Immagina: sei figlio di un supereroe ammirato in tutto il mondo. Tuo padre è più forte e veloce di qualsiasi altro essere… e tu sei al liceo, fatichi a parlare con la ragazza che ti piace e di quei superpoteri che ti avevano promesso sarebbero arrivati entro la fine della pubertà non c’è traccia. Resti a guardare tuo padre sentendoti a miglia di distanza da lui, ammirandolo e in parte invidiandolo.
Invincible di Robert Kirkman e adattato da Amazon Prime Video fa i conti con una gran quantità di temi, ma nella sua essenza è esattamente questo: la storia di un ragazzo, Mark Grayson, e del suo passaggio dall’adolescenza all’età adulta a dir poco traumatico. È una storia mirabolante, quella di Mark, in cui si vedono chiaramente tre componenti fondamentali. Tre segmenti che, come in ogni saga supereroistica che si rispetti, descrivono un cambiamento a tratti esilarante, a tratti sanguinoso, ma più di tutto sofferto.
Inizia la superadolescenza: addio vita normale, benvenuto Invincible
In principio fu la premessa del ragazzo-della-porta-accanto-che-diventa-super, un po’ alla Spider Man. Ricevuti i poteri, Mark inizia a sperimentare con le sue nuove, incredibili possibilità. Si diverte a scoprire come volare alla velocità della luce (o perché no più veloce della luce, lasciando nella barriera del suono un secondo foro accanto a quello di suo padre Omni Man), deve imparare a gestire bene la sua forza e in più è costretto a giostrarsi tra la vita di sempre e i suoi nuovi doveri. È così che inizia la sua avventura da neodifensore dell’umanità e del mondo: tra comprensibilissime défaillance che generano effetti collaterali da distruzioni di massa, triangoli amorosi e lezioni di superpoteri.
Ma il risveglio dei suoi geni latenti non è il solo cambiamento a cui il ragazzo va incontro. C’è un altro aspetto della vita di Mark Grayson che sta per spostare per sempre l’asse del suo mondo ed è la sua vera natura. Metà umano come sua madre e metà viltrumita come suo padre, Mark scopre che tutto ciò che credeva di conoscere di se stesso è solo una mezza verità. E non è forse così che hanno inizio i drammi emotivi più riusciti? Nel caso di Mark si tratta di una tragedia su scala fisica oltre che psicologica, e con un contorno di devastazione mondiale causata dalle lotte padre-figlio, ma andiamo per gradi.
La caduta del Padre: può esserci Invincible senza Omni Man?
Scoperte ormai le sue origini, Mark ha bisogno di saperne sempre di più. Com’è questo pianeta di cui Mark porta dentro l’eredità, come è fatta la sua gente e la sua società. Cosa c’entra sua madre in questo e perché suo padre dà risposte evasive. Questi i punti di domanda che gli brulicano in testa come tarli e che intanto indicano a noi la strada su cui ci stiamo per incamminare. La realizzazione di queste verità strategicamente occultate segna una linea di confine nella vita di Mark Grayson. Se prima vedeva suo padre come un re indiscusso, i cui codici morali custodivano i segreti dei saggi, ora il trono su cui lo immaginava vacilla.
Nolan è sempre stato metro e misura del mondo per Mark: è dal (finto) codice morale di Omni Man che nasce Invincible.
E quando la maschera si scolla dal viso del supereroe più acclamato del mondo e vediamo emergere tutte le reali intenzioni di Nolan, ogni coordinata si confonde e Invincible non è più convinto di poter diventare davvero invincibile. L’aura intorno a suo padre va in frantumi e quella legge non scritta che Mark si impegnava a rispettare da umano ed eroe si svuota di ogni significato, perché la stessa persona che l’aveva emanata l’ha poi tradita e violata. E nonostante tutto Mark non vuole arrendersi: si rifiuta di credere che non esista modo di ritrovare il padre con cui è cresciuto.
Scoprire il fianco: essere così teneramente e disperatamente umano vuol dire davvero non poter essere Invincible?
“Quando lui prova gioia, la proviamo anche noi. Vedi quello sguardo sul suo volto? Come puoi guardarlo e non provare la stessa cosa? Più invecchiamo più è difficile riuscirci. Il peso del mondo ci rende più insensibili. Ma i nostri figli ci ricordano delle gioie nella vita. Questo ci riporta indietro nel tempo e ci mostra il senso dell’esistenza. Questa significa essere umani.”
Debbie Grayson, 1×08
Così Debbie descrive ciò che accade a suo marito, un individuo straordinario che può di certo trovare nell’umanità un punto di contatto con quella Terra di cui spesso fa fatica a capire i meccanismi. Ma c’è un tema che queste parole mettono a fuoco e che è fondamentale in questa opera a tre atti di Invincible: la vulnerabilità.
Nolan Grayson vede i sentimenti e le emozioni come un ostacolo alla razionalità necessaria per portare a termine la sua missione. Li vede come falle nel percorso da dover essere “sanate”. Questi aspetti sono per lui, in fin dei conti, delle debolezze a cui non bisogna cedere. Ed è la stessa lezione che cerca di impartire a Mark: ogni viltrumita deve evitare di cadere vittima della vulnerabilità umana e suo figlio non può fare eccezione, non deve. Eppure, se Invincible ha origine da Omni Man (o per lo meno dall’Omni Man che Mark aveva mitizzato) come Mark nasce da Nolan, è nella distanza che li separa e li distingue che il nostro giovane difensore del bene trova la sua vera identità.
Mark, al contrario di suo padre, crede nel genere umano e in tutto ciò che lo contraddistingue. Crede nei sentimenti che legano le persone le une alle altre e crede, più di tutto, in quel padre incastonato nei suoi ricordi.
E sarà questo alla fine ciò che impedirà a Mark di diventare un eroe invincibile nel vero senso della parola. Per quanta forza siano in grado di esprimere i muscoli del suo corpo, per quanta velocità possa esserci nei suoi spostamenti, Mark non è imbattibile. Per lui esiste eccome un punto in cui essere colpito e portato al tappeto ed è il suo cuore. La sua devozione al bene dell’umanità, l’amore irriducibile per il padre, il suo essere restio a crederlo malvagio, i suoi disperati tentativi di dirgli che non lo relegherà a un capitolo buio della sua vita ma tenterà per sempre di redimerlo, fanno di Mark un essere senza dubbio fallibile, ma soprattutto un essere straordinariamente e orgogliosamente umano.