Vai al contenuto
Home » Kaos

Kaos calmo: arrendiamoci al fatto che Kaos non tornerà più

Kaos è una delle principali serie tv cancellate del 2024
Ma prima di continuare con la lettura abbiamo entusiasmanti novità da condividere con te. A breve sarà disponibile Hall of Series Plus, il nostro servizio in abbonamento che ti permetterà di accedere a moltissimi contenuti esclusivi e in anteprima.

Inserisci il tuo indirizzo email e clicca su ‘Avvisami’ per essere notificato quando Plus sarà disponibile.

* campo obbligatorio

Quando a fine agosto dello scorso anno, dopo secoli di attesa, Kaos arriva finalmente su Netflix, la serie raccoglie intorno a sé immediatamente folle di fan. Al timone della nave troviamo Charlie Covell, il quale ha affidato il ruolo di comandante in seconda a niente poco di meno che Jeff Goldblum nei panni di Zeus. Il progetto Kaos, dopo essere caduto nel dimenticatoio per lungo tempo, arriva come un’onda. E come un’onda pare essere passato. Per un istante ci ha ballonzolati, sbalzati da una parte all’altra della spiaggia. Un euforico e caotico momento. Già, si è trattato solo di un momento.

Netflix, per oscure motivazioni direttamente fuoriuscite dall’Ade, ha cancellato la serie dopo una sola stagione. La decisione ha lasciato i fan confusi, perplessi, amareggiati. Dopo tempo, Kaos è andata a rinfrescare le offerte della OTT biancorossa, imponendosi in maniera distinta e innovativa. Tuttavia, questo non è bastato a rispondere alle esigenze della piattaforma. I numeri hanno cantato e Netflix ha decretato. Ma noi, da bravi marinai, rispondiamo sempre agli ordini del comandante della nave: se Covell ci chiede di continuare a parlare di Kaos, noi continueremo a farlo.

Arresi al fatto che Kaos non tornerà più? Si. Stanchi di parlarne? Mai.

il protagonista di Kaos, con sguardo concentrato
Netflix

Si, Kaos ha i suoi pregi e i suoi difetti. La lunga attesa tra l’annuncio e lo sbarco in piattaforma, certamente, non ha aiutato le aspettative. Ma, nonostante ciò, la serie si è presentata perfettamente in linea con gli standard della piattaforma. Forse addirittura, rispetto alle serie medie, la prima stagione di Kaos ha alzato un pochino l’asticella. Gli intrighi della corte olimpica, con i suoi raggiri, doppi giochi e tradimenti, strizzano l’occhio ad altre serie tv che ormai hanno fatto la storia della televisione (drago più, drago meno). D’altro canto, il setting contemporaneo riesce a distinguere Kaos, dandole un’impronta propria e originale.

Dal cast stellare alla narrazione stessa, la predestinazione sembrava eleggere Kaos sulla vetta del Monte Netflix. Invece, il caso o destino che sia ha scelto un esito diverso. Noi siamo d’accordo? Certo che no, ma la vita è anche questo. Forse non si tratta di una coincidenza. Può darsi che Kaos sia stata la prima tessera di un domino di cui non conosciamo ancora l’esito. Forse, e dico forse, era destino che andasse così. Era destino che Kaos non fosse.

Ma il lascito e il segno di questa serie merita di essere ricordato e commemorato. Perché tutto avviene per una ragione, anche il caos.

Questa serie aveva tutto: dramma e commedia, mitologia e architettura barocca

Con solo una stagione, Kaos ci ha mostrato il suo potenziale. La ricchezza di questa serie si percepisce in ogni sequenza, dalla recitazione olimpionica degli dei, ai setting spettacolari, che spaziano dalla Reggia di Caserta ai giardini di Villa d’Este, passando per Valencia e Madrid. L’attenzione ai significati intrinsechi alla sceneggiatura si riflettono nella messa in scena, i cui dettagli sono curati maniacalmente. Oltre alla storia, che ha tantissimo potenziale, Kaos merita di essere guardata per la sua estetica. Il barocco incontra il classicismo, il mito si confonde con il contemporaneo.

Il connubio, l’incontro di stili, di aspetti apparentemente lontani si riflette anche nella storia e nel come questa viene raccontata. Kaos racconta, in parole povere, di un egoistico e prepotente atto di consumo della specie umana da parte di orgogliose e arroganti divinità. Si tratta propriamente di una tragedia greca, dove, però, un’ironia agrodolce la fa da padrone. Proprio così. Nell’inesorabile e lenta consumazione delle anime umane, gli dei olimpici e le altre creature mitologiche, dall’alto della loro eternità, sono protagonisti tra alcune delle scene più divertenti e memorabili di Kaos. Il black humour la fa da padrone nella sua critica al potere.

Questi solo alcuni degli ingredienti principali di una serie che aveva tutto per conquistare il pubblico di nicchia (e, in questo senso, ci è riuscita) e, potenzialmente, sfondare nel mainstream. Forse, le sarebbe bastata un’altra stagione e Kaos sarebbe diventata la punta di diamante di Netflix. Ma, ahimè, la storia non si fa con i forse.

Cosa rimarrà di Kaos?

Dire che Kaos sia stata solo di passaggio non è giusto e non è corretto. Con il suo originale immaginario e la nuova visione (ma fedele) della mitologia greca, la serie firmata da Covell è riuscita, anche se per solamente una stagione, a lasciare un segno. Specialmente tra i “pochi” che hanno deciso di darle una chance. Rinnovare una storia – quella mitologica greca – che è alla base della culla culturale occidentale non è stata solo una promessa, ma, a mio parere, una scommessa vincente. Dobbiamo solo sperare che un giorno qualcuno raccolga questo lascito. Nel frattempo, a noi non resta che accettare che il destino ha sempre il suo corso e immaginare cosa sarebbe potuta essere Kaos.

Proprio come insegnano i miti greci, il caos è parte integrante del corso degli eventi. E forse, è giusto così: accettare la cruda e dura imprevedibilità della vita, abbracciare il vuoto lasciato da Kaos e guardare avanti, nell’attesa della prossima idea geniale che ci farà sognare.

Anche se solo per un attimo, Kaos ci ha permesso di sognare ancora. Non ci resta altro da fare che apprezzare il poco tempo passato insieme e dire solamente: grazie.