno, in primis la sua famiglia. Lois, al contrario, è la rappresentazione dello stereotipo della madre di famiglia medioborghese, ed è colei senza la quale la sua famiglia andrebbe a rotoli. In 1000 occasioni diverse ci ritroviamo a pensare “ma che cosa ci fanno questi due insieme?”. Eppure, 1001 volte ci rispondiamo che non potrebbe essere altrimenti.
I Griffin funzionano perché i membri della famiglia si ritrovano in un precario ma costante equilibrio.
Episodio dopo episodio ne seguiamo la lenta evoluzione, li vediamo cambiare ma anche continuare a portare avanti atteggiamenti deleteri. Un esempio su tutti è ancora una volta Stewie, che negli anni perde l’ossessione di uccidere sua madre ma conserva alcuni comportamenti violenti e a tratti anche sociopatici. Ognuno di loro, così diverso da tutti gli altri, riempie un piccolo spazio vuoto di un insieme in cui, alla fine, tutto finisce sempre per funzionare. L’ingenuità di Chris si contrappone alla genialità sadica di Stewie, la pigrizia di Peter alle battaglie di Brian, l’inadeguatezza sociale di Meg all’avvenenza di Lois. E il risultato è l’ingranaggio perfetto di un orologio preciso al secondo.
Un ingranaggio che funziona dalla bellezza di 412 episodi, che al pubblico è sempre piaciuto e continua a piacere. Ma c’è un motivo per cui va così dal lontano 1999, e non è solo l’ironia nonsense che tanto piace alla sottoscritta. Perché questa non basta quando gli anni che passano sono così tanti, anche se dà una grossa mano. C’è un altro motivo ben preciso che ha portato il pubblico a credere nella serie anche quando la Fox stessa aveva smesso di farlo, “costringendola” a riprendere la produzione pur avendola cancellata dopo due sole stagioni, con tanto di petizione online.
Il fatto è che Peter, Lois e il resto dei personaggi rappresentano i nostri vizi e le nostre virtù.
Fin dai suoi esordi la famiglia Griffin è riuscita a dare una rappresentazione dettagliata di ciò che siamo ma non vorremmo essere, mettendo prima su carta e poi su schermo le virtù ma soprattutto i vizi che ci portiamo dietro. In maniera iconica, ironica e mai banale, stracolmo di riferimenti pop, ogni episodio parte da spunti piccoli e quotidiani per trasformarsi in un susseguirsi di elementi guidati da scelte sbagliate. Le nostre scelte sbagliate.
Portando avanti negli anni tematiche sempre nuove – ancora una volta è Stewie, con i dubbi sulla sua sessualità, a essere un esempio lampante di come le cose si siano evolute e stiano evolvendo – I Griffin continuano a essere il nostro riflesso nello specchio. Uno specchio un po’ deformato, ma non per questo meno efficace. Perché se è vero che ogni puntata presenta momenti assurdi e paradossali – Peter che lotta con il pollo vi dice qualcosa?! – è vero anche che i momenti assurdi e paradossali sono anche quelli di fronte ai quali noi ci troviamo ogni giorno. Ma visti così, con un filtro ironico che mitiga la stranezza delle nostre vite, sono decisamente molto meglio.