I Medici rimangono i signori di Rai1 nonostante un fastidioso karma che già la rende una tra le famiglie più sfigate della televisione, anche se bisogna ammettere che noi serial-addicted siamo abbastanza abituati alla recidività dei drammi esistenziali.
Il terzo episodio de “I Medici” si apre sulle piaghe della peste nera che attanagliò Firenze, l’Italia e l’Europa intera per anni. Descritta fin troppo fedelmente, ci ritroviamo catapultati in un città terrorizzata dalla morte, vista nella sua più tremenda concretezza. Esattamente come leggiamo nei libri di storia, la tendenza è quella di ricercare un capro espiatorio, e sarà il rancoroso Rinaldo Albizzi a fornirne uno perfetto. Cosimo ha peccato di usura, ha iniziato la costruzione della Cupola non per Dio ma per se stesso, per arricchire le sue tasche a scapito della povera gente di Firenze, e per questo si è guadagnato la collera divina.
Cosimo e famiglia tentano di fuggire dai bubboni rifugiandosi nella villa di campagna, ma è inutile dire che dalla peste non si scappa: ecco quindi che dopo Giovanni, anche la cinica moglie Piccarda si libererà dal fardello di questa famiglia tanto complicata, non senza prima riappacificarsi con il nuovo capofamiglia. Conosciamo grazie a questa situazione un nuovo aspetto di Cosimo: il ragazzo soverchiato dal padre diventa ora un bambino mai perdonato dalla madre per una colpa troppo grande.
Nel mentre la popolazione disperata si accanisce sull’opera del Brunelleschi, ma, rientrato a Firenze, il nostro bel Cosimo riesce nuovamente a rigirare la situazione a proprio favore trasformando il Duomo in un lazzaretto. Se Boccaccio avesse saputo che bastava così poco per far passare la peste nera probabilmente non avrebbe scritto il Decameron. Ma dopotutto se Dio dovesse salvare qualcuno, dovrebbe scegliere i poveri e i malati. E il Brunelleschi ovviamente.
In ogni modo il tentativo di Albizzi fallisce e la famiglia De Medici ritorna alla sua città.
Devo ammettere che tra i due episodi de “I Medici”, ho apprezzato decisamente di più l’intreccio del secondo. Ci vengono svelate informazioni del passato sempre più rilevanti per comprendere la famiglia, Cosimo ed anche il “cattivo” di turno. Tramite questi flashback infatti scopriamo le ragioni del rancore che Rinaldo degli Albizzi riserva a Cosimo: le conseguenze di una partita di calcio fiorentino (in cui gli inglesi ci hanno messo lo zampino), una quasi amicizia ed una confidenza di troppo avrebbero riecheggiato per vent’anni fino alla presunta rivincita del giovane nobile. Invischiati in giochi di potere che vanno al di là delle loro singole personalità, sia Cosimo che Rinaldo sembrano due anime incastrate in una vita già scelta per loro dai rispettivi padri. Come i Red e Toby disneyani, non possono fare a meno di essere nemici semplicemente perchè appartenenti a due nature opposte: il nobile e il borghese.
Attenzione particolare dovremmo riservare a Contessina de Bardi: da ragazza costretta ad un matrimonio senza amore, la vediamo diventare una moglie devota ad un marito che non manca di sembrarci decisamente ingrato. Contessina si occupa della suocera in fin di vita, della nuora che perde il bambino, di un figlio che cerca di crescere all’ombra di un padre troppo importante. Abbiamo compreso che negli anni si guadagna non solo la fiducia ma anche il rispetto di Cosimo, che le affida addirittura la gestione di diversi affari economici, sebbene la cosa non ci sembri particolarmente accettata dal sempre più ambiguo Lorenzo.
Durante il quarto episodio, però, sarà la natura più umana della donna e del suo consorte a stupirci maggiormente: l’amore a volte lo si può trovare anche in un matrimonio combinato, quando al denaro si affiancano il reciproco rispetto, un affetto che nasce lentamente e la più totale fiducia.
Una volta accusato ed imprigionato, l’unica speranza di Cosimo è proprio Contessina cui affida la sua sussistenza e quella di tutta la famiglia. Ma noi donne siamo testone, e quando amiamo lo facciamo con tutta l’anima e il corpo. Mentre il marito preferisce morire piuttosto che abbandonare la sua Firenze, Contessina compie una scelta più umana, e probabilmente più lungimirante, per cui irrompe nell’assemblea e riesce ad ottenere l’esilio e non la morte dell’amore della sua vita, con un’arringa da cui il figlioletto Piero dovrebbe imparare parecchio.
Durante questo episodio vediamo due atteggiamenti diametralmente opposti che rappresentano l’apoteosi dello stereotipo di uomo e donna: da una parte Contessina si affida alla parola, alla corruzione, ad un caparbio coraggio disposto a tutto pur di far salva la vita di Cosimo; mentre dall’altra abbiamo Lorenzo che sparisce per metà del tempo per poi ricomparire con l’esercito di Sforza al seguito, pronto a mettere a ferro e fuoco Firenze ed alla morte del fratello piuttosto che cedere la città ad Albizzi. Ebbene quale sarebbe l’atteggiamento più utile e costruttivo? Probabilmente quello dell’ingenuo e sprovveduto Piero, che purtroppo per lui non gode del talento oratorio dei suoi genitori.
Cosa consegue, dunque, dalla combinazione di una moglie innamorata, di un figlio imbranato e di un fratello che probabilmente ti vuole morto? Richard Madden sarà rimasto shockato nel notare che la fatidica erede di Walder Frey non l’abbia portato alla morte ma alla vita, tanto shockato da abbandonarla per partire esiliato diretto a Venezia.
Dalle anticipazioni della prossima puntata de “I Medici” possiamo dedurre che il soggiorno di Cosimo a Venezia sarà piuttosto interessante e che la bella Contessina non è certo tipa da attendere l’ingrato maritino facendo la maglia. Perciò sulle note di Skin rimaniamo in attesa di assistere a qualche corpetto volante, rincuorandoci all’idea che evidentemente la nostra non è proprio la peggiore famiglia della storia.