Se per Freud un sigaro è solo un sigaro, per la giornalista Lucy Mangan un serpente non è mai solo un serpente. Questo concetto è alla base de Il Serpente dell’Essex, la nuova miniserie Apple TV che vanta un cast stellare, di cui Tom Hiddleston è solo la punta dell’iceberg.
Disponibile dal 13 maggio sulla piattaforma Apple TV+, Il Serpente dell’Essex è l’adattamento televisivo dell’omonimo romanzo di Sarah Perry, e vede contrapposte la moderna Londra di fine Ottocento alla più arretrata contea di pescatori dell’Essex, due realtà ideologicamente distanti che trovano il loro punto d’unione in Cora Seaborne (Claire Danes), protagonista della vicenda. Cora è una giovane naturalista appassionata di scienze naturali e fossili animali che, venuta a sapere che le acque di Blackwater sono popolate da un grosso serpente, decide di lasciare la metropoli inglese e di raggiungere la contea dell’Essex per studiare da vicino quella mostruosa creatura. Giunta nella località di Colchester, quello che vi trova è una popolazione terrorizzata e in preda alla psicosi: nella simbologia cristiana il serpente è un cattivo presagio, segno inequivocabile dell’ira di Dio. I suoi studi scientifici vengono dunque costantemente prevaricati dalla superstizione degli abitanti, che vedono in Cora l’ennesima minaccia alla loro fede. Esattamente al centro della dicotomia scienza/superstizione si colloca il reverendo Will (Tom Hiddleston), con il quale Cora instaura un rapporto sempre più profondo, essendo legati da un’affine visione del mondo. A discapito delle apparenze, l’amore (inizialmente) platonico fra i due non rappresenta però in alcun modo la risoluzione dei conflitti che albergano nella realtà dicotomica nella quale si muove Il Serpente dell’Essex ; d’altronde, Tom Hiddleston non è neppure la vera star de Il Serpente dell’Essex.
La serie, infatti, non cerca neppure per un momento di unificare le dualità: il mondo resterà sempre popolato tanto dalla scienza quanto dalla superstizione, dall’amore romantico e da quello platonico, dai miti e dalla fede; ciò che Il Serpente dell’Essex intende dimostrare è solo che un serpente non sarà mai solo un serpente dal momento in cui sarà guardato da tanti punti di vista diversi. Se per la popolazione locale quel serpente è un pericolo, per Cora è una risorsa, mentre per Will rappresenta tanto l’avvicinamento a Cora quanto il rafforzamento dell’amore coniugale che prova per Stella (Clémence Poésy). Quest’ultima riflette a sua volta in quella nuova minaccia rappresentata dal serpente prima la paura e, successivamente, l’accettazione del suo stato (di paura e di malattia). Stella è l’unica protagonista che riesce a vedere le cose per quelle che sono, nel bene e nel male; comprende l’amore che lega Cora e Will e lo osserva dall’esterno con la purezza d’animo di chi riconosce la sincera bellezza di quel sentimento, senza che questo annulli ciò che prova per Will o l’amicizia che la lega a Cora. L’accettazione di Stella è così totalizzante da spingerla, sul finale, verso quelle fredde acque, verso quel serpente che un tempo temeva ma che ora riconosce, dunque non ha più le fattezze dell’ignoto; quel serpente, ora, è solo un serpente.
La vera protagonista simbolica della vicenda, più della vivace e intraprendente Cora, è proprio la fragile Stella che, a differenza della popolazione locale che “ha paura di quello che non capisce saltando così a conclusioni affrettate“, abbraccia l’ignoto con curiosità fanciullesca, la stessa curiosità che la lega al piccolo Francis, figlio di Cora, con il quale condivide proprio quel lato infantile e puro; e non è forse questo l’unico modo per approcciarsi all’ignoto? Il Serpente dell’Essex (di cui trovate qui la recensione) è un viaggio simbolico nell’inconscio collettivo, dominato da forze opposte che riescono a trovare il loro equilibrio solo quando smettono di temersi a vicenda, trovando forza proprio ad avvenuta consapevolezza delle reciproche differenze; una metafora applicabile tanto all’interiorità dei singoli individui quanto alla società intera, dominata in questi tempi difficili da sempre più contraddizioni ideologiche.
La realtà resterà sempre una questione di prospettive ma, talvolta, occorre saper cambiare punto di vista.