Le aspettative per il finale de I Medici non erano alte, di più. Sapevamo che il fulcro sarebbe stata La Congiura dei Pazzi, evento fondamentale all’interno della storia di Firenze e della penisola italiana. La trama a grandi linee si sapeva. Tutti eravamo a conoscenza di come si sarebbe conclusa la vicenda per molti personaggi. Ma questo non ha assolutamente diminuito l’entusiasmo. Anzi, ciò che intrigava di più, il vero mistero era: come raccontare un evento storico riuscendo a sorprendere? Quali strumenti devono essere messi in atto per riuscire a confrontarsi con i numerosissimi giudizi? E in questo finale di stagione, tutte le nostre domande hanno trovato risposta.
I Medici ha chiuso la seconda stagione con un finale spettacolare, portando la serie decisamente a un altro livello.
AVVERTENZE: Sarà forse un parere fin troppo soggettivo, anzi quasi sicuramente. Non prenderò in considerazione gli eventi reali o le inesattezze storiche che tanto vengono criticate. Il mio pensiero si baserà solamente su ciò che abbiamo visto. Perché la serie non si propone come documentario, ma come dramma storico, pertanto con una libera reinterpretazione di nomi, eventi e luoghi.
L’inizio è un’immersione
Fin da subito, dai colori e dalle scelte di fotografia, veniamo calati nel clima della congiura. Ombre, oscurità, false immagini: così ci vengono presentati i Pazzi all’inizio della settima puntata. Agiscono segretamente tramando l’omicidio dei fratelli de Medici. Una scelta volutamente frustrante per chi guarda, perché vorremmo vedere di più, sapere di più. Quasi come se potessimo entrare e illuminare la stanza, ma non possiamo farlo. Perché in quel momento non siamo parte del pubblico, ma un personaggio all’interno della storia. Stiamo origliando, spiando quello che stanno dicendo attraverso il filtro della porta.
Tra il grigio e il verde i Pazzi sono sempre più vicini alla realizzazione del loro piano.
Ma la scala cromatica scura, grigia non si applica solo ai Pazzi. Sembra estendersi a tutta la puntata, come dimostrazione dello sfacelo della bella Firenze. Tonalità che attacca anche i caldi colori dei Medici, che passano al viola e al blu, differentemente dalla luminosità delle prime puntate.
I colori caratterizzano anche le ambientazioni: la casa dei Pazzi con il cavallo al centro, testimone di orrori, litigi e tradimenti. Risalta in contrario alla statua bianca della sede papale. Bianco e nero. Due colori opposti ma che rappresentano due facce della stessa medaglia.
Non solo ciò che vediamo, ma anche come lo vediamo influenza il nostro modo di sentire la storia.
La sceneggiatura ci viene raccontata attraverso una specifica scelta di inquadrature, molto diversa rispetto a ciò che eravamo abituati in precedenza. Da una parte l’uso di inquadrature storte (nel linguaggio tecnico: sbollate) dove l’equilibrio sembra perdersi, creando un effetto straniante. Una sorta di distorsione della realtà, nel clima confusionario di una Firenze in fiamme. Oltre a ciò, tornano ossessivamente i dettagli sulle mani. Queste sono un elemento fondamentale all’interno delle due puntate.
Attraverso le mani viene raccontata la vendetta, la purificazione, la morte e la salvezza.
Fin dai primi momenti, questo dettaglio diventa essenziale. Da Papa Sisto e le sue mani che tengono la corda della veste, quasi come se fosse un’ allusione alla modalità della futura morte della famiglia Pazzi. Al momento del tentato omicidio da parte del conte Montesecco, fino alle mani sporche di sangue di Vespucci. Sono tutti revisioni, giochi, dei ribaltamenti del gesto centrale della Congiura: l’Eucarestia. Quelle mani che dovrebbero seminare pace, portare giustizia, le mani di Contessina e del Vescovo, diventano quelle di Lorenzo e di Francesco: sporche di sangue.
C’è un ampio uso della simbologia ecclesiastica: dal riferimento all’Eucarestia, fino a passare al vino, come rappresentazione del sangue. Il cui portatore è Giuliano de Medici, nel momento in cui abbandona il suo bicchiere ai piede del crocifisso. Un presagio di quello che sarà la sua morte in una Chiesa, la quale è testimone della sua evoluzione, del tentativo di mettere la testa a posto. Nonostante lui in fondo non creda. Non come la madre, non come Lorenzo.
L’odio genera odio
Con queste parole Contessina ha cercato di porre fine all’odio atavico fra le due famiglie più importanti di Firenze. E abbiamo assistito ai numerosi tentativi del Magnifico di portare onore alla promessa fatta alla nonna, ma invano. Fino all’ultimo proclama la pace, la benevolenza. Fino all’uccisione del fratello. Da quel momento siamo testimoni di una completa trasformazione del personaggio: il ragazzo ideale, il giovane pieno di speranza con cui abbiamo fatto la prima conoscenza, sparisce completamente. Davanti a noi si presenta un uomo ferito, disperato, profondamente arrabbiato. In cerca di vendetta.
E quelle mani, che prima professavano tanta pace, iniziano a seminare morte e sangue.
Allora è un fantasma quello?
Lorenzo è ben lontano dal bambino che con tanta umiltà era venuto per chiedere pace. Dal giovane che con volontà aveva aperto le porte della sua banca. Dal ragazzo intriso di poesia, di arte, di sogni. Di quello che era è rimasto solamente un riflesso, un fantasma che cammina tra la gente, ritornando dai morti, cercando vendetta. Quelle mani che portano come un peso l’odio atavico, la morte, i tradimenti, si stringono alla forza lasciando nessuna speranza di pietà.
Lorenzo ha già deciso quale sarà la fine per la famiglia Pazzi, a qualsiasi prezzo, anche se a pagarne sarà la sua anima. E questo Jacopo lo sa.
Ma tu hai perso tutto ciò per cui hai combattuto. Hai perso la tua anima
E così nell’ultimo scontro fra il Magnifico e Pazzi, inginocchiato e condannato sullo stemma di Firenze, si pone fine alla guerra tra le famiglie. Non con la pace, ma con il sangue. Quel sangue che è scorso per tutta la puntata ed in quel momento diviene quello di tutte le vittime: di Giuliano, di Francesco, ma era stato anche di Galeazzo Sforza e di Soverini.
Con Firenze sull’orlo della rovina, termina la tragica amicizia fra Lorenzo e Francesco Pazzi, maledetta fin dalla sua nascita a causa di un odio che andava al di là dei due bambini.
Tu sei un Medici. Io sono un Pazzi
Quando ormai la situazione sembra essersi calmata, passiamo a Roma. Veniamo accecati dalla luce, dall’ambiente chiaro che sembra sbagliato, fuori posto, esagerato. In netta contrapposizione alla situazione precedente.
Ma alla fine…
La serie si conclude nel migliore dei modi. Botticelli riproverà a dare vita attraverso i colori e le immagini a una Firenze distrutta dalla guerra civile.
L’artista recupera il dolore e la morte e li tramuta in arte. È consapevole che solamente nella memoria, nel ricordo, in ciò che resta un’anima può davvero vivere. Nonostante il corpo sia mortale, impotente contro i colpi del tempo, l’immagine può dare l’immortalità. Permette che una storia venga tramandata nei secoli, catturando quell’ultimo attimo di gioia, riuscendo forse a conquistare quel lieto fine tanto sperato che la vita ha bruscamente tolto.
Come Giuliano de Medici e Simonetta Vespucci, il cui amore rimarrà per sempre su tela. Per questo quando Lorenzo condanna la famiglia Pazzi alla Damnatio Memoriae, la sua è una delle peggiori vendette.
Tra la memoria e l’oblio, la seconda stagione de I Medici si chiude così. Dopo tanto orrore, dove il sangue civile è stato versato, gli ultimi secondi sono di colore. C’è speranza: una possibilità di rinascita, di un nuovo inizio.
E Botticelli, nel farlo, dà vita ad uno dei suoi più grandi capolavori: La Primavera.
Perché dopo la morte torna la vita. Si rinasce.
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