Dopo aver finito di vedere I Soprano, con colpevole ritardo, sono stata colta prima da un senso di panico e smarrimento. Poi semplicemente dal vuoto. Infine dalla bellezza.
Ci sarebbero tante considerazioni tecniche, tante riflessioni profonde da poter effettuare su questa serie, ma non è quello che mi appresterò a fare.
A 13 anni mi sono casualmente ritrovata a leggere per la prima volta un romanzo che ha profondamente segnato la mia vita e la mia visione del mondo: Il ritratto di Dorian Gray, di Oscar Wilde. Non so quale fosse la mia prima interpretazione di quel romanzo, ricordo solo che non riuscivo a pensare ad altro, affascinata e ipnotizzata dalla bellezza con cui quell’uomo, vissuto tanti anni prima di me, avesse scritto un tale capolavoro. Giunta al termine del libro fui colta dallo stesso imperversante senso di smarrimento e vuoto di cui sopra, poi scoppiai a piangere. Da quel momento imparai a memoria la Prefazione con lo scopo precipuo di ricercare nel mondo la bellezza.
Una bellezza che ho ritrovato in tante cose, una bellezza che ho ritrovato ne I Soprano.
Coloro che scorgono brutti significati nelle cose belle sono corrotti senza essere interessanti. Questo è un difetto.
Oscar Wilde
Coloro che scorgono bei significati nelle cose belle sono gli spiriti colti. Per loro c’è speranza.
Essi sono gli eletti per cui la cosa bella significa soltanto bellezza.
Non si tratta semplicemente di una storia intrigante, si tratta della celebrazione di una bellezza decadente. Ciò che mi ha maggiormente colpito, infatti, è la metodica e minuziosa ricerca della perfezione estetica, con particolare attenzione ai dettagli apparentemente insignificanti che si incastrano perfettamente nella composizione e sui quali si indugia volontariamente, quasi a voler fare un dispetto allo spettatore frettoloso.
Un esempio chiaro è dato dagli ultimi secondi della 3×09, un momento che si presenta come superfluo ai fini della trama ma di una bellezza che lascia inermi. C’è Tony nella sua vestaglia grigia intento a mangiare degli avanzi di cannelloni, Carmela di fronte a lui con i suoi nuovi orecchini scintillanti, adagiata con voluttà nel lusso. Poi una cascata di foglie secche scroscia nel giardino facendo appassire il silenzio e le distanze tra i coniugi e introducendo improvvisamente archi e percussioni .
I, I who have nothing
I, I who have no one
Interviene Ben E. King con tutta la potenza del soul, nell’adattamento americano della canzone “Uno dei tanti” scritta da Mogol e Carlo Donida Labati. La musica svolge un ruolo importantissimo e imprescindibile.
Così David Chase incornicia Tony di decadenza e morte, facendoci percepire solo l’armonia della composizione e l’impeto della colonna sonora.
Ed è proprio questa la grandezza della serie: la bellezza emerge dai sobborghi oscuri della malavita, dalla violenza, dalla deformazione morale dell’uomo. Proprio come Dorian Gray, che non perde la sua avvenenza con il trascorrere degli anni, ma che nasconde in soffitta i segni del male.
I Soprano può farsi manifesto di estetismo e decadentismo. Hanno confezionato un prodotto tecnicamente sconvolgente, conglomerando una colonna sonora monumentale con frammenti di pura poesia che riescono ad ammaliare i palati fini, facendogli dimenticare la crudeltà insita nella narrazione.
La vita morale dell’uomo è parte della materia dell’artista, ma la moralità dell’arte consiste nell’uso perfetto di un mezzo imperfetto.
Oscar Wilde – Il Ritratto di Dorian Gray
La vita e l’uomo nella sua totalità vengono manipolati e tramutati in arte, arte decadente in cui la morale è protagonista oscura, le nostre emozioni narcotizzate rispondono all’ondeggiare occulto della serie piuttosto che ai normali canoni della quotidianità. Noi proviamo tutto ciò che loro vogliono che proviamo, siamo totalmente e inevitabilmente coinvolti dalla narrazione.
“Il pensiero e il linguaggio sono per un artista strumenti di un’arte. Il vizio e la virtù sono per un artista materiali di un’arte.”
Ciò che è notoriamente turpe si eleva a perfezione estetica. Ricorrono di sovente all’utilizzo della musica psichedelica che conforta e alimenta quel senso di straziante annebbiamento, come Alice che insegue il suo Bianconiglio e precipita nella sua tana fatta di stranezze e meraviglie.
One pill makes you larger,
White Rabbit – Jefferson Airplane
and one pill makes you small
And the ones that mother gives you,
don’t do anything at all
Tony Soprano osserva il sentiero della sua vita: il nido familiare, la penombra del Bada Bing, la luce oscura di Satriale’s e lo studio della dottoressa Melfi in cui racconta a sé stesso la storia della sua vita, mutandone i particolari a suo favore, compiacendosi del suo potere e del suo Io.
Come Dorian che di soppiatto si specchia nell’immagine deturpata tra le pennellate del suo ritratto.
La sua anima, certamente, era mortalmente malata. Era vero che i sensi avrebbero potuto curarla? Sangue innocente era stato versato. Cosa poteva espiare per questo? Ah! Non c’era espiazione per questo; ma benché il perdono fosse impossibile, l’oblio era ancora possibile e lui era deciso a dimenticare, a scacciare tutto, a schiacciarlo come si schiaccerebbe la vipera che ci ha morso
Il Ritratto di Dorian Gray – Oscar Wilde
Così Tony dimentica il marciume annidato in ogni angolo della sua anima e lascia scorrere l’esistenza come un fiume in piena, nonostante questa vita e questa condizione umana, senza il brio dell’edonismo e il fuoco del male, lo soddisfino come scartare un regalo di Natale e trovare un paio di calzini.
Every day is a gift, it’s just, does it have to be a pair of socks?”
Tony Soprano