Killing Eve è tornata con la seconda stagione, in esclusiva su TIMvision. Un’ottima occasione per analizzare la serie e fare le prime valutazioni sui nuovi episodi.
Killing Eve è finalmente tornata. In esclusiva per l’Italia su TIMvision, la serie rivelazione dello scorso anno ambisce a una conferma che vorrebbe dire consacrazione. Per chi non avesse ancora avuto modo di assistere agli otto episodi già andati in onda, la narrazione si articola attorno all’indagine ufficiosa di Eve Polastri, una straordinaria Sandra Oh. Ma se vi aspettate il solito thriller spionistico vi sbagliate di grosso.
L’intreccio narrativo occupa uno spazio marginale seppur tutt’altro che trascurato. Quello che emerge con forza e convinzione è l’indagine interiore. La recherche di una propria identità. La psiche diventa così concreto terreno di confronto tra due donne, Eve stessa e Villanelle, l’eclettica, irresistibile villain di Killing Eve. È come se la caccia all’uomo, di fronte alla realtà delle due protagoniste, perdesse senso. Eve e Villanelle si trovano idealmente, costantemente, una di fronte all’altra.
E la domanda che ne scaturisce è una, e una sola: “E ora?”
Questa è la domanda semplicissima e insieme rivoluzionaria che si è posta la sceneggiatrice Phoebe Waller-Bridge. E la risposta è un gioco di simmetrie e corrispondenze. Di amore e odio che si alternano e si fondono in un costante balletto. Come due facce opposte di una stessa medaglia Eve e Villanelle si corrispondono. Nella differenza abissale delle loro vite, nell’opposta fazione che le contrappone ma nella comune ricerca di qualcosa.
In questo assurdo che si fa relazione, interfacciandosi sui due straordinariamente espressivi visi delle donne, sta la forza di Killing Eve. E sta anche e soprattutto l’amore malato e puro, l’odio viscerale che nasconde ammirazione. Spingendo -senza mai forzare- all’estremo, la serie ci mostra come una pugnalata inferta divenga espressione e prova d’amore. L’assurdo è tutto qui. L’incomprensibile, folle, psicopatica assurdità. Nevrotica come una Sandra Oh finalmente libera di esprimere tutto il suo potenziale. Con riconoscimenti che non tardano ad arrivare (prima donna asiatica candidata per un Emmy).
Se Grey’s Anatomy aveva ovattato la sua straordinaria verve, banalizzandola in una macchietta secondaria, questa serie, drammatica e ironica insieme, ce la restituisce in tutta la sua forza. Non è un’altra Sandra Oh, è semplicemente la sublimazione ad arte scenica del suo modus recitandi. E se nella seconda stagione temete possa venir meno quella sferzante e improvvisa ironia, talvolta grottesca ma sempre assurdamente spontanea, rassicuratevi.
La season two di Killing Eve riparte cronologicamente e contenutisticamente da dove aveva interrotto il racconto.
Trenta secondi dopo, appena. E Villanelle è lì. Perché non avrebbe senso una storia senza di lei. Non avrebbe senso la solitudine improvvisa e coatta di una protagonista che sta scoprendo qualcosa di incomprensibile ma realissimo di sé. Eve ha bisogno di Villanelle come Villanelle di Eve.
La maestria registica gioca costantemente sul simbolismo visivo. Così gli abiti si sovrappongono, mescolano, interscambiano. Le abitudini dell’una sembrano fondersi in quelle dell’altra. Anche i tic, i più sottili spasimi parlano a una sola voce. E una regredisce nell’altra e l’altra si nobilita in quella. Se possibile, questo avvio di stagione, con le sue buste stracolme di caramelle da una parte e lecca lecca dall’altra, accentua il legame, lo condensa in un microcosmo in cui lo sfondo diventa comparsa scenica quasi superflua.
Anche se superflua non lo è.
Perché in quel fondale c’è il mondo che fa da reagente alle emozioni di Eve e Villanelle. C’è l’incontro/scontro con l’altro, con quel variegato, crepuscolare carosello di personaggi secondari. Sono loro a rendere ancora più vicine le due donne, isolandole nell’incomprensione. Il marito di Eve, il mandante di Villanelle. E tutti gli altri di seguito. Irrimediabilmente lontani, incapaci di capirle realmente.
Le caramelle e i lecca lecca, dicevamo. Visivamente dominanti nel primo episodio della nuova stagione. A esprimere anche una certa infantilità. Una ingenuità che si tramuta in incoscienza per entrambe. Quando mettono a rischio la propria vita, quando scherzano con la morte e, incuranti, si gettano nell’azione. Entrambe bramose di quell’azione, irrequiete e incomprese protagoniste di una storia ancora tutta da scrivere.
Una storia che in questo inizio di seconda stagione trova un nuovo sviluppo, una padronanza più sicura e spigliata del mezzo registico e due donne sempre pronte a intrigarci per la folle, sfaccettatissima natura delle loro personalità. Killing Eve ha solo scalfito la superficie. Ha appena servito l’antipasto di un prodotto che può rivelarsi un piccolo, grande gioiello dei prossimi anni.