Le avventure di Jessica Jones 3 si chiudono con gli episodi Un sacco di vermi e Dare Tutto (Jessica Jones 3×12 e 3×13), ponendo la parola fine a un contorto percorso di accettazione e scoperta di sé. Per tutta la serie vediamo Jessica lottare per strapparsi di dosso il costume da paladina della giustizia. Non si riconosce in quelle vesti e le sente immeritate. Compie il suo lavoro da investigatrice privata, smaschera e consegna criminali, unicamente per poter spendere la ricompensa in bottiglie e bicchieri di Bourbon. Episodio dopo episodio, capiamo le sue ragioni: abusata mentalmente da Kilgrave è stata costretta a uccidere e, unica sopravvissuta della famiglia in un incidente stradale, diviene cavia per le operazioni che le conferiranno i nuovi poteri. Come potrebbe una ragazza con un simile passato oscuro poter essere un’eroina?
Questo è quello che la protagonista continua a ripetersi: che non ha le qualità necessarie per esserlo né la voglia di assumersi una simile responsabilità. Eppure questa terza stagione la mette di fronte alla realtà: ora che c’è Trish Walker pronta a difendere gli innocenti dai malfattori, Jessica non deve più ricoprire un ruolo che non sente suo. Dovrebbe sentirsi sollevata, ma è ormai nella sua natura impegnarsi per difendere ciò che le sta a cuore e non riesce a smettere di farlo.
Ed è proprio sulla vera natura eroica di Jessica che la terza stagione fa luce.
Essa si basa proprio sulla dicotomia eroina/impostore, come il nuovo villain ama definire Jessica. Salinger, psicopatico che vuole sempre primeggiare, considera tutti gli eroi imbroglioni poiché, senza poteri, non sarebbero in grado di fare nulla. Mentre lui, con la sola disciplina e dedizione è riuscito a eguagliarli e superarli. Jessica Jones è solo forza bruta, Salinger è ingegno e prontezza. Quello che tenta disperatamente di dimostrare è che i muscoli senza lucidità non possono nulla e che, per quanto ci provi, Jessica non è all’altezza del compito.
Durante il penultimo episodio di Jessica Jones 3, Un sacco di vermi (Jessica Jones 3×12), Salinger droga Jessica e la lega a una sedia per immortalare la sua verità. E, anche se le redini della situazione sono sempre state in mano alla ragazza, è in quel momento che vediamo cosa si nasconde dietro la corazza della dura alcolizzata. La vediamo spaventata e non per ciò che il suo rapitore potrebbe fare di lei, ma perché Salinger ha colto nel segno con le sue parole. La verità di Jessica Jones è che la sua paura più grande è che la sua famiglia sia morta invano.
Il pensiero di non poter dare un senso al loro sacrificio attraverso le sue nobili e coraggiose azioni la terrorizza.
Jessica Jones 3 si apre proprio con la protagonista che riflette su quanto ricongiungersi con sua madre, anche per poco, le abbia ridato speranza. La speranza di poter fare di più, essere di più, perché nel mondo c’è ancora qualcosa di buono che merita di essere salvato. Anche a costo di fare dei sacrifici e Jessica lo sa bene. Nell’ultimo episodio, la vicende del pluriomicida passano in secondo piano e cedono il posto all’ormai incrinato rapporto tra la sorella adottiva Trish e Jessica. La prima, dopo aver ucciso Salinger, giustizia altri malfattori pensando così di liberare il mondo dal male. Ciò che non capisce, però, è che agendo in questo modo diventa lei stessa il male.
Ma Trish sostiene che per essere un eroe bisogna essere disposti a compiere l’estremo sacrificio, e dare tutto. E per Hellcat questo tutto voleva dire imbrattarsi le mani di sangue pur di raggiungere un bene superiore. Per Jessica dare tutto equivaleva a sacrificare l’unica persona che l’avesse sempre accettata e per la quale avrebbe dato anche la vita: sua sorella Trish. Per quanto tenti di farle cambiare idea e di farle capire che uccidere delle persone a sangue freddo è ugualmente ingiusto e spregevole, Trish rimane convinta della sua posizione.
Alla fine, per arginare gli omicidi del Giustiziere mascherato, Jessica consegna Trish alla giustizia.
E così, risulta evidente che il vero antagonista di questa stagione non sia lo psicopatico serial killer, bensì proprio Patsy Walker trasformatasi in una spietata assassina per seguire i suoi ideali. Jones ha fatto la cosa più difficile: ha rinunciato all’unica amica che abbia mai avuto, pur di salvare altre vite. Questo vuol dire essere un’eroina. Non l’uccidere senza pietà corrotti e malvagi, ma avere la lucidità di fermarsi a riflettere su cosa sia la cosa più giusta da fare. Guardare in faccia la realtà e riconoscere i propri limiti, perché tutti – eroi e umani – hanno dei limiti con i quali devono fare i conti.
Jessica Jones è sempre stata un’eroina, ma lei non si è mai riconosciuta come tale. Quando Trish chiede se si è eroi nonostante nessuno ti reputi tale, la risposta di Jessica è “Che mi frega di quello che pensa la gente?”. La protagonista non ha bisogno che gli altri la vedano come eroe, ha bisogno lei stessa di riconoscersi in quell’appellativo.
E finalmente, Jessica Jones ammette a sé stessa di essere un’autentica eroina.
La prova l’abbiamo con il finale dell’episodio 13, che ci riporta indietro alla prima stagione. Jessica è alla stazione. Ha sistemato i suoi affari e non ha più nulla che la trattenga in città, vuole andare via e ricominciare una nuova vita. Essere costretta a perdere Patsy è stato il colpo più duro da incassare. Ma proprio in quel momento, quando sta per acquistare un biglietto per il Texas, la scena viene inondata da una luce purpurea e la voce di Kilgrave le rimbomba nelle orecchie, simbolo del trauma che non l’abbandonerà mai. La invita ad arrendersi, a lasciare tutto. Ma Jessica non è più la ragazzina spaventata che fugge e si nasconde, ora è un’eroina ed è consapevole di avere delle responsabilità. Sa che quando ci si trova davanti a situazioni disastrose il primo istinto è quello di fuggire e cercare di dimenticare. Ma, in altri casi, si ha la sensazione di poter fare qualcosa e di riuscire a sistemare le cose. Ed è a quella percezione che Jessica dà ascolto. Così si volta e torna indietro. Conscia di essere diventata l’eroina che in realtà era sempre stata, sorride beffarda alla telecamera. E in quest’ultima iconica scena saluta gli spettatori, invitandoli a fare una cosa. Invitandoli ad essere la versione migliore di se stessi.