Vita e morte. Morte e vita. Elementi che sembrano in antitesi tra loro, ma che in realtà solo l’uno il completamento dell’altro. Non esiste morte senza vita e non esiste vita senza morte. Lo sa bene Berlino, protagonista della serie La Casa de Papel, che sulla prossimità della morte fonda la sua intera esistenza. Una malattia terminale, la certezza che la morte giungerà precoce e spietata a porre fine alla sua vita, la consapevolezza che il tempo a sua disposizione è davvero troppo poco. Berlino convive con tutto questo senza farsi mai abbattere, senza lasciare che il suo amore per la vita venga scalfito in alcun modo. Sì, perché Andrés de Fonollosa – questo il vero nome del capobanda – è innamorato della vita.
Nella vicinanza della morte, Berlino diviene consapevole della bellezza della vita: questo è forse uno degli elementi più caratterizzanti nella personalità dell’uomo.
Se la guardi dal lato positivo è una fortuna. La gente non ha idea di quando arriverà la sua ora. Questo ci fa vivere in una luna di miele costante. Le persone comprano una bottiglia di champagne per festeggiare qualcosa di speciale e poi finisce lì. Tatiana e io ci godremo a pieno la vita con una botte di champagne francese. La morte può essere la migliore opportunità della vita, Sergio.
Con queste parole, pronunciate nella quarta parte de La Casa de Papel, l’uomo cerca di spiegare al Professore la sua decisione di sposarsi, nonostante la consapevolezza che il tempo per viversi il matrimonio sarà poco. Dal suo punto di vista, vivere con una data di scadenza lo rende più fortunato di tutti gli altri. Ogni giorno della sua vita sarà speciale, ogni attimo sarà vissuto come se fosse l’ultimo, perchè potrebbe veramente esserlo. Nella morte egli trova il desiderio di vita, nella morte trova la chiave per riscoprire la felicità. Berlino ha poco tempo e non ha nessuna intenzione di sprecarlo. Vuole amare, vuole gioire, vuole sognare. Non c’è spazio per piangersi addosso: c’è troppo da fare, tanto di bello da scoprire.
Chi dice che una persona in fin di vita non possa fare progetti? Sposarsi, realizzare il suo più grande desiderio, foss’anche quello di pianificare una rapina: secondo Berlino è ancora possibile. Egli lo rende possibile, lo rende reale. Niente e nessuno può fermarlo, lui e solo lui è il padrone del suo tempo. La morte non ha nessun potere su di lui, se non quello di renderlo ancora più felice di essere vivo. Questa non è altro che un momento stesso dell’esistenza: imprescindibile, inevitabile, essenziale. Cercare di evitarla è inutile, ma questo non la rende imbattibile. Essa può essere sconfitta in un solo modo: accettandola, non lasciando che ci spaventi. Berlino si dimostra maestro in tutto questo. Da sconfitto egli diviene vincitore, da condannato egli si trasforma in uomo libero.
Libero dalla paura, libero da quella pericolosa convinzione che i momenti siano eterni. Per godersi tutto, per vivere al massimo, bisogna prima rendersi conto che la vita è un dono che non dura per sempre e che non può essere sprecato. Vivendo con questa consapevolezza, Berlino trova il coraggio per fare di ogni suo desiderio una realtà, per prendersi tutto quello che vuole senza aspettare altro tempo. Il tempo. Ma cosa è poi il tempo? Che importanza ha nella nostra vita? Quel che conta davvero non è quanto tempo hai a disposizione, ma il modo in cui scegli di trascorrerlo, la qualità che avrà.
Per Berlino non ci sono dubbi: lui vuole trascorrere gli ultimi anni della sua vita facendo ciò per cui è nato, dando sfogo alla sua arte: rubare.
Se un pittore ti dicesse che gli rimangono tre anni di vita, gli chiederesti di smettere di dipingere? Avresti chiesto a Michelangelo di smettere di scolpire il suo David? No, certo che no. Gli avresti detto: “Forza Michelangelo! Continua a fare quello che ti appassiona”. A un pittore, a un poeta, lo stesso. Signori, continuate a coltivare la bellezza. Questo colpo, Sergio, è un’apologia della bellezza. È la nostra opera maestra.
Vivere rubando, morire rubando. Questo vuole Berlino. Un sogno che egli realizzerà fino alla fine. La rapina alla zecca di Spagna rappresenta il grande palcoscenico in cui compiere la sua performance finale, l’opera ultima da compiere prima di lasciare questa vita. Berlino crede in quel progetto, tanto da paragonarlo a una grande opera d’arte. Ed è proprio durante quel colpo che egli trova il modo perfetto per battere, ancora una volta, la morte. Berlino dimostra di nuovo di essere lui l’unico e solo artefice del suo destino, di esserlo anche di fronte alla più indomabile e potente delle nemiche. La morte non ha comandato nella sua vita e non lo farà nemmeno alla fine. Lui e solo lui può decidere quando morire. Così negli ultimi istanti della seconda parte de La Casa de Papel assistiamo al gesto che più di tutti ha fatto entrare Berlino nei nostri cuori: il suo sacrificio. Andrés muore per salvare la sua banda, per salvare il grande piano. Egli si consegna alla morte. Lo fa senza paura, senza rimpianti, conscio del fatto che la morte ha perso ancora una volta. Berlino muore per permettere ai suoi amici di vivere. Così vita e morte si fondono ancora una volta, in un cerchio che mai potrà essere spezzato.