Nella loro ultratrentennale storia, I Simpson sono finiti spesso al centro di diverse controversie. D’altronde, la natura stessa dello show, quella feroce e irriverente satira che ha costituito il segreto del successo della serie di Matt Groening, si presta, per propria natura, a generare polemiche e dissensi, per cui niente di strano da appuntare, o quantomeno di inatteso. Le controversie sono, di fatto, l’altra faccia della medaglia per un prodotto come I Simpson, ma ciò non toglie che queste possano comunque finire per diventare parecchio accese e, in alcuni casi, degenerare in conseguenze estreme.
Tra le critiche più importanti che I Simpson, negli anni, hanno suscitato, un ruolo di spicco sicuramente occupano quelle derivanti dalla rappresentazione delle culture straniere, un terreno che ha generato una storia quantomeno complessa tra lo show e i propri detrattori. Sono molti i casi che hanno provocato parecchio dibattito, basti pensare alla puntata Bart vs. Australia della sesta stagione, una delle più celebri in tal senso. Una delle critiche più feroci ai gialli abitanti di Springfield è arrivata, però, dal Giappone, in relazione all’ultimo episodio della decima stagione, Thirty Minutes over Tokyo, in cui Homer e famiglia si recano in vacanza proprio in terra nipponica e, come loro solito, vivono tutta una serie di disavventure prima di poter tornare a casa. L’episodio arrivò addirittura a essere bannato in Giappone, ma per quale motivo? Scopriamolo subito.
La puntata bannata
Questo episodio conclusivo della decima stagione de I Simpson non è andato in onda, come rivelato da un commento audio in un DVD che raccoglie quella carrellata di episodi, in Giappone, Cina, Hong Kong e Taiwan. Ma cose succede di tanto scandaloso da portare a una decisione simile? Sul banco degli imputati sono finite alcune gag che si consumano nella puntata, su tutte quella in cui l’imperatore viene scagliato in una scatola di calzature da sumo. Si tratta, chiaramente, di una visione poco edificante della più alta carica dello stato giapponese e per questo motivo quell’episodio non è mai arrivato nelle case degli spettatori nipponici.
Non si tratta, comunque, di una condanna in toto dell’episodio, ne tantomeno de I Simpson, che nella loro storia narrativa hanno più volto incrociato le spade, per così dire, con la cultura del Sol Levante. Pensiamo, ad esempio, alla famosissima pubblicità del detersivo giapponese il cui logo è identico a Homer nell’ottava stagione. Nella stessa puntata Thirty Minutes over Tokyo, inoltre, ci sono parecchie gag divertenti che sono state sinceramente apprezzate anche in Giappone, ma il problema rimane relativo a quella rappresentazione, scherzosa ma comunque denigratoria, dell’imperatore.
Può sembrare eccessiva, agli occhi di un occidentale, questa decisione, ma per comprenderla bisogna capire che il titolo imperiale, in Giappone, non è legato esclusivamente a una dimensione politica, ma ha anche forti connotati religiosi, visto che la figura dell’imperatore nipponico è sempre stata affine anche a quella di un capo religioso se non addirittura a una figura mistica e sovrannaturale in molti frangenti. In quest’accezione, è maggiormente comprensibile il motivo per cui in Giappone si sia deciso di non soprassedere a questa gag, bannando l’intero episodio conclusivo dell’ultima stagione de I Simpson e non concedendo agli spettatori quella rappresentazione, scherzosa ma offensiva, dell’imperatore, pur sacrificando interamente una puntata ambientata nel proprio paese.
Il Giappone contro I Simpson: atto secondo
Non si ferma qui, però, la storia delle controversie tra il Giappone e I Simpson. C’è un altro episodio della serie di Matt Groening che, come riporta il noto portale Collider, nel paese del sol levante non è mai andato in onda e si tratta del decimo dell’undicesima stagione, dal titolo Little Big Mom, temporalmente molto vicino, dunque, a Thirty Minutes over Tokyo. In questo caso, però, il motivo della censura è molto più sottile e anche più delicato. Sotto accusa c’è la narrazione che si fa nella puntata della lebbra, una malattia che ha una storia molto particolare in Giappone. Nell’episodio, troviamo Homer, Lisa e Bart che si devono prendere cura della casa dopo che Marge si è rotta una gamba, ma padre e figlio rendono la vita impossibile alla giovane Simpson che, per ripicca, gli fa credere di aver contratto la lebbra e li manda a fare delle terapie.
All’apparenza non ci sarebbe decisamente nulla da bannare nell’episodio, ma ancora una volta, per comprendere le ragioni di una scelta così forte, bisogna calarsi nella storia del paese. La lebbra per molti anni è stata una vera e propria piaga per il Giappone ed è stata affrontata in modo controverso, con una legge sulla prevenzione della malattia che prevedeva che i malati di lebbra venissero spostati in dei sanatori per limitare la diffusione del morbo. Questa legge è rimasta in vigore fino al 1996, la puntata in questione de I Simpson è del 2000 e quindi capiamo come, al tempo, questo fosse un tema ancora in auge. C’è però di più, perché stando ai racconti che sono venuti fuori, e che sono ancora attuali, questi sanatori che accoglievano i malati di lebbra sono stati dipinti come delle vere e proprie prigioni, in cui i malati vivevano in condizioni molto difficili, e queste rivelazioni hanno generato un grande dibattito in Giappone e nel resto del mondo. Insomma, senza addentrarci troppo poi in tutto quello che è un complesso dibattito che, come detto, ancora oggi rimane vivo in Giappone, è chiaro come la scelta di bannare l’episodio fosse diretta verso la volontà di non parlare di quello che, al tempo, era un trauma, che rimane ancora vivo tutt’oggi per il popolo giapponese. Questa è una censura molto diversa da quella dell’episodio Thirty Minutes over Tokyo, e non rientra in quelli che sono i “rischi calcolati” della satira de I Simpson, capace di colpire, oltre al Giappone, anche molti altri stati e diverse culture.
Abbiamo parlato dell’Australia, ma polemiche sono arrivate pure dal Brasile, in particolare per l’episodio Blame it on Lisa in cui la ragazza adotta un bambino brasiliano e la famiglia si reca in Sudamerica. Diverse volte abbiamo visto molte rappresentazioni stereotipate anche degli europei, italiani, francesi, inglesi e così via, ma in fin dei conti tutto ciò fa parte del gioco, costituisce la natura de I Simpson e in un certo senso questi stereotipi sono un elemento irrinunciabile per la serie animata. Le controversie e le critiche, in fondo, sono tanto comprensibili quanto prevedibili e oggi sono parte integrante di uno show che è diventato storia della televisione anche per la sua irriverenza e per la sua satira tagliente, capace di non fermarsi davvero davanti a nulla.