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Si dovrebbe parlare decisamente di più di Jujutsu Kaisen

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Gli anime rappresentano una delle forme d’arte più influenti e distintive della cultura giapponese. E guai a chiamarli cartoni animati! Con radici che risalgono agli inizi del XX secolo, gli anime sono cresciuti fino a diventare un fenomeno globale, apprezzato per la sua ricchezza narrativa, la profondità dei personaggi e la varietà di generi. La storia degli anime inizia nei primi anni del Novecento, quando artisti giapponesi iniziarono a sperimentare tecniche di animazione ispirate ai cortometraggi occidentali. Uno dei primi lavori noti è Namakura Gatana (1917), un corto di quattro minuti diretto da Jun’ichi Kōuchi, considerato uno dei pionieri dell’animazione giapponese.

Negli anni Venti e Trenta, l’animazione giapponese iniziò a sviluppare un’identità propria, sebbene fosse ancora fortemente influenzata dagli stili occidentali, in particolare da Walt Disney. Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, grazie al fondamentale contributo di Osamu Tezuka, gli anime acquisiscono un’identità propria, scissa dall’animazione di stampo occidentale. Negli anni Settanta, gli anime iniziarono a diversificarsi, esplorando generi come la fantascienza, il fantasy e il mecha, ma è negli anni Novanta che anime come Dragon Ball, Sailor Moon e Pokémon conquistarono il pubblico internazionale, rendendo questa forma d’arte un fenomeno culturale globale che non accenna ad arrestarsi.

Da One Piece a Demon Slayer passando per Attack on Titan, gli anime conquistano il pubblico globale trovando sempre nuove chiavi di lettura per trattare di tematiche che risuonano nel cuore di tutti.

Amicizia, amore, crescita e sacrificio sono solo alcuni dei temi più cari a queste narrazioni che si rivolgono a tutti, senza alcuna distinzione. Forse è proprio questa la fondamentale differenza rispetto ai cartoni animati di stampo occidentale, considerati nella maggior parte dei casi un prodotto “per i piccoli”. Gli anime, a parte alcuni shōnen più crudi, non sono orientali necessariamente verso un pubblico giovane distinguendolo da quello maturo. Si rivolgono a chiunque voglia restare a guardare e ad ascoltare. Prendiamo il caso di One Piece, in cui il viaggio fisico di Luffy e della sua ciurma, a partire dall’East Blue, assume sin da subito una connotazione metaforica che ci riguarda tutti. In Demon Slayer, la lotta del bene contro il male si concretizza in personaggi moralmente definiti. In Attack on Titan, invece, le zone di grigio abbondano e i temi si fanno più seri e cinici persino.

I protagonisti di Jujutsu Kaisen in una scena della prima stagione

Jujutsu Kaisen (disponibile sul catalogo Crunchyroll qui), creato da Gege Akutami, è uno dei manga e anime più acclamati degli ultimi anni. Pubblicato per la prima volta nel 2018, la storia segue Yuji Itadori, un liceale dal cuore d’oro che si ritrova coinvolto nella guerra tra stregoni e demoni. Dopo aver ingerito un oggetto maledetto, il “dito” di Sukuna, il Re delle Maledizioni, Yuji diventa il suo ospite, guadagnando poteri sovrumani, ma attirando anche l’attenzione delle cosiddette “maledizioni”. Yuji viene introdotto nella scuola di arti occulte di Tokyo, dove si allena come stregone sotto la guida di personaggi carismatici come Satoru Gojo, il più potente stregone vivente, e i suoi compagni Megumi Fushiguro e Nobara Kugisaki. La lotta contro le maledizioni e lo sforzo di mantenere sotto controllo quella che vive dentro di lui, rappresentano solo la punta dell’iceberg della storia di Yuji.

Allora come mai si parla davvero poco di Jujutsu Kaisen, rispetto agli altri colleghi sopra citati?

In primis perché, per quanto avvincente l’anime possa essere, non porta nessuna novità. Che non è una colpa, ma semplicemente un dato di fatto. One Piece è stato e continua a essere una colonna portante del mondo anime, difficile da scalfire e impossibile da abbattere. Demon Slayer riprende le tematiche classiche di qualsiasi shōnen, con l’aggiunta di una estetica e un’animazione impressionante e qualitativamente divina. Entrambi gli anime presentano eroi classici, così come anche Naruto, dove il bene e il male sono fazioni tangibili e visibili e poco è lasciato al fraintendimento. In questo, Death Note prima e Attack on Titan sono riusciti a distinguersi sia a livello di trama, sia, soprattutto, nella costruzioni dei suoi protagonisti. Eren Jaeger è un pluriomicida, assettato di manie di grandezza, non dimentichiamolo.

Jujutsu Kaisen è quello che si potrebbe definire un classico. Poco originale forse, prevedibile magari, ma contemporaneamente innovativo, divertente e ispirato. Riprende tantissimi topoi tipici dello shōnen e quindi? Difficile creare qualcosa di totalmente diverso in un panorama ormai saturo e dalle regole tanto precise. Come ben sappiamo anche il cinema occidentale fa un’enorme fatica oggi come oggi. Eppure, Jujutsu Kaisen, pur non raccontando nulla di nuovo, racconta la solita storia con rinnovata freschezza. Pieno zeppo di azioni e battaglie epiche, l’anime non si fa remore a sporcarsi le mani.

Rispetto, infatti, alle altre opere da cui ha palesemente preso ispirazione, Jujutsu Kaisen risulta decisamente più crudo e realistico. Se qualcosa di terribile deve accadere ai suoi personaggi, accadrà.

L’anime non teme di mostrare le conseguenze devastanti degli scontri, fisici o mentali, in cui rimangono coinvolti i protagonisti. La morte è una presenza costante, non solo come evento narrativo ma come tema filosofico centrale. La crudezza si riflette soprattutto nei combattimenti, che spesso non risparmiano gli eroi. Yuji Itadori, ad esempio, lotta costantemente con la consapevolezza della sua mortalità e con il peso delle vite che non riesce a salvare. Questo lo spinge a chiedersi: cosa significa davvero vivere una vita degna?

Le maledizioni non sono solo nemici da sconfiggere, ma rappresentano gli aspetti più oscuri e repressi dell’umanità, incarnazioni delle emozioni negative come odio, paura e rimpianto. Ed è esattamente questa metafora a sottolineare come il male non sia qualcosa di esterno, ma un’ombra insita dentro ognuno di noi. Dal canto suo, infatti, anche Sukuna, il Re delle Maledizioni, offre una prospettiva filosofica, incarnando il nichilismo e la convinzione che la forza è l’unica vera legge del mondo.

Il contrasto tra Sukuna e Yuji rappresenta un dibattito tra due visioni opposte della vita: egoismo contro altruismo, distruzione contro creazione.

L'incidente di Shibuya in Jujutsu Kaisen

Anche quando si tratta di cliché, Jujutsu Kaisen non si limita a copiare ma a dare loro un senso. Avete presente quando, durante i combattimenti, i protagonisti hanno l’inspiegabile vizio di dire ad alta voce i loro attacchi prima di sferrarli? Un po’ illogico, visto che così facendo l’avversario sa praticamente già cosa aspettarsi. Ecco, l’anime di Gege Akutami riprende la tradizione, ma le dà finalmente un senso e uno scopo. All’interno della narrazione, infatti, pronunciare ad alta voce l’attacco permette di sferrare un colpo ancora più letale. Proprio come se si trattasse di un incantesimo.

Il trio e il demone all’interno del protagonista sono evidenti riferimenti a Naruto (ecco le 10 scene più commoventi), ma anche in questo caso possiamo rintracciare una variazione sul tema. Yuri è un protagonista umile, Megum è determinato e possiede un ferreo senso della giustizia, Nobara semplicemente non è Sakura. Su tutti svetta ovviamente Goju, forse il protagonista de facto dell’anime , dotato di un potere assoluto e di una personalità carismatica. Insomma, Jujutsu Kaisen rappresenta davvero il culmine di anni di storie, combinate all’interno di un anime che tenta davvero di sorprendere e intrattenere. Uno shonen che rimane fedele a se stesso ed esalta ogni singolo aspetto del sottogenere. Per questo motivo si tratta di un anime che non solo tenta, ma riesce davvero.