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#VenerdìVintage – I Tudors come non li avete mai visti

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Il primo aprile 2007 debuttava negli USA – sul canale Showtime – la serie The Tudors, portata in Italia come I Tudors – Scandali a corte. Per il canale americano si trattò della serie tv col più alto rating degli ultimi tre anni. Per la sottoscritta, invece, del momento in cui compresi la mia personale sensibilità al fascino irlandese.

Protagonista della serie, infatti, è il bellissimo Jonathan Rys Meyers, all’apice della sua carriera, all’epoca reduce del successo di Match Point, moderno gioiello di Woody Allen. Strepitoso nel ruolo di Enrico VIII, forse non solo per le capacità attoriali, ma anche per una certa affinità col carattere impulsivo e convulso del dispotico monarca. Qualità che forse chi ha seguito la carriera dell’attore riconosce facilmente.

I Tudors

Ma non solo Rys Meyers impreziosisce le quattro stagioni de I Tudors con la sua presenza “buca-schermo”.

Chi all’epoca seguì la serie firmata da Michael Hirst – sì, proprio quel Michael Hirst che ci ha regalato Vikings pochi anni dopo – ebbe modo di conoscere già all’epoca fascino e talento di attori oggi apprezzatissimi da un più ampio pubblico seriale. Iniziando dall’imponente Henry Cavill nei panni del duca di Suffolk Charles Brandon, coprotagonista dall’inizio alla fine de I Tudors. Attore ormai famosissimo grazie al ruolo da protagonista in The Witcher. E proseguendo con un’attrice ben nota ai fan di Game of Thrones. Sua Maestà Natalie Dormer.

Molti di quelli che oggi l’apprezzano principalmente come la Margaery Tyrell del Trono di Spade probabilmente ignorano come la bellissima Dormer avesse già da anni una passione per il ruolo di nobildonna sveglia e affascinante vittima della propria ambizione. Nel 2007 infatti Natalie Dormer si fece conoscere al grande pubblico proprio grazie a I Tudors interpretando il ruolo di Anna Bolena nella serie storica di Showtime.

I Tudors

Ma riguardando I Tudors al giorno d’oggi, si scovano molte altre conoscenze del mondo seriale. David Bradley, noto anche lui ai fan di Game of Thrones per aver commesso le peggiori malefatte nei panni di Walder Frey. Annabelle Wallis, famosa per aver interpretato Grace Burgess in Peaky Blinders. Maria Doyle Kennedy, che qualcuno ricorderà nella settima stagione di Dexter, ma soprattutto in Orphan Black e Outlander. Joely Richardson, all’epoca nota per il ruolo di Julia McNamara, protagonista femminile di Nip/Tuck. Un cast eccezionale insomma, che ha saputo dare vita a uno dei capitoli più affascinanti della storia inglese.

La storia della dinastia Tudor ha sempre suscitato un certo fascino, non solo tra gli storici ma anche tra gli sceneggiatori di cinema e serie tv. I Tudors è stata solo l’ultima di molteplici opere cinematografiche e televisive che hanno raccontato la storia del travagliato regno di Enrico VIII.

Proprio i suoi 38 anni di governo sono al centro della serie di Michael Hirst, e dunque anche la sua controversa figura. Il titolo più generico ha tuttavia senso dal momento in cui la serie lascia spazio anche alla storia dell’infanzia dei suoi tre successori: Edoardo VI, Maria I ed Elisabetta I d’Inghilterra. La vicenda narrata ha inizio nei primissimi anni del regno di un Enrico VIII giovane e di fervente fede cattolica, sulla cui persona vengono riposte ampie speranze di un lungo e pacifico regno, da rinnovare dopo una lunga guerra civile.

Ma la serie non temporeggia troppo sugli anni più virtuosi di Enrico VIII mettendo subito in primo piano il suo difficile temperamento e una certa tendenza ai vizi. Le vicissitudini amorose del re diventano presto protagoniste della serie, con l’entrata in scena della bella e ambiziosa Anna Bolena, per la quale Enrico VIII – come ormai noto – sfidò l’intero mondo cristiano. Ricordo ancora come I Tudors creasse all’epoca sgomento tra me e le mie amiche, tutte appena adolescenti e poco avvezze a immagini sessualmente esplicite in tv, in un’era in cui internet era ben diverso da quello che è oggi.

La serie non lesinava in passioni focose ben visibil in più scene. Passione che si consumava tra Enrico VIII e le sorelle Bolena prima, e tra Enrico e altre mogli e amanti dopo. E ovvamente tra molti altri cortigiani.

D’altronde basta leggere un po’ di storia per capire che nonostante l’apparente castità, ai tempi, “l’essere timorati di Dio” fosse un concetto dal significato un po’ ambiguo. La rigida fede cattolica non sembrava precludere trasgressioni alla maggior parte dei cortigiani. Salvo poi garantirsi l’indulgenza divina col denaro sufficiente a comprarsela direttamente da Sua Santità. Una questione centrale nella serie, che racconta sì della travagliata vita amorosa del re, anche della sua politica, delineando dunque i punti salienti del regno di Enrico VIII.

Si parla della sua rottura con la Chiesa di Roma, delle vicende che da una richiesta di divorzio portarono alla nascita della Chiesa Anglicana per come la conosciamo oggi. Si aprla dunque di ciò che ne seguì: la riforma sociale e religiosa di Thomas Cromwell, supportata dai protestanti che già vivevano nel paese, influenzati dalle neonate teorie luterane. La dissoluzione dei monasteri inglesi e l’escalation che portò alle rivolte del nord, tra cui il famoso Pellegrinaggio di Grazia, sedato nel sangue proprio da Enrico.

Il contesto degli eventi storici risulta abbastanza accurato, nonostante una lunga serie di sottotrame romanzate per esigenze televisive.

A partire dalla figura stessa di Enrico VIII dopo i quarant’anni, nella realtà molto diversa da quella piacevole e longilinea di Jonathan Rys Meyers. Per non parlare di altri dettagli che non elencheremo per sintesi e per non suscitare ulteriore fastidio in coloro che – giustamente – apprezzano la massima accuratezza storica nei drammi in costume come I Tudors.

I Tudors è una di quelle serie tv che gioca con i sentimenti degli appassionati di storia, alternando americanate filler messe lì perché televisivamente funzionanti, e dettagli storici spesso molto interessanti. Come il rapporto tra Enrico VIII e ognuna delle sue mogli, curato con attenzione decente assieme alle dinamiche della sua cerchia, al netto anche lì di alcune défaillance. Figure come quella di Thomas More, Robert Aske, Hans Holbein e l’ambasciatore Chapuys, emergono infatti con dignitosa cura.

Nonostante alcuni errori di narrazione insomma, I Tudors resta una perla di un’epoca in cui si inaugurava la Golden Age delle serie tv. Ha consacrato sul piccolo schermo attori di cui oggi non possiamo che essere grati, e probabilmente è stata la serie che ha riacceso l’interesse per la figura storica di Enrico VIII, già trattata prima. In qualche modo I Tudors sembra il banco di prova di un Michael Hirst intento ad affinare le qualità autoriali che anni dopo ci avrebbero regalato serie indimenticabili come Vikings.

E a voi? Non è venuta voglia di fare un tuffo nella storia proiettandovi nella controversa corte di Enrico VIII?

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