Se siete abituati alle solite sit-com, Kevin can F**k Himself vi sorprenderà. Uscita un po’ in sordina verso la fine dell’estate, Amazon Prime ne ha già confermato una seconda stagione. E non poteva non essere così visto il finale super aperto che ci ha lasciato.
A un’occhiata distratta Kevin e la sua adorabile moglie Allison sono la classica coppia americana a cui ogni serie, da metà degli anni novanta in poi, ci ha abituato. La vita secondo Jim, Kings of Queens o anche L’uomo di casa hanno tutte una costruzione simile e ricorrente: un capofamiglia carismatico e simpatico con una moglie bellissima, qualche onnipresente parente antipatico, ma in fondo adorabile e un paio di vicini invadenti, ma comunque buffi. Il grosso di ogni episodio è girato in interni: anzi, il fulcro della vita di tutte queste persone, sembra essere il salotto del protagonista che fra luci super sature e una poltrona reclinabile è quasi sempre il centro dell’azione.
Inoltre, immancabili in ogni sit-com che si rispetti, ci sono le risate registrate. Questo rumore di risate nasce dal fatto che un largo numero di sit-com venivano girate in studios con un pubblico presente. In seguito, sono state aggiunte anche a quelle girate senza pubblico, perché si riteneva creassero maggiore empatia con lo spettatore. Le risate finte aiutano a scandire particolari tempi comici (dopo ogni battuta ad effetto c’è un momento di silenzio per permettere le risate), sottolineano una battuta divertente e fanno sentire il pubblico maggiormente coinvolto nella narrazione.
Come dicevamo, di primo impatto Kevin can F**k Himself ricalca esattamente tutti gli stereotipi delle sit-com, ma dopo pochi minuti, allo spettatore appare chiaro che non si trova davanti all’ennesima copia di Tutto in famiglia. Le luci saranno pure sature, ma il divano sembra vecchio e logoro. Anche gli amici ci sono, ma più che simpatici sembrano dei rozzi scrocconi totalmente privi di senso dell’umorismo e Kevin poi è molto lontano da un uomo simpatico e carismatico, ma molto vicino ad un egoista e opportunista bambinone.
Solo Allison rimane apparentemente fedele all’immagine della moglie perfetta di tutte le sit-com, quella biondissima e sorridente con una birra fresca a portata di mano. È una sensazione passeggera però, perché appena Kevin si allontana, immediatamente le luci non sono più così calde e Allison non è più così sorridente. Da sitcom la serie si trasforma in black comedy e i veri sentimenti che questa moglie nutre nei confronti del marito, vengono a galla. Kavin can f**k Himself ci rivela ben presto quella che è la sua reale intenzione, il messaggio quasi di denuncia dello stile di vita della media borghesia americana.
(Da qui in poi potrebbero esserci degli spoiler)
È inevitabile che lo spettatore tenda a simpatizzare con Allison perché si ha frequentemente l’impressione che questa donna sia vittima del suo matrimonio, venendo più che altro vessata dal marito e dai suoi orrendi amici. In un certo senso comprendiamo anche l’idea che lei, in qualche modo, voglia liberarsene, magari in un senso meno definitivo di quello che intende Allison. D’altra parte Kevin è insopportabile, egoista, manipolatore, immaturo, ha delle abitudini malsane ed irritanti e si circonda di amici così sciocchi che nonostante tutto questo, sembrano idolatrarlo. Allison è a tutti gli effetti irrimediabilmente sola. Non vengono nominati né amici né parenti e lei sembra essere completamente in balia di queste persone piuttosto disfunzionali. Sente di potersi meritare di meglio, ma non riesce a trovare alcun modo per liberarsi da questa situazione.
Ad aggravare questo senso di solitudine e ineluttabilità ci sono proprio le risate registrate. Non esiste scena, battuta o momento comico che non venga immancabilmente sottolineato da delle belle risate finte. Ma Kevin non fa ridere, non è simpatico, non c’è niente di comico nelle situazioni che lo vedono protagonista. Lo spettatore a casa se ne accorge e si trova ad assistere con un certo smarrimento alle assurde risate che si sentono. Non vuole simpatizzare con lui, vorrebbe gridare fortissimo che non c’è niente da ridere e che Allison è in realtà una vittima, ma invece si rimane inermi a guardare come tutto invece sia costruito attorno all’inesistente personalità spumeggiante del capofamiglia.
Il peggio è che quasi sempre la comicità di Kevin è fatta sulle spalle di Allison e queste risate sembrano quindi legittimarla, come se fosse davvero divertente prendersi gioco di lei. È sola davanti agli occhi di tutti Allison, nessuno sembra riconoscere Kevin per quello che è e lei si trova in un certo senso obbligata a sopportare una situazione che nessun altro sembra riconoscere come sbagliata. Senza contare che Kevin sembra costantemente baciato dalla fortuna, mentre Allison si imbatte sempre nelle peggiori eventualità possibili. Per lui tutto funziona, per lei invece, niente sembra andare per il verso giusto.
Allison è sola in un mondo che non la capisce e non la supporta. Come un animale in trappola, reagisce in maniera irrazionale e sceglie una via definitiva per finire la sua relazione totalmente inadeguata, ma in fondo in Kevin can F**k Himself, tutto sembra essere sbagliato.
Nel finale di stagione il piano di Allison per uccidere Kevin sarà scoperto proprio dal suo migliore amico che verrà opportunamente ricattato al silenzio. A questo punto, proprio nelle scene conclusive, improvvisamente le risate si fermano e il mondo sempre chiassoso e divertente di Kevin si mescola con quello grigio e solitario di Allison. Come una secchiata d’acqua gelida che improvvisamente ci riporta tutti alla realtà, il finale di stagione vede la sospensione della finzione. Non c’è più una distinzione netta fra i due mondi e sarà interessante scoprire se nella seconda stagione le dimensioni di ciascuno dei due coniugi saranno destinate a mescolarsi e a diventarne una sola.
In un ultimo sfogo, una Allison esausta racchiude in un’unica battuta tutto il senso di questa serie: “Il mondo è progettato per quelli come Kevin“, il che è emblematico di come realtà e finzione siano strettamente mescolate in questa serie tv. Anche grazie alla presenza di questo finto pubblico che le è costantemente avverso, questa battuta sembra volerci suggerire una piccola riflessione: è veramente solo nel mondo delle sit-com che applaudiamo, ridiamo e premiamo la mediocrità?