ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sugli otto episodi di Kaos!!
Euridice resta incantata davanti alle immagini dell’Olimpia che scorrono sullo schermo, in un supermercato, mentre giocherella con una melagrana. Zeus è seduto al capo di una grande tavola, in una stanza luminosa, mentre sbuccia una melagrana. E si taglia un dito. Si tratta di una delle prime scene con cui si apre Kaos e di una delle ultime. Episodio d’apertura e puntata finale. Il primo tratto di una linea spezzata e il suo ultimo millimetro. La melagrana, frutto caro sia a Persefone che a Era, ritorna più volte nel corso degli episodi di Kaos. Vermiglia, vivida, succosa. Apparentemente insignificante, eppure troppo ricorrente. Un’immagine ripetuta così spesso da non poter essere messa lì a caso. Specie in una serie come Kaos, che vive e si alimenta di simboli.
La melagrana, nella mitologia greca, era simbolo di fertilità. Ma anche del dualismo vita-morte. È mangiando 6 semi di quel frutto che Persefone resta prigioniera negli Inferi accanto ad Ade. I semi di melagrana diventano perciò una connessione tra la vita e la morte. Più in generale, tra l’essere mortale e l’anima che si dilegua nel flusso eterno. Euridice e Zeus sperimentano entrambe le fasi. Fluttuano nella sospensione eterna e saggiano la dimensione mortale. Riddy muore quasi subito, abbandona la terra e finisce intrappolata nel mondo dei Morti, nell’attesa di essere riportata indietro. Zeus, il re dell’Olimpo, dopo aver ucciso suo padre e averne assorbito l’anima, è diventato il sovrano degli dei Ma in una delle ultime scene, il suo dito inizia a sanguinare, mostrandoci come abbia perso i suoi poteri e la natura di immortale. Gli dei non sanguinano.
Il frutto immacolato che Euridice accarezza nel primo episodio diventa uno strumento minaccioso nel finale. Un oggetto che ferisce, che mette in mostra tutta la vulnerabilità persino dell’essere più indistruttibile e potente di tutti. È la caduta dell’Olimpo, la fine di un’era di tirannide e dispotismo. Il Kaos è imprevedibile e incontrollabile.
Una linea appare,
l’ordine si azzera,
la famiglia cade e
il caos impera.
Non ci sono mai due profezie uguali. Ma in Kaos c’è più di un personaggio con lo stesso oracolo. Uno che profetizza la caduta, il tramonto di un’era e il reset del sistema. Nessuno bada mai troppo alle profezie, finché tutti gli ingredienti non si predispongono esattamente nel punto in cui dovrebbero essere. È allora che subentra il panico, è in quel momento che la terra inizia a vacillare sotto i piedi. Kaos è una serie che affronta con ironia le manie e le paranoie degli dei. Relegati nella loro torre d’avorio, in cima al monte Olimpo, gli dei appaiono come personaggi distaccati e alienati. Inebriati dall’essenza del potere, ossessionati dalla paura di perderlo. Zeus è una divinità scontrosa e viziosa. Si diverte a incasinare il mondo degli umani. È il despota assoluto che intinge costantemente il proprio ego nel crisma del potere. È il tiranno annoiato e paranoico che schiaccia i sudditi con totale noncuranza.
Il suo sconfinato mondo dorato inizia però a vacillare il giorno in cui, guardando la sua immagine riflessa nello specchio, nota una linea verticale sulla fronte. Si tratta di una ruga appena sbucata, il segno tangibile che il trascorrere del tempo può avere degli effetti anche sugli esseri immortali. Il narcisismo, a furia di vivere nel riverbero di se stesso, tende ad amplificare anche le piccole imperfezioni. La spiacevole scoperta getta Zeus nella più totale paranoia. Il pensiero di poter invecchiare lo assilla. La perdita di vigore e smalto potrebbe condannarlo al deterioramento come un qualsiasi essere umano. Una questione che il re degli dei non può in alcun modo accettare. Per Zeus, interpretato da un brillantissimo Jeff Goldblum, l’apparizione della piccola ruga verticale sulla fronte è il segno che l’antica profezia sta per avverarsi.
Una profezia funesta, che prefigura la divisione della famiglia, lo scoppio di una guerra e l’arrivo del Kaos.
È per questo che il sovrano dell’Olimpo prova in tutti modi a scacciare quest’idea. Convoca la famiglia per far sì che gli umani paghino la loro scarsa devozione. Gli abitanti della Terra vanno ricondotti all’obbedienza. Con la paura, con le catastrofi, con il disorientamento. Kaos è una serie che si svolge su tre piani: Creta, l’Olimpo e gli Inferi, desaturati rispetto al resto dell’ambientazione per segnare il passaggio dal mondo dei vivi a quello dei morti. Su questi tre piani prendono vita le vicende di tre personaggi umani legati dalla stessa profezia. Euridice (Aurora Perrineau) è la moglie di Orfeo, un musicista di cui è la Musa ispiratrice. Muore e finisce subito nell’Ade, solo che il suo amato ha rubato la monetina con cui avrebbe dovuto attraversare la Cornice e “rinnovarsi”. Per cui, Riddy rimane bloccata in un limbo tra il mondo dei vivi e il rinnovamento delle anime.
Qui incontra Ceneo (Misia Butler), l’altro umano investito dal Fato del potere di cambiare le cose. Anche lui bloccato nel mondo dei Morti, Ceneo scoprirà insieme a Riddy l’inganno con il quale gli dei perpetuano se stessi e il proprio potere. Non esiste alcuna possibilità per le anime di rinnovarsi e rigenerarsi, come le divinità hanno tramandato per secoli. Una volta attraversata la Cornice, che è il punto di passaggio tra lo Stige e la “nuova vita“, le anime semplicemente muoiono, permettendo agli dei di attingere dai loro spiriti vitali per mantenersi immortali. Ceneo e Riddy riescono a venire a capo dell’inganno e hanno il compito di salvare l’umanità. Il terzo personaggio mortale di Kaos è invece Ari (Leila Farzad), la figlia di re Minosse che da bambina uccise il fratello gemello Glauco. La giovane donna, dilaniata dal senso di colpa e ansiosa di avere un’occasione di redimersi, finisce implicata in una serie di torbide vicende familiari, solidarizzando con la resistenza dei Troiani, che si oppongono agli dei.
Tre personaggi, tre diversi piani di narrazione, una sola profezia.
A condurci nel cuore delle vicende di Kaos è Prometeo (Stephen Dillane), il grande ribelle che osò sfidare Zeus offrendo agli umani il fuoco sacro con cui combattere le divinità. Prometeo è la voce narrante che ci introduce nei meccanismi della serie, presentandoci i personaggi e legandoli gli uni agli altri in vista dell’obiettivo finale. Kaos è, per l’appunto, una serie caotica. Si sposta costantemente da un piano all’altro. Introduce un personaggio e poi ribalta il punto di vista dello spettatore. Segue la traversata di Orfeo negli Inferi per salvare la sua musa ispiratrice e accompagna Dioniso (Nabhaan Rizwan) nel suo percorso di affrancamento dalla figura paterna. Ci fa conoscere le Tacite, le Amazzoni, le Erinni e le Moire. Attinge dal grande calderone della mitologia greca per attualizzare le antiche leggende e alleggerirle, privandole di quell’aura di sacralità di cui sono naturalmente rivestite.
Kaos vuole essere in tutto e per tutto una serie tv moderna. Ironica, mordace, intelligente e moderna. D’altronde, i miti greci parlano di storie senza tempo, che interrogano l’animo umano su questioni universali, che trascendono il particolare e il contingente. Si parla di Fato e libero arbitrio, predestinazione e libertà d’azione. Che cosa c’è veramente dopo la morte? Le nostre azioni sono predeterminate o siamo noi a tenere in mano le sorti del nostro destino? Domande senza tempo, che custodiscono inalterato il loro fascino dalla notte dei tempi. C’è anche un focus piuttosto insistente sulle famiglie disfunzionali. Quella degli dei non è esattamente una famiglia modello. I fratelli tradiscono i fratelli, le mogli tramano alle spalle dei mariti, i figli cercano di rovesciare il potere dei padri. È, dopotutto, quello che succede ogni giorno anche nelle famiglie dei mortali e, in questo senso, la famiglia di Ari funziona come esempio perfetto di disfunzionalità familiare.
Dove il Kaos impera, l’ordine costituito trema. Che sia l’autorità di un padre o il potere di un sovrano assoluto.
Kaos è una melagrana dai colori vivaci che, se spaccata in mille pezzi, dà alla luce i suoi semini interconnessi e pregni di succo. Era dal 2018 che aspettavamo questa serie. Si tratta dello show mai andato in onda più famoso di sempre. Sei anni di attesa, sei anni di notizie scarne (se l’è tirata un po’ troppo?), di piccole indiscrezioni in mezzo al riserbo più assoluto. Di notizie estrapolate nella penuria generale di informazioni. Non avevamo idea di cosa sarebbe stato Kaos, ma ci avevano detto che sarebbe stato grandioso. La mitologia greca non aveva ancora una sua opera definitiva sul fronte delle serie tv. Uno show veramente enorme, che potesse assurgere a cult del genere. Le speranze che potesse esserlo Kaos erano molte. Ma più passavano gli anni, più ci rendevamo conto di come sarebbe stato impossibile, per questo show, non fallire alla prova dei fatti.
Le prime reazioni alla serie Netflix (qui le novità della settimana) oscillano tra l’entusiastico, il moderato, e la stroncatura generale. Non perché Kaos sia una brutta serie, semplicemente perché l’hype che aveva generato questo progetto è sfuggito di mano ed è andato ben oltre le normali aspettative. E non che la serie sia stata una totale delusione, ma avere un riscontro positivo dopo anni e anni di attesa, nella quasi totale assenza di informazioni, non era un’impresa da niente. Kaos è una serie ben scritta, carica di simboli e significati nascosti da scovare ad ogni episodio. Ha una colonna sonora pazzesca e dei personaggi principali ben caratterizzati, con cui viene voglia di empatizzare.
È divertente, ironica, beffarda e anche coloratissima e ritmata.
Sperimenta nuove soluzioni e si rivolge a un pubblico moderno. Ma va guardata facendo un ripasso degli antichi miti greci, se si vogliono comprendere appieno i personaggi e i significati nascosti dietro le loro sottotrame. Ha un cast di interpreti “divino”, che ci fa sentire continuamente al cospetto degli dei, anche con una certa soggezione. Jeff Goldblum, Janet McTeer, David Thewlis, Stephen Dillane, Cliff Curtis sono da 10 in pagella. L’atmosfera è tesa e il tono rilassato. Ma si ha sempre l’impressione di essere prigionieri in un intricato marchingegno. Come Euridice e Ceneo che non possono abbandonare l’Ade. Come Prometeo che agogna la libertà, come Ari che è imprigionata nelle sue dinamiche famigliari, anche noi sperimentiamo una sorta di prigionia restando intrappolati negli episodi di Kaos.
È come un gigantesco labirinto governato dal Minotauro, dove ad ogni svolta c’è un personaggio in attesa con una storia nuova e un mito da raccontare. E alla fine del dedalo ci attende la Cornice, la soglia che separa il “rinnovamento” dalla sospensione. Ci elettrizza l’idea di attraversarla e approdare alla nuova stagione o, tutto sommato, stiamo bene anche così?