Ogni narrazione è un percorso, una strada che ci accompagna attraverso luoghi nuovi e inesplorati. Fruirne è come viaggiare: all’immobilità fisica contrapponiamo un moto immaginativo. Non c’è in fondo molta differenza tra chi viaggia e chi si mette di fronte a una storia: ci sarà chi ha più l’attitudine del viandante, chi del pellegrino, chi dell’esploratore, ma poco cambia. Ogni volta che ci troviamo dentro a una narrazione nuova, dunque, che sia letteraria, filmica o seriale, ci stiamo incamminando lungo un sentiero sconosciuto e non sappiamo cosa ci attenda. Seguendo il paragone, l’elemento che più si lega al nostro ruolo di spettatori è il bivio. O meglio, la potenzialità del bivio. In questo concetto risiede il nostro più grande potere di fruitori: noi siamo sì, in parte, passivi nell’esperire quella storia, ma siamo attivi nell‘immaginarne possibili deviazioni. Con le serie questo poi capita spesso: finisce un episodio sul più bello e noi ci chiediamo, almeno fino alla visione di quello successivo, quale possibile strada prenderà la storia, a quale opzione cederà la narrazione. Quando poi scopriamo cosa accade, ecco che una delle strade che ci si erano prospettate nella mente viene come sbarrata da un muro. Talvolta non ce ne rendiamo nemmeno conto, ma altre non riusciamo a togliercelo dalla testa: eccolo lì a privarci del diritto di intraprendere quella strada, di scoprire quel mondo, di dare quel senso alla storia. É in momenti come questo che si fa largo in noi il rimpianto per quello che sarebbe potuto essere e non sarà. Andiamo avanti – viandanti, pellegrini o esploratori – lungo la via di quel racconto, ma nella testa torna spesso un pensiero, un’immagine: il Muro del Rimpianto.
Eccoci qui, pronti a raccogliere il coraggio per guardare al passato, a quel che è stato il finale di Penny Dreadful, seguito da City of Angels. Desideriamo portarvi con noi nelle profondità di una serie tv che sebbene sia stata capace di toccare le corde della nostra anima – per essere in tema – ha avuto anche la sfrontatezza di distruggere quasi ogni cosa con un finale purtroppo dimenticabile. Una conclusione dolceamara forse giunta troppo presto in un vortice di eventi che meritavano dei tempi narrativi ben più lunghi, che ci avrebbero permesso di assaporare ogni momento, ogni distacco e ricongiungimento tra i personaggi prima dell’addio definitivo.
Nel profondo eravamo consapevoli che l’epilogo di questa storia sarebbe stato drammatico, molteplici spie erano state disseminate lungo tutta la prima e la seconda stagione.
Non mi fermeranno, non ne hanno il coraggio. Ma voi sì! Quando arriverà il momento guardatemi negli occhi e premete il grilletto.
Vanessa Ives – 1×07
Le parole che Vanessa, stremata dalla possessione, rivolge al signor Chandler nella 1×07 sono la perfetta descrizione di ciò che avverrà nell’episodio nove della terza stagione. È come se lei stesse inconsapevolmente determinando, pronunciando questa frase ad alta voce, la certezza della sua dipartita: una profezia che deve compiersi. Quando arriverà il momento, rivela. Tesi avvalorata dal fatto che l’uomo a cui si rivolge non è in realtà Ethan, ma Satana sotto mentite spoglie pronto a ghermirle la mente e il cuore. L’americano nella 3×09 la abbraccia, la bacia, la guarda negli occhi e preme il grilletto senza aver mai udito ufficialmente le parole di Vanessa quella notte. Tutto accade perché deve accadere, forse perché nella storia alla fine è proprio il volere di Dio che trionfa su ogni cosa.
Eppure molti sono gli eventi che intendono scatenare la nostra speranza, che vogliono convincerci della possibile esistenza di un finale ben più roseo. E noi, tanto desiderosi che ciò accada, cadiamo in questo perfido tranello guardando le puntate con una spavalda sicurezza.
In Penny Dreadful è il rafforzarsi del legame con il signor Malcom Murray che ci fa credere che per Vanessa ci sia la possibilità di vivere felice. Ed è l’apparizione di Ethan Chandler che fomenta l’illusione di un amore gioioso, possibile in un futuro lontanissimo ma esistente. Malcolm, Ethan, il Dr. Victor Frankenstein e John Clare diventano pian piano la prova che Vanessa Ives è fatta per il giorno, non per le tenebre. Loro, che sono la sua famiglia, divengono pian piano i motivi per lottare, per vivere. Ne siamo convinti fino all’ultimo secondo, ma purtroppo la verità ci colpisce in faccia troppo duramente e rapidamente.
Perché in Penny Dreadful a complicare ogni cosa vi è il difficile rapporto Vanessa-Divinità.
Vorrei essere come Giovanna D’Arco. L’ho conosciuta come la strega d’Orleans in Shakespeare, poi ho letto Schiller e ho scoperto la sua bruciante passione. Vive per il suo credo e il suo Dio, fedele a se stessa nonostante le tenebre che la circondavano. Si dice che abbia cantato sul rogo […] Ha sentito una voce e vi ha creduto. Credere in qualcosa con tale convinzione è eroico.
Vanessa Ives – 3×02
Giovanna D’Arco è l’idolo, il modello a cui aspirare. Ma in Vanessa il desiderio di credere con una tale convinzione in Dio si scontra sempre con il dubbio e la paura di essere stata abbandonata. Questa lotta interiore, così vivida nelle prime stagioni e all’inizio della terza, è sminuita con un’impensabile rapidità nella 3×08 e nella 3×09.
In questi episodi di Penny Dreadful la ragazza cede alle tenebre, e giustifica tale decisione affermando di star facendo ciò per se stessa.
Bene, ottimo diremmo se questo capovolgimento avesse portato a un’effettiva affermazione individuale del personaggio. Ma così non è, poiché non le viene dato il tempo di mostrare questo suo nuovo lato che improvvisamente si pente di tale decisione, riportando in auge il piano del suo assassinio come unica fonte di liberazione. Probabilmente se fosse stata prodotta anche solo un’altra puntata questa nuova Vanessa avrebbe rivelato il suo perché, ma alla fine di tutto resta una brevissima parentesi che intendeva mostrare un look ancora più dark di quelli avuti in precedenza, ma almeno fondati su basi solide.
Nonostante questa scelta narrativa mal realizzata, possiamo comunque cogliere, grazie alle stagioni precedenti, quanto Vanessa sia lontana dal modello schilleriano di Giovanna D’Arco. La nostra protagonista non è un’eroina ed è sapendo questo che comprendiamo la drammaticità e la bellezza della sua morte. Nella sua dipartita si nasconde la salvezza e la riabilitazione di quell’imperfezione e debolezza tipicamente umana. Noi, infatti, non siamo così diversi da Vanessa Ives.
Lo vedo Ethan, nostro Signore.
Vanessa Ives -3×09
La verità, tuttavia, è anche un’altra. Dietro l’approdo di Vanessa in Paradiso si nasconde la sconfitta di tutti gli altri personaggi che hanno cercato in tutti i modi di salvarla fisicamente, di farla vivere felice sulla Terra. Hanno lottato così strenuamente, hanno sperato così ardentemente e alla fine l’hanno perduta. Ma noi pubblico possiamo accettarlo, sapevamo che sarebbe accaduto, almeno una parte di noi lo sospettava. Quindi perché alla fine di tutto abbiamo avvertito un tale senso di insoddisfazione?
Perché il finale è un frenetico e meccanico susseguirsi di tre eventi: ricongiungimento, battaglia rapida e confusionaria e fatidico colpo di pistola.
La rapidità di questa stagione ci impedisce di godere dei momenti che i personaggi avrebbero dovuto trascorrere insieme dopo essersi ritrovati, il climax viene spezzato da un’accelerazione rovinosa della narrazione. Rimpiangiamo l’essenza di Penny Dreadful racchiusa anche in quei dialoghi scambiati nel salotto Murray tra i protagonisti che ipotizzano, pianificano e discutono sul da farsi. Sarebbe stato necessario uno scenario di tranquillità prima della tempesta, magari un dialogo tra Ethan e Vanessa prima della catastrofe per apprezzare ancora le loro tacite promesse. In questo modo magari la battuta di Ethan – non sarà dannata finché camminerò su questa Terra – avrebbe avuto un impatto maggiore, invece di essere sminuita cinque minuti dopo apparendo infantile.
Persino il duello tra Dracula e il Lupus Dei, il più atteso nelle leggende, è ridotto alla stregua di una scazzottata in una locanda. Da horror psicologico nelle ultime puntate Penny Dreadful cade in un urban fantasy accettabile in cui il nemico, la cui storia contrasta con il finale della prima stagione, diventa quasi patetico.
Inoltre, se consideriamo la morale, la sofferenza e la lotta costante che ha dimostrato nelle due stagioni precedenti, altrettanto ridicola appare la breve trasformazione di Ethan in un possibile sostenitore di Lucifero. Questo percorso nelle Americhe è sembrato improvvisato e arrancato su punti probabilmente scritti ma non ben sviluppati. Con questo non neghiamo l’importanza del viaggio di formazione che ognuno dei protagonisti ha dovuto compiere nella terza stagione. Tutto era necessario, eppure le puntate restano insufficienti e sottomesse a una fretta disastrosa.
Se così non fosse stato ora non ci troveremmo qui, a rimpiangere uno svolgimento per nulla impossibile da realizzare.
La verità è che sarebbe bastato pochissimo per rendere questa serie tv perfetta, dato che le storyline di Victor, di John, di Lily e di Dorian si chiudono in un’aura di mistero che perfettamente si lega al percorso di questi personaggi. Eppure è proprio nella conclusione della storia di Ethan e Vanessa che si è preferito un fare da principianti. Se così non fosse stato magari la protagonista non sarebbe apparsa fino alla fine come un premio a cui aspirano i due fratelli infernali ma che solo Dio può vincere. Sdrammatizzando, è come se tutto si rispecchiasse in quel famoso proverbio, ecco… tra i due litiganti il terzo gode.
E a noi non resta che accettare l’immutabilità della storia che possiamo riscrivere infinite volte solo nella nostra mente. A noi non resta che chiederci come fa John Clare sulla tomba di Vanessa:
Dove sono ora la gloria e il sogno?
John Clare – 3×09