Chi non ha mai fantasticato di diventare famoso in tutto il mondo? Di fare qualcosa di così straordinario da lasciare tutti a bocca aperta, di avere dei fan ed essere ammirati ovunque si vada? Ce la immaginiamo così la celebrità: come un trip onirico che getta un fascio di luce luminosa su qualcuno, rendendo ogni suo passo un evento straordinario. Eppure lo sappiamo che la gran parte delle volte non è così che va a finire, che la fama spesso sa fa venire a galla ombre che si vorrebbero tenere nascoste, che il costo della reputazione è mettersi completamente a nudo a sapere che chiunque potrebbe usare quell’immagine a proprio piacimento, specialmente se sei una donna. Ecco che I Hate Suzie, la serie nata dalla collaborazione di Sky Studios e Bad Wolf, riesce a farci un quadro completo della discesa negli inferi di una donna che ha scalato le vette del successo e, una volta in cima, ha trovato uno spaventoso vuoto ad attenderla.
Suzie Pickles ha conosciuto molto presto le tentazioni della celebrità, quando a 15 anni è diventata una popstar di fama internazionale con un singolo che dopo quasi vent’anni in molti ancora ricordano. Dopo questo evento, la sua vita è stata una corsa verso la popolarità: ora è abbastanza famosa da avere fan che la riconoscono per strada, ma non così tanto da essere seguita da stuoli di assistenti e legali. Ripercorrendo le stesse tappe tracciate dall’attrice che le presta il volto, Billie Piper, Suzie si afferma come giovane promessa musicale, per poi approdare al mondo della recitazione televisiva con alcuni ruoli che l’hanno resa nota, in particolare quello in una serie tv sci-fi.
La storia del suo successo è anche la storia di come Suzie sia arrivata a nascondere la vera se stessa dietro l’immagine che voleva dare di sé al resto del mondo.
Ciò che fa crollare la maschera, l’evento scatenante che la mette con violenza a confronto con il vero significato dell’essere famosi, è il furto di alcune foto private dal cloud del suo cellulare. Foto che mettono a nudo lei, il suo tradimento nei confronti del marito, i suoi vizi e che, in qualche modo, vengono raccontate dai tabloid come un tradimento anche nei confronti del pubblico e della versione di Suzie Pickles che tutti conoscevano fino a quel momento.
Dal momento della distribuzione degli scatti hackerati, tutto comincia a crollare sotto i suoi piedi. Suzie attraversa un periodo di forte incomprensione con suo marito, la persona con cui lo ha tradito e di cui era infatuata si rivela un bluff e lei comincia a perdere terreno anche in ambito lavorativo, specialmente dopo che la Disney manda a monte il contratto che stava per firmare. Così travolta dagli eventi – raccontati in otto parti che portano il nome delle fasi del lutto – Suzie ha la sensazione di non avere più controllo su ciò che le succede fuori e dentro le mura di casa.
È in questo modo che la protagonista arriva a credere che i suoi errori siano imperdonabili, che non ci sia niente da salvare nel suo percorso: con piccoli passi verso il proprio crollo emotivo. E tutto ciò che sa ripetere a se stessa, sebbene non lo faccia ad alta voce, è: “I hate Suzie”.
Nonostante tutto, Suzie prova a dare al mondo ciò che vuole da lei: parole ponderate, sorrisi ben costruiti davanti allo specchio, un volto rassicurante e dispiaciuto per l’accaduto. Ma niente sembra bastare, perché ciò che le è accaduto non viene visto per la violazione della privacy che è, ma come un’onta difficile da lavare. Insieme alla manager e migliore amica Naomi cerca di contenere l’onda d’urto che sta riversandosi sulla sua vita e sulla sua carriera, ma è impacciata nei suoi tentativi di salvataggio, inciampa nelle sue stesse dichiarazioni.
E commette l’unico errore che non sempre riusciamo a perdonare a chi ha scelto di essere un personaggio pubblico: dimostrarsi un essere umano imperfetto.
È a questo punto che avviene il vero cambio di prospettiva per Suzie: non importa cosa faccia, non importa che sia stata vittima di una forma di violenza subdola. Ormai il mondo la vede come un giocattolo rotto e non c’è molto che possa fare, a parte accettarsi per come è e andare avanti, servendosi del suo periodo di crisi per individuare ciò che non funziona nella sua vita e non la rende pienamente soddisfatta.
Così nel suo atto finale, dal titolo “Accettazione”, I Hate Suzie svela la vera natura che si nasconde sotto il suo abito di dark comedy: quella che viene mostrata è una riflessione brutale su come affrontare il peso delle aspettative disattese.
Suzie smette di fingersi accondiscendente per ottenere qualche ruolo e salvarsi dall’oblio delle celebrità rovinate dagli scandali sessuali. Interrompe la sua corsa affannosa verso il “perdono” del pubblico e del marito e si lascia andare, finalmente, alle proprie debolezze. Attraverso l’esperienza di un’attrice che scopre il vero costo della celebrità, I Hate Suzie ci racconta quanto possano pesare gli sguardi altrui su di noi e come influenzino le nostre scelte fino a dirottarle.
Alla fine degli otto passi che l’hanno condotta a prendere piena consapevolezza di sé, sappiamo bene che Suzie non è perfetta né immacolata: non è la donna che il pubblico e i clienti vorrebbero che fosse. E ci rendiamo conto che lo scandalo delle foto non è stato altro che un’epifania: lei odia la Suzie che ha dovuto costruire per gli altri e allora che motivo ha di fingersi una persona che non esiste?