9. Il Signore degli Anelli e Macbeth
Sono molteplici le influenze letterarie che confluiscono ne Il Signore degli Anelli. Dalla pesante simbologia biblica che pervade l’intero racconto ai legami con l’Inferno di Dante, ma uno dei riferimenti più interessanti che si rincorrono nell’opera di Tolkien riporta al Macbeth di William Shakespeare. Non si tratta, però, di un’influenza positiva, perché quando era tra i banchi di scuola, il piccolo Tolkien non aveva affatto apprezzato la tragedia del Bardo. Anzi, ne era rimasto profondamente deluso.
In particolare, la rottura tra Tolkien e Shakespeare, per così dire, si deve a un passaggio del Macbeth in cui una delle streghe portatrici di profezie annuncia che Machbeth “non sarà sconfitto fin quando la foresta di Birnam non si muova verso Dunsinane”. L’intelletto del giovane Tolkien aveva figurato una foresta che letteralmente muoveva guerra, ma la realizzazione di questa profezia lo ha deluso profondamente, visto che alla fine gli alberi, nella battaglia, vengono utilizzati semplicemente per ingannare il nemico. Non prendono di certo vita.
Un disappunto che, come avrete intuito, ha portato al concepimento di una delle più celebri scene de Il Signore degli Anelli. Al culmine de Le due Torri, mentre re Theoden guida la resistenza al Fosso di Helm, gli Ent attaccano Isengard, causando la sconfitta di Saruman. Un passaggio denso e significativo, che affonda le proprie radici proprio in questo disprezzo che lo scrittore ha provato per Shakespeare e per il suo Macbeth. Finalmente, le fantasie del giovane Tolkien hanno trovato una realizzazione, con una foresta che fisicamente muove guerra.
Al rapporto tra l’autore de Il Signore degli Anelli e il Macbeth (e più in generale all’opera shakespeariana), moltissimi studiosi hanno dedicato ampio spazio. Se è indiscussa questa influenza negativa su questo preciso passaggio della trama, in tanti hanno invece sottolineato come, a livello concettuale, la lettura delle tragedie del Bardo abbia inciso sulla narrativa di Tolkien, in cui si rintracciano tematiche e atmosfere che hanno segnato l’opera di Shakespeare. D’altronde, l’apparato tragico è evidentissimo nel viaggio di Frodo, e gusti personali a parte, è comprensibile che il drammaturgo inglese si ponga come riferimento necessario per una costruzione narrativa del genere.
10. La guerra per Il Signore degli Anelli
Se ci soffermiamo un attimo sulle date delle diverse opere che compongono il franchise de Il Signore degli Anelli, possiamo rintracciare un trend interessante. Tra Il Ritorno del Re e il primo capitolo de Lo Hobbit passano precisamente nove anni. Tra La battaglia delle cinque armate e la prima stagione de Gli Anelli del potere, gli anni di distacco sono otto. Una similitudine che sottolinea come, a un certo punto, si registri un’urgenza di alimentare il franchise, in risposta chiaramente a una sollecitudine costante del pubblico. Ecco, proprio questa urgenza è interessante, perché a un certo punto è stata intercettata da praticamente tutti, dando vita a una battaglia tra player che è stata poi vinta da Amazon.
Tornati disponibili, i diritti dell’opera di Tolkien sono diventati, infatti, un pallino di moltissimi produttori. Ad anni di distanza da Lo Hobbit, con l’esplosione del format seriale, in parecchi hanno fiutato l’occasione di portare il franchise sul piccolo schermo, andando a soddisfare un’esigenza diffusa. Come ben sappiamo, alla fine l’ha spuntata Amazon, ma in un primo momento se l’è dovuta vedere con la tenacia di Netflix, convinta di poter mettere le mani su Il Signore degli Anelli. Sappiamo bene come il fantasy abbia rappresentato per molto tempo un chiodo fisso per la casa di Los Gatos, senza ottenere però grossi risultati. Il contrario di quanto fatto da HBO, che con Game of Thrones ha letteralmente riscritto le regole del fantasy televisivi. Anche l’emittente statunitense ha provato a mettere le mani sull’opera di Tolkien, arrendendosi però agli investimenti mostruosi di Amazon, che ha messo sul piatto 250 milioni per i diritti.
È davvero suggestivo domandarsi cosa avremmo potuto vedere se questa “battaglia tra player” fosse andata in modo diverso. Netflix avrebbe avuto finalmente il suo fantasy di riferimento? HBO avrebbe bissato il successo di Game of Thrones? Domande destinate a rimanere irrisolte. Alla fine ha vinto Amazon, e per ora non sta soddisfando tutti gli spettatori. Ma c’è tempo, e sicuramente ci sono moltissime potenzialità per fare bene.
11. Una data significativa
Rimaniamo su Gli Anelli del Potere. La serie tv di Prime Video è forse il progetto più discusso degli ultimi anni. Ed è anche comprensibile, considerando il background che si porta dietro. Se alcuni passaggi, specialmente a livello di scrittura, potevano essere gestiti meglio, ciò che non è mai mancato alla serie Amazon è il rispetto per lo spirito dell’opera di Tolkien (punto su cui torneremo più avanti). In virtù proprio di questo aspetto, tra le curiosità più interessanti da sottolineare c’è la scelta della data delle premiere de Gli Anelli del Potere. 2 settembre 2022, esattamente 49 anni dopo la morte dello scrittore britannico. Un omaggio davvero prezioso.
L’esordio de Gli Anelli del Potere è stato uno degli eventi più significativi della storia recente della televisione. Nelle prime 24 ore di disponibilità dei primi due episodi sull’applicazione di Prime Video, la serie tv è stata vista addirittura da 25 milioni di spettatori. Un numero mostruoso, che ha fatto registrare chiaramente un record assoluto. Col tempo, come abbiamo potuto constatare, l’entusiasmo del pubblico è scemato, accompagnato da un sentimento sempre più ambivalente da parte della critica. Non c’è dubbio che l’avventura televisiva de Il Signore degli Anelli poteva andare meglio, ma le ambizioni di Amazon non sembrano in discussione. Possiamo aspettarci ancora grandi cose da Gli Anelli del Potere.
12. Il meticoloso lavoro su Gli Anelli del Potere
Come dicevamo nello scorso paragrafo, al di là di ogni risultato ottenuto sinora, è indubbio che Amazon abbia trattato con enorme rispetto l’opera di Tolkien. Lo testimonia la profonda connessione che lo studio ha allestito con la Tolkien Estate, titolare dei diritti degli scritti dell’autore britannico. La società è stata coinvolta dal primo momento nel concepimento della serie tv. Nel 2017, dopo la fine di una causa con Warner Bros, ha aperto quella “guerra dei player” di cui abbiamo parlando, scegliendo di cedere i diritti proprio ad Amazon, con cui è iniziato un lavoro simbiotico volto a omaggiare a dovere il lascito di Tolkien.
Una volta partito il progetto, le consulenze del “mondo Tolkienano” sono state fondamentali. Moltissimi esperti e studiosi dello scrittore hanno collaborato al progetto, dando il loro contributo per rendere più naturale possibile la serie tv. Dal canto suo, Amazon ha vagliato moltissime alternative, ragionando su diverse idee. Tra le ipotesi passate al setaccio ci sono state storie prequel sui protagonisti della trilogia de Il Signore degli Anelli, da Aragorn a Gandalf e Gimli, poi, come abbiamo visto, si è virato con forza sulla forgiatura degli anelli e l’ascesa di Sauron. Una scelta che ha svincolato la serie tv dai film precedenti e ha permesso una maggiore libertà creativa, specialmente in fase di scrittura. Anche qui, il tempo ci dirà se le scelte di Amazon saranno state giuste, ma sicuramente non sono mancate le buone intenzioni.