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È sempre la solita storia: più una serie tv è bella e sfaccettata, meno si hanno sicurezze. È il caso di Jessica Jones, ultimo prodotto di casa Netflix. Un’opera maestosa, nella quale il conflitto tra eroi e villains, metafora che sintetizza la coscienza di ogni uomo, esplode in quattro parti come se fosse una bomba ad orologeria. Stare dalla parte dell’eroina Jessica o del villain Kilgrave? Distinguere bene e male, in questo caso, non è semplice come si potrebbe pensare dopo il primo impatto. Ogni azione umana ha sfumature e punti di vista, cause e conseguenze, polarizzazioni mai nette. E anche se si riuscisse a costruire uno schema chiaro, scegliere l’uno o l’altro risulterebbe comunque piuttosto complesso.
Jessica Jones è una tragedia in quattro atti, capace di catturare e coinvolgere, fino a farci riflettere sulla nostra essenza. Siamo eroi o villains? O tutte e due? O nessuna delle due? Dare una risposta è impossibile, ma provarci è necessario.
Secondo atto. L’unica soluzione che trova è interpretare il ruolo dell’eroina (pur senza volerlo), prima di tutto per salvare se stessa. Jessica è il bene, Kilgrave è il male. Il villain affascina, ma si sa per chi tifare. Se poi l’eroina decide di affrontare il proprio passato per salvare un’altra vita e non solo la sua, scegliere diventa ancora più semplice. Però…
E Jessica? Jessica continua a detestarlo e non accetta le sfumature. È accecata dall’odio. Il profilo perfetto è minato. Prova a capirlo, ma non ci riesce. Le interessa solo il concetto di giustizia, per se stessa e per gli altri. Continua ad essere un’eroina, eppure si ferma di fronte all’uomo più difficile da salvare. Kilgrave non si può giustificare, ma capire sì. La distinzione tra bene e male è confusa. Un villain che studia per diventare eroe non è poi così villain, e tutto cambia. Ora è Jessica a controllare Kilgrave. Ora è l’eroina a tormentare la coscienza del villain. Ora è difficile scegliere. Ora, più che mai.
La comunicazione è totalmente assente e Kilgrave si ritrasforma in villain, prima di tutto nei confronti di se stesso. Il quadro è sempre più confuso: si può stare dalla parte di un’eroina che arriva a torturare sadicamente l’incubo di una vita? Si può stare dalla parte di un villain che in fondo non è altro che un bambinone in carenza d’affetto? Se si vive la storia attraverso gli occhi di Kilgrave, Jessica non è tanto lontana dal concetto di villain. Questione di prospettive.
@antoniocasu_