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La puntata dei Simpson che sembra un vero e proprio episodio di Mad Men

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I Simpson non sono estranei a citazioni e parodie. In verità, la serie tv animata più popolare di sempre è essa stessa una parodia della società americana. Ma in seguito al suo conclamato successo, Matt Groening si è spinto a un livello meta-televisivo di satira, prendendo di mira (bonariamente o meno) la concorrenza. Se di concorrenza si può parlare. Poichè I Simpson, pur rientrando in un preciso genere, ha conquistato con impudenza lo status di cult, elevandosi rispetto a ogni programma mai stato messo in onda. A Springfield tutto è concesso, niente è un tabù (a meno che non si tratti di Apu) e i malcapitati bersagli intascano la battuta con una risata a volte amara. Basti pensare all’eterno dissing unilaterale con la Fox che, nonostante produca la serie, è eternamente oggetto prediletto di scherno. Come dicevamo, dunque, niente e nessuno escluso. Nemmeno Mad Men.

In questo caso, più che di satira parliamo di omaggio.

Onore che già una volta I Simpson avevano concesso a I Soprano, il cui capofamiglia Tony era stato trasposto per mezzo dell’omonimo giallo malavitoso, apostrofato però con un più eloquente “Ciccione”. Il personaggio ha avuto fortuna ed è diventato poi ricorrente nella serie animata. Diverse stagioni dopo questo tentativo, gli autori hanno deciso che un altro show aveva i meriti necessari per irrompere in Springfield, mescolando un improbabile (ma col senno di poi, riuscito) intreccio: Mad Men.

E già dai primi istanti dell’episodio, il settimo del ventitreesimo ciclo, abbiamo un forte richiamo alla creatura di Matthew Weiner. E che sarà costante per il resto della puntata.

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L’entourage di Krusty il Clown deve infatti rimediare all’insuccesso del nuovo prodotto del pagliaccio. Guardacaso si tratta di una vodka, e non una vodka qualunque: la Absolute Krusty, palese riferimento al noto marchio alcolico. Una matrioska di riferimenti. Del resto, alcol e brand sono i pilastri su cui la filosofia di Mad Men è stata eretta. Tornando a noi: per una strampalata casualità (e in mancanza di migliori alternative), l’ufficio stampa di Krusty decide di promuovere il prodotto presso i Simpson, che organizzano un evento di lancio. Per farla breve: il Sig. Burns nota le abilità di Homer nell’allietare gli invitati, così decide di promuoverlo come responsabile clienti della centrale nucleare.

Da qui, il vero cross-over ha inizio.

Ci troviamo sbalzati in un’ambiente per nulla coerente con la Springfield che ci è familiare. Grattacieli che accolgono uffici di vetro, bourbon a fiumi, treni e automobili anacronistici che risalgono agli anni ’60, ancora bourbon. La traccia di Groening rimane però inconfondibile, specie quando la guest star della puntata fa il suo ingresso. Robert Marlowe, mentore di Homer, non è infatti che l’alter-ego macchiettistico di Roger Sterling, uno tra i più influenti personaggi di Mad Men. E chi se non il suo interprete, John Slattery, avrebbe potuto dargli voce e tono?

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La versione animata di Sterling non tarda a dispensare massime e consigli in pieno stile Mad Men, mettendo in guardia l’allievo: “Chi è responsabile dei clienti perde l’anima”, oppure “Più in alto salgono, più in basso cadono”. Inutile dire che Homer non coglie nemmeno mezzo degli avvertimenti del collega, ribattendo con un elaboratissimo “Cacchio, come sei deprimente”. Ed effettivamente, nonostante l’atmosfera ironica tipicamente simpsoniana rimanga viva, un sentore cupo e malinconico che odora di Mad Men impregna tutto l’episodio.

E più ci si addentra nella puntata, più l’atmosfera si tinge degli stessi colori grigi della serie AMC.

Homer è ammaliato dallo stile di vita a cui Richard/Roger lo sta iniziando, tra un bicchiere di bourbon e una… incipriata al naso, per così dire. Finché, come prevedibile, non cade in un vortice di alienazione da quelli che sono i valori fondamentali nell’esistenza di uomo. E comincia a blaterare discorsi no-sense sul degrado della propria esistenza, su un languido sottofondo di jazz, davanti a una Marge in babydoll che gli porge un martini fresco e ai figli, che richiedono l’attenzione di un padre assente. In questo preciso momento, l’episodio raggiunge il perfetto bilancio delle due serie, ottenuto con una spolverata di melodramma (“Non si può toccare l’elettricità, Marge! Non si può sentire l’elettricità!”) e un eccesso di ironia (“Perché altrimenti moriresti, Homer.”)

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Ma, molto prima rispetto al suo corrispettivo originale Don Draper, Homer si rende conto che il gioco non vale la candela.

I responsabili clienti sono degli squali, e gli squali si muovono da soli. Homer però non riconosce nella solitudine il valore della libertà, né è disposto a pagarne il prezzo in cambio del lusso di concedersi ogni capriccio. E così, sceglie ancora una volta la sua famiglia alla carriera che, inspiegabilmente, gli era stata offerta.

I Simpson e Mad Men sono due serie agli antipodi: i protagonisti della prima devono gestire l’ordinaria vita di provincia; i personaggi della seconda, invece, nemmeno ci provano a smussare gli eccessi della propria esistenza. Groening sfrutta la leggerezza per raccontare quanto pesanti siano le piccole realtà suburbane, mentre Weiner preferisce esporre la malinconia delle frivolezze dell’alta società. Ma per quanto distanti questi show siano, gli autori hanno trovato un punto di intersezione, schernendosi a vicenda. E bevendoci su.

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