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La filosofia di Invincible

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What will you have after 500 years?” “You dad…I’d still have you” (dialogo tra Omni-Man e Invincible)

Mark Grayson è un supereroe. Mark è Invincible, ma di fatto solo nel nome. Suo padre Nolan, Omni-Man è il supereroe più forte del pianeta Terra, il più rispettato e temuto. Lui è davvero invincibile, ma non è davvero un supereroe. Il gioco dei contrari e di opposte filosofie è il fulcro della serie di animazione creata da Robert Kirkman, autore dell’omonimo fumetto (già concluso), giunta alla seconda stagione su Prime Video. Questo approfondimento non vuole essere un trattato filosofico ma vuole provare, semmai, ad indagare le ragioni dietro le azioni dei protagonisti e degli antagonisti, e a coglierne la filosofia.

La premessa narrativa di Invincible è fondamentale, se guardiamo al punto di vista del protagonista: Omni-Man è il modello cui Mark intende ispirarsi. La costruzione del twist che chiude la prima stagione è, sotto ogni punto di vista, impeccabile: lo spettatore sa che Omni-Man non è chi dice di essere, ma non sa perché. Suo figlio Mark, invece, non sa neanche questo, crede che il padre sia quel perfetto alieno (alla Superman) giunto sulla Terra a portare pace e a punire i malvagi. Mark fin da bambino cresce, infatti, nella convinzione che suo padre faccia sempre la cosa giusta: egli è il modello cui il giovane ragazzo si ispira. Questo avviene perché, anche se segretamente, Omni-Man crede fortemente nei suoi ideali, e Invincible li fa propri nella loro sfumatura più superficiale e menzognera, fino a quando tutto si svela.

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Invincible

Quando Nolan sveste i panni dell’eroe e diventa, narrativamente parlando, il villain, tutto cambia: Omni-Man è originario di Viltrum, un pianeta i cui abitanti sono dei colonizzatori dell’universo a causa della loro forza sovraumana e della loro ampia conoscenza dell’arte e strategia bellica. La premessa filosofica dei viltrumiti è fondamentalmente basata sul razzismo: essi si arrogano il diritto di poter conquistare tutti i pianeti dell’universo perché si ritengono superiori a qualsiasi altra razza che li abiti. L’approccio è, di fatto, piuttosto simile alla teoria della razza ariana nel nazismo. Il punto è che gli abitanti di Viltrum hanno in effetti un potere in grado di sottomettere gli altri pianeti e credono che questo li autorizzi a farlo: siamo di fronte, in pratica, al capovolgimento, al fraintendimento assoluto del mantra di Spider-Man: “Da un grande potere, derivano grandi responsabilità“. Infatti, Omni-Man ritiene che il proprio potere giustifichi la sottomissione e l’annientamento altrui: è ciò che prova a dimostrare durante tutto il combattimento col figlio Mark, sostenendo l’insignificanza della vita umana e della incapacità della razza umana di amministrare con saggezza il proprio pianeta. Ed è in questo contesto che si scontra con forza con la filosofia di suo figlio, Invincible.

Mark, che ha creduto per tutta la vita che i suoi ideali derivassero dall’ispirazione datagli dal padre, si trova di fronte a una versione perversa e deviata del suo eroe e deve rendersi conto (al costo della vita) che il suo idolo è in realtà il suo più grande nemico. Mark, tuttavia, rimane puro: nonostante sia solo un ragazzo, egli comprende – in quanto umano – qualcosa che a Nolan sfugge. La propria superiorità non implica la sottomissione altrui. Chi ha un grande potere ha una grande responsabilità, e questa è quella di fare la cosa giusta, qualsiasi possa essere il sacrificio. Mark, infatti, è disposto a sacrificare la propria vita pur di salvare la Terra ed è questo il valore che lascia sgomento suo padre Omni-Man:

You’re fighting so that you can watch everyone around you die! Think, Mark: you’ll outlast every fragile insignificant being on this Planet, you’ll live to see this world crumble to dust and blown away! Everyone and everything you know will be gone!

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Omni-Man non riesce a capire perché Invincible non voglia piegarsi perché non è in grado di comprendere l’amore che anima il figlio: l’amore per suo padre, in primis. L’amore per i suoi simili. L’amore per la cosa giusta.

Quando, alla domanda di Nolan riguardo cosa rimarrà a Mark dopo 500 anni, il ragazzo risponde che avrà ancora il suo papà con lui, Nolan cede. La sua sconfitta non è fisica, non potrebbe mai esserlo: la sua sconfitta è negli ideali. Come mostrato nella seconda stagione, Omni-Man vaga nel vuoto dell’universo alla ricerca di uno scopo, avendo perso l’unico scopo che riteneva meritevole: conquistare pianeti e civiltà presunte inferiori. Suo figlio, Invincible, gli ha insegnato il valore che non aveva idea fosse veramente invincibile: quello dell’amore.

Nel finale della seconda stagione, anche Mark si “sporca”. Si vede costretto a uccidere il proprio nemico che minacciava mortalmente sua madre e il suo fratello adottivo. Eroi come Invincible, Spider-Man, Batman su tutti sono spinti dai loro autori a “stressare” il concetto di giusto: Aristotele parlava del giusto mezzo come sintesi ed equilibrio tra due opposti errori, quelli del difetto e dell’eccesso. Questi supereroi aggiungono complessità attraverso le loro azioni per i contesti in cui vengono posti: Invincible sa che è sbagliato uccidere, ma se la conseguenza del non uccidere è la morte di sua madre deve piegare il suo ideale per proteggere i suoi cari. Spider-Man, nella sua versione del videogioco della Insomniac Games, è il classico esempio dell’eroe che farà sempre ciò che è giusto e non ciò che è facile: sacrificare sua zia May per salvare l’intera popolazione. In tal senso c’è una linea che divide i due personaggi, e quella linea è il contesto: ma i loro ideali sono uguali.

Invincible non deve avere paura perché non può essere come suo padre. Egli è pronto a sacrificare se stesso, a piegare alcuni suoi ideali per fare la cosa giusta, per salvare gli altri. La sua filosofia è invincibile, anche a cospetto del suo idolo, nonché del suo più grande nemico.

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