Un titolo audace, un’equazione abbastanza netta per rendere omaggio e parlare un po’ di un cartone animato, I Simpson, che da più di vent’anni fa parte delle nostre vite e di tutte le sorelle minori e cugine acquisite che sono arrivate dopo. Quale è il primo ricordo che vi viene in mente quando pensate ai cartoni di Matt Groening e Seth McFarlane? Se torno indietro nel tempo riesco a vedermi mentre tornavo da scuola, zaino in spalla e goleador appena comprate al chioschetto vicino (quando costavano ancora la bellezza di 10 centesimi). In casa l’odore dei manicaretti che mi davano il bentornato e poi i Simpson in tv. Altro flashback. Estate caldissima, dopo il centesimo bagno della giornata si è fatta ora di pranzo, il che voleva dire anche Futurama e la sua sigla a tutto volume. Ancora oggi per me quello rimane un cartone inarrivabile. Forse perché, come spesso accade nella vita, sono i ricordi felici e i momenti di spensieratezza che associamo a cose altrimenti banali che ce le rendono così importanti. Come i piatti della nonna, i viaggi con la giusta compagnia, un film visto con una persona speciale e tutto quello che rende il passato di ognuno di noi un luogo magico al quale fare, di tanto in tanto, ritorno.
Nel 1989, Matt Groening prendeva la tipica famiglia americana e ci costruiva attorno una serie tv. Il resto è storia della televisione. Perché da quel lontanissimo 1989, di anni ne sono passati parecchi e il mondo è drasticamente cambiato. Anche i Simpson sono cambiati, non sempre in meglio potremmo aggiungere senza che nessuno si offenda, ma continuano a rappresentare un appuntamento fisso per chi li ha conosciuti dalla prima puntata e per chi si è unito strada facendo. Nella cittadina di Springfield, una varietà eccentrica e colorata di tipi umani sono protagonisti di storie no-sense, avventure esagerate e vicende divertenti che solo in certi casi trovano un proseguo nel corso delle stagioni. Alla pari di tanti piccoli siparietti ambientati in una tipicissima cittadina americana, le storie dei Simpson gettano uno sguardo umoristico sulla cultura, la politica e la società. Homer, Marge, Lisa, Bart e Maggie sono l’incarnazione animata di caratteri da manuali, calati totalmente negli stereotipi che Matt Groening ha deciso di mettere in scena. Sempre con il sorriso sulle labbra. Così Homer è obeso, pigro e un po’ bigotta ma ha anche un grande cuore, Marge è la tipica moglie borghese tutta casa e famiglia, Bart è l’adolescente ribelle, Lisa la figlia modello secchiona e Maggie la piccoletta di casa. Nessun personaggio evolve mai nel corso della serie né tantomeno cresce fisicamente. Sono più di vent’anni che Maggie è una neonata, con buona pace di tutti.
E se I Simpson rappresentano una faccia della medaglia della tipica famiglia americana, di certo i Griffin occupano l’altra.
L’umorismo satirico e gli avvenimenti paradossali che coinvolgono i Simpson e gli altri personaggi che gravitano attorno a loro, lasciano il posto all’ironia graffiante e politicamente scorretta della bimba di Seth McFarlane. Peter, Lois, Chris, Meg, Stewie e il cane antropomorfo Brian sono l’immagine speculare della famiglia gialla di Groening. Esagerati, caricaturali proprio come i Simpson ma di gran lunga più volgari e scorretti. Un’altra America che è, in fin dei conti, la stessa osservata sotto una lente d’ingrandimento impietosa. D’altronde a McFarlane piace l’esagerazione, è il marchio di fabbrica di ogni suo progetto televisivo e cinematografico. Anche in American Dad!, il creatore disegna un altro tipo ancora di famiglia americana ma senza lo stesso successo della sua serie tv più famosa. Laddove i Simpson prediligono un umorismo più intelligente e una sottile critica alla società odierna, i Griffin non si fanno remore a violare le leggi del buon gusto e ad affrontare argomenti controversi senza peli sulla lingua. Persino i personaggi, per quanto attinti dal mondo reale, risultano molto più estremizzati rispetto a quelli di Groennig. A cominciare da Brian, cane parlante della famiglia, fino ad arrivare a Stewie, genio del male in pannolino il cui obiettivo è quello di uccidere la madre. Proprio dalle situazioni comiche che li riguardano prendono vita alcune delle gag più esilaranti e dei momenti più iconici dello show.
Insomma, se è vero che le due serie tv condividono una struttura simile (famiglia americana e situazioni quotidiane) è altresì vero che la narrazione e lo stile viaggiano su binari completamente diversi e, spesso, in rotta di collisione tra loro.
Non tutti gli estimatori dei Simpson sono anche appassionati dello show di Seth MacFarlane, come la sottoscritta. Non solo, il pubblico al quale i due cartoni animati si rivolgono è ben diverso perché il primo rimane comunque un prodotto pensato per tutti, mentre il secondo si rivolge a un’audience prettamente adulta. Si parla di sesso, di violenza, di politicamente scorretto e molto altro ancora. Di certo non siamo di fronte a una puntata educativa della Melevisione.
E Futurama e Disincanto? Beh, qui ci troviamo davanti a tutt’altra storia. Entrambe le figlie minori di Matt Groening – la prima risale al 1999 e la seconda al 2018 – prediligono una trama verticale che si evolve con il passare delle stagioni e si arricchisce di nuovi dettagli e, persino, di nuova lore. Già, perché se da un lato Futurama ci sono eventi che risuonano tra loro nel passato così come nel futuro (l’episodio del cane, il viaggio nel tempo ecc.), dall’altro Disincanto si poggia su un universo narrativo ben definito e strutturato. Nel 31º secolo Fry, Leela, Bender e gli altri membri della Planet Express viaggiano in lungo e in largo per la galassia finendo invischiati in avventure eccezionali, colpi di stato e battaglie interdimensionali. Il tutto condito da una buona dose di pop culture, umorismo e una componente romance, assente nel caso dei Simpson. L’amore e l’amicizia giocano un ruolo determinante nella serie tv animata ambientata nel futuro, tanto da rappresentare spesso il motore degli eventi. Fry e Leela sono diventati, nel corso delle stagioni, una ship amatissima dai fan di tutto il mondo e uno dei temi centrali dello show. Nonostante la sua storia travagliatissima, Futurama rimane ancora oggi un cartone apprezzato e voluto a grande richiesta dai fan, tanto da essere tornato in gran spolvero, per l’ennesima volta, con una nuova stagione prodotta da Hulu e il rinnovo per altre due! Forse troppo incompreso, Futurama è riuscito, fin dal primo episodio, a trovare un equilibrio unico tra commedia, dramma e fantascienza.
È al passato medievale, invece, che Matt Groening ha guardato per la sua ultima e più sfortunata creatura.
Dopo tre stagioni qualitativamente altalenanti, Disincanto ha chiuso i battenti con un finale che lascia l’amaro in bocca e tanti interrogativi su storyline mai esplorate del tutto. Non ci troviamo più a Nuova New York ma nel mondo fantasy di Dreamland. Non più robot, alieni e professori pazzi ma cavalieri, elfi e diavoli a popolare l’universo in stile Game of Thrones di Disincanto. Un richiamo alla serie tv HBO evidente persino nella caratterizzazione fisica della protagonista Beanie, principessa di Dreamland dai capelli bianchi e con una forte predilezione per le pinte di birra. Insieme a lei abbiamo fatto la conoscenza del timido elfo Elfo, dell’irresistibile demone Lucy, del burbero re Zorg e di tutto il resto della folle combriccola.
Entrambe le serie riflettono lo stile distintivo del loro creatore nel fornire storie avvincenti e umorismo unico con una qualità stilistica che raggiunge i suoi massimi livelli nello show targato Netflix. Eppure Futurama rimane un cartone animato, alla pari di I Simpson, pensato per grandi e piccini – dall’umorismo spensierato e dalla fantascienza coinvolgente ma mai complessa – mentre Disincanto segue spesso un tracciato più oscuro, cinico e maturo. Tant’è che Disincanto non fa quasi ridere per nulla, soffermandosi piuttosto sull’evoluzione dei suoi personaggi e le sfide che sono chiamati ad affrontare, con il progredire della storia. Ci sono numerosissimi colpi di scena, avversari temibili e l’utilizzo di un linguaggio e di scelte visive chiaramente pensate per un pubblico più ristretto. Rimangono due prodotti validissimi, a prescindere dai gusti e che non fanno altro che confermare la straordinaria poliedricità di un autore come Matt Groening.