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Il commissario Montalbano è tornato ad allietare i tristi lunedì nostrani in prima serata sulla rete nazionale. Dal 1999 la Rai manda in onda questa Serie Tv anomala, che trasforma i romanzi di Andrea Camilleri in piccoli film a sé stanti, leganti gli uni agli altri attraverso una sottilissima trama orizzontale.

Montalbano è un poliziotto atipico che si comporta come un vicino di casa, un uomo qualunque, onesto e incorruttibile come non ne esistono più nemmeno filmicamente parlando. È ghiottissimo di specialità isolane (pesce, in primis), abile nel risolvere casi di omicidio mafioso e non, affabile o burbero con gli anziani (dipende dai casi), simpaticamente meteoropatico, amante delle belle donne avventuriere e scontroso con i suoi dipendenti scassa minchia (il suo vice Mimì Augello, l’ispettore Giuseppe Fazio, il goffo agente Agatino Catarella e altri agenti del commissariato). montalbano

È il classico uomo del sud, ma anche punto d’intersezione tra il parlato del basso volgo e le chiacchiere della nobiltà sicula in decadenza. Zingaretti è perfetto nella sua recitazione apparentemente dozzinale, non povera di umanità né di quel tipo di astuzia che il popolo/pubblico accredita agli investigatori arguti, senza scomodare il Divino come accade in un’altra fortunatissima serie nostrana quale Don Matteo.

Secondo l’autorevole opinione di Aldo Grasso:

«Luca Zingaretti ha sovrapposto la sua fisionomia a quella del commissario Montalbano, che si avvia così a comporre a pieno titolo la quadrilogia dell’investigazione televisiva italiana, insieme con il Tenente Sheridan (Ubaldo Lay), il commissario Maigret (Gino Cervi) e Nero Wolfe (Tino Buazzelli)»

Il maestro Andrea Camilleri, originario di Porto Empedocle (in provincia di Agrigento, diventata Vigata in tv) ha iniziato la sua florida carriera in Rai all’inizio degli anni Sessanta come delegato alla produzione, negli anni in cui facevano capolino le prime fiction, come Il tenente Sheridan e  il commissario Maigret sopracitate.

Un prolifico scrittore di successo, che intorno a metà degli anni ’90 vede esplodere la sua fama a livello planetario grazie alla serie con Luca Zingaretti diventata un cult.

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«Il mio commissario è meno aitante, meno scattante, ha reazioni diverse, non è così giovane, ma il modo di ragionare è simile. Nella sostanza, il commissario della fiction rispecchia perfettamente il Salvo Montalbano letterario. U ciriveddu ci camina a tutti e due allo stesso modo», ha dichiarato l’anziano scrittore Camilleri a proposito della serie tratta dai suoi romanzi.

La voglia di respirare la Sicilia autentica raccontata di Camilleri è sempre più incontenibile, probabilmente causa/effetto dell’incontrastato amore de Il Commissario Montalbano da parte del pubblico italiano.  La regia della serie è affidata ad Alberto Sironi che ha girato soprattutto nella provincia di Ragusa, nonostante i luoghi descritti da Camilleri siano la trasposizione fedele di alcune località agrigentine (Vigata è Porto Empedocle, il capoluogo Montelusa è Agrigento).

Come il magnifico palazzo del commissariato di Vigata altro non è che il reale municipio del gioiello barocco di Scicli; la località di Marinella dove Montalbano risiede nella villetta con affaccio sul mare e ogni giorno va a fare il bagno nelle limpide acque, coincide con Punta Secca, tra la Marina di Ragusa e Scoglitti; in qualche episodio della prima e quinta stagione scorgiamo le vedute mozzafiato delle isole Egadi e di Trapani.

Inoltre, per le scene all’interno del carcere si utilizza la casa di reclusione di Noto, cittadina definita “capitale del Barocco” e dichiarata nel 2002 Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, insieme con le altre città tardo barocche del Val di Noto, in provincia di Siracusa.

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Ma Montalbano non è solo un mucchio di avventure nostrane ambientate nella trepidante Sicilia, è molto di più: è uno strumento didattico per avvicinare lo spettatore alla fine disciplina della dialettologia.

Particolarità amatissima dal pubblico di Montalbano come dai lettori di Camilleri è infatti l’uso di un particolare linguaggio italian-siculeggiante:

«… Non si tratta di incastonare parole in dialetto all’interno di frasi strutturalmente italiane, quanto piuttosto di seguire il flusso di un suono, componendo una sorta di partitura che invece delle note adopera il suono delle parole. Per arrivare ad un impasto unico, dove non si riconosce più il lavoro strutturale che c’è dietro. Il risultato deve avere la consistenza della farina lievitata e pronta a diventare pane.»

Un lunghissimo lavorio di traduzione fonetica sta alla base della trasposizione dei dialoghi in Montalbano, basta dare un’occhiata ai racconti per rendersi conto delle difficoltà di tradurre una lingua così musicale ma incomprensibile ai più. E anche il continuo sforzo degli attori, quasi tutti romani, per adeguare i loro accento alle cadenze meridionali è meritevole: Zingaretti è stato ammaestrato dallo stesso Camilleri durante le lezioni dell’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, mentre il Maestro occupava la cattedra di regia.

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Il dialetto nei romanzi di Camilleri svolge un ruolo di sostegno alle diversissime funzioni che l’autore cerca di far assumere a tutte le varietà linguistiche che si trovano nei suoi lavori.

Ne Il Commissario Montalbano c’è la necessità di identificare concretamente i luoghi delle azioni, perché lo scrittore non parla di accadimenti generali o universali ma di eventi ben calati in uno spazio tempo specifico; inoltre agli spettatori non sfugge la vena ironica di certe circostanze comiche possibili solo tramite l’uso del dialetto. Come interpretare sennò il personaggio di Antonio Catarella, se non come una maschera tragicomica tipica del più canonico teatro siculo?

Altra storia  quando Montalbano si trova invischiato in situazioni altamente drammatiche, come le confessioni con mafiosi anziani, le chiacchiere prese dal popolo o le esternazioni di passioni e sentimenti che di solito affiorano nella mente del commissario dopo una lunga nuotata.  Estrapolare una traduzione correttamente italiana da quel tipo di conversazione varrebbe dire snaturarla.

Sono passati molti anni dalla prima messa in onda, e le repliche cicliche compaiono in tv quando la Rai ha bisogno di una botta di vita.

Montalbano continuerà a riscuotere successo fino a quando il pubblico italiano avrà voglia di verità “vera”, esplorata dallo sguardo indagatore di un poliziotto atipico in uno sperduto paesino della selvaggia provincia del sud.

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