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Inside Job prende per i fondelli i complottisti per ridicolizzare la paranoia di non essere liberi

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Scie chimiche, deep State, controllo della mente, robot di altissima tecnologia che governano al posto dei Presidenti degli Stati Uniti, rettiliani, congregazioni segrete, manipolazione del pensiero: tutto quello che vi viene in mente scorticando la superficie delle teorie più complottiste della Terra, lo ritrovate – tutto insieme – in Inside Job, la nuova serie animata di Netflix, disponibile da ottobre 2021 sulla piattaforma. Shion Takeuchi è il suo creatore, lo sceneggiatore che ha lavorato ad altre serie di animazione come Disincanto, Adventure Time, Long Live the Royals, Gravity Falls e Regular Show. Si tratta di una serie animata per adulti, che va ad affiancarsi a prodotti già consolidati come Final Space, la stessa Disincanto, BoJack Horseman e tante altre. Battute veloci, umorismo tagliente, sketch rapidi, ritmi quasi soffocanti, personaggi strambi che riescono ad affermare la propria originalità a partire proprio dagli stereotipi nei quali scivolano costantemente.

Inside Job è una serie folle, un calderone in cui trova posto di tutto, soprattutto le cose più impensabili.

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Less is more non poteva affatto essere il motto ispiratore di Shion Takeuchi, che invece butta dentro il suo prodotto qualsiasi cosa, ingolfando la serie fino al limite di saturazione massimo. In questo caso, più è decisamente meglio e l’effetto che ne deriva è quasi stordente. Inside Job raccoglie il meglio – e il peggio – del complottismo e lo spinge fino all’esasperazione, al punto da risultare ordinario, per niente sconvolgente, ridicolo. I dieci episodi della serie ruotano attorno al lavoro di una società segreta, la Cognito Inc., controllata dal Consiglio delle Ombre e impegnata a gestire tutte le teorie complottistiche mondiali. Con un piccolo dettaglio: la maggior parte di esse sono vere. La Cognito diventa quindi una specie di grande azienda deputata alla manipolazione della realtà, l’acme di qualsiasi filo-cospirazionista o complottista che dir si voglia.

Protagonista di questi episodi lisergici e deliranti è la giovane scienziata Reagan Ridley, esperta di tecnologia avanzata e capo di un team di personaggi assurdi e proprio per questo perfetti per una trama del genere. Reagan ha dedicato tutta la sua vita al lavoro, trascurando la sfera privata e finendo per diventare allergica a qualsiasi tipo di relazione interpersonale. La sua testa è il più grande magazzino delle cospirazioni mondiali. Conosce i segreti della Cognito e dunque sa come muoversi in una realtà in cui tutto è manipolato ad arte, alterato, contraffatto, falsificato. Provare a costruire qualcosa di vero in un contesto in cui tutto è manovrato sembra effettivamente un’impresa impossibile e inevitabilmente la sfera emotiva della protagonista ne risente. Provate voi a convivere con un padre che conosce tutti i segreti del mondo e che quando eravate piccoli vi ha cancellato dai ricordi il vostro migliore amico d’infanzia!

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Il team di Reagan è un team di personaggi squilibrati se analizzati fuori dal contesto di Inside Job.

C’è Glenn, il delfino antropomorfo veterano di guerra con la passione per le armi. C’è Gigi, una instagrammer iper sarcastica con cui è meglio non avere a che fare; Magic, il fungo capace di leggere il pensiero; Andre, il chimico coreano sempre strafatto; e Brett Hand, il più stereotipato dei personaggi, anonimo, prevedibile, con una emotività traballante da tenere sotto controllo. Questa divisione della Cognito Inc., sotto la responsabilità del capo J.R., dovrebbe gestire i più delicati segreti del pianeta per conto del governo delle Ombre. Ma chiaramente l’imprevisto è sempre all’ordine del giorno.

Questa serie è stata in lavorazione lungo tutto il corso del 2020, un anno in cui le teorie complottiste hanno trovato larghissima diffusione soprattutto attraverso i social e i canali di comunicazione telematica. La pandemia e le restrizioni alla libertà dei governi hanno fatto emergere un radicato malessere che in qualche caso ha trovato sfogo nel cospirazionismo e nel complottismo. Non c’era fase storica più indicata per far uscire una serie come Inside Job. E sebbene la prima parte di episodi non comprenda il vasto mondo delle teorie no-vax e negazioniste del Covid – non ha fatto in tempo ad inglobarle in un progetto già ben saturo -, la creatura di Shion Takeuchi sembra fatta apposta per esorcizzare gli effetti di questa ondata antiscientifica e complottista.

In Inside Job possiamo vedere un robot prendere il posto del Presidente degli Stati Uniti, una sezione speciale di cloni replicarsi nel tentativo di distruggere tutto, incontri segreti di rettiliani, terrapiattisti arrabbiati giungere ai confini della Terra – che non è sferica, ma neanche piatta. Sentiamo parlare di Protocollo fantasma e controllo della mente, scopriamo che lo sbarco sulla Luna era una finzione e che esiste un piano per neutralizzare la Terra. Ci sono scienziati pazzi e personaggi bizzarri, antropomorfi e agenti segreti. Il confine con la fantasia è stato così abbondantemente superato che accettiamo qualsiasi cosa proprio come parte di una finzione assurda, di un’opera veramente surreale. Inside Job è folle a tal punto da rendere improbabile qualsiasi teoria vi trovi posto. L’idea è probabilmente quella di ridicolizzare il vasto mondo del complottismo per esorcizzare la paranoia di non essere liberi.

Nel finale di questa prima parte c’è un robot gigante che vuole sterminare tutti gli amici di Reagan e persino suo padre. Perché? Perché tutti loro sono spesso causa di stress per la protagonista che, imbrigliata nei grattacapi del lavoro e spossata dai continui screzi con suo padre, non può essere veramente libera di fare ciò che la renderebbe felice. La missione finale è quella di scongiurare la distruzione totale della Cognito Inc., missione che si è resa necessaria proprio perché un’intelligenza artificiale vuole impedire che gli influssi negativi del lavoro e della famiglia impediscano a Reagan di vivere in totale libertà la sua vita.

Mali estremi, estremi rimedi. Solo che la protagonista si rende conto che la libertà assoluta da qualsiasi pensiero e da qualsiasi forma di stress sarebbe una soluzione finale che la vedrebbe collocata al di fuori di qualsiasi contesto sociale. Nella civiltà moderna e in qualsiasi tipo di società organizzata, gli individui devono cedere una parte della propria libertà per poter vivere con gli altri. Sembra essere questo il messaggio reale che Inside Job vuole dare. E per farlo, prende per i fondelli i complottisti – davvero qualsiasi tipo di complottista -, in modo da ridicolizzare quella paranoia così radicata nel nostro tempo di non essere mai veramente liberi. Ma lo vorremmo davvero?

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