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La Casa de Papel 4×06 – Quella gran voglia di vita

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Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su La Casa de Papel 4×06

Dunque a ben oltre la metà del quarto capitolo de La Casa de Papel ci ritroviamo in mezzo al caos totale. La 4×05 ci aveva lasciati con un risvolto tachicardico per quanto non del tutto sorprendente. Perché nel momento stesso in cui abbiamo visto Nairobi andare in giro per la Banca di Spagna su una sedia a rotelle elettrica che non si sa bene da dove sia venuta fuori, ci siamo immaginati come il mezzo le tagliasse letteralmente le gambe. E infatti, il capitano Gandìa, in grado di scappare al controllo dell’intera banda, armata e sulle proprie gambe, cade in pieno sulla testa della povera Nairobi con intenzioni tutt’altro che pacifiche.

E La Casa de Papel 4×06 non lascia tempo a riposo e immaginazione esponendoci subito a una delle dinamiche più ansiogene viste finora.

La Casa di Carta

Con una violenza inaudita Gandìa incastra la testa di Nairobi nella porta di un bagno barricandosi all’interno per usarla come scudo. La negoziazione diventa così assai difficile per il resto della banda, costretta a vedere con i propri occhi e a distanza ravvicinata il dolore e la paura negli occhi della propria compagna. Non dimentichiamoci che Nairobi è miracolosamente viva e convalescente da un intervento che nella realtà darebbe filo da torcere anche a un regolare chirurgo.

Nella realtà de La Casa di Carta invece Nairobi non se la passa nemmeno troppo male con sessanta punti sul fianco e mezzo polmone andato appena due giorni prima. E a parte qualche gemito e un urlo fin troppo dignitoso tiene botta anche legata, con la testa incastrata in una porta e una mano martoriata. Tutto sotto la minaccia di Gandìa alle sue spalle, che più che il capo della sicurezza sembra uno psicopatico rastrellato da un film di Tarantino. Nonostante i dubbi di natura medica tuttavia la scena resta intensa e pesante da digerire. Ancora una volta ci ritroviamo ad aver paura per la vita di Nairobi.

Ma quando poi ci ricordiamo subito di essere alle prese con la visione de La Cas de Papel. Una serie tv che raramente si è risparmiata l’occasione di spezzare la tensione con un momento altamente trash degno di una buona telenovela sudamericana.

La Casa di Carta

Nairobi diventa protagonista dell’intera timeline dell’episodio. E così torniamo indietro di qualche mese, al monastero nelle campagne toscane in cui è avvenuta la pianificazione dell’attacco. Assistiamo a quello che a questo punto della stagione sarà almeno il settantesimo momento cringe della stagione. Momento sentimentalismo per Nairobi, che dice al Professore di non aver mai sentito di avere una famiglia tanto come ora con la banda. Momento confessione quando gli parla del suo neonato desiderio di maternità. Imbarazzo mondiale quando gli chiede apertamente di esserne il padre.

Raramente abbiamo visto un tale imbarazzo sul viso del Professore, un timido patologico, per dirla alla Alicia Sierra. Dapprima esclude categoricamente, ma Nairobi lo prende in contropiede con una psicologia inversa davvero niente male. Gli chiede una “donazione speciale” come io chiederei dieci euro a mia sorella, lui risponde di non essere esattamente un tipo che si svincola dai doveri, però in quindici secondi cambia idea e accetta il discorso sulla combinazione genetica buona. Accappottato totalmente. Lui, il riflessivo.

E questa digressione permette di spezzare l’altissima tensione creatasi attorno al riscatto di Nairobi per tutto l’episodio.

La Casa di Carta
La Casa de Papel 4×06

Si passa dal vederla in lacrime, dolorante e sanguinante ancora incastrata in quella porta come in un perverso gioco di ruolo, ai flashback che ci trasportano nel trash spudorato di cui solo le serie tv spagnole son capaci. Con i momenti “confidenze tra ragazze” tra Nairobi e Tokyo che decidono il nome del futuro “professorino”: Ibiza. E in pieno stile da vacanza alle Baleari danno vita con Stoccolma e Lisbona a un tamarrissimo party tra donne in cui tutti ci siamo chiesti cosa avesse da festeggiare a questo punto Raquel.

Fatto sta che seguono festeggiamenti degni delle peggiori discoteche di Madrid, con larghissimo anticipo rispetto a una gravidanza che è ben lontana dall’essere iniziata. E infatti ha portato sfiga. Perché nel presente invece assistiamo alla drammatica escalation che porta a quello che è forse l’evento più tragico di questa quarta stagione. Alla perdita di un altro compagno della banda cui, nonostante tutto, ci eravamo affezionati.

Così mentre il Professore tenta di raccogliere le sue forze per capire dov’è la camera di panico, la situazione all’interno della Banca di Spagna non cambia molto sul momento, e la banda si ritrova in stallo. In scacco tra la vita e la morte di Nairobi.

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A fare da cornice le solite sottotrame inutili e inconcludenti cui La Casa di Carta ci ha abituato da anni. Con un Arturito deciso in questa stagione a chiacchierare più del solito. O a colmare i suoi vuoti affettivi, non è ben chiaro. Fatto sta che a metterlo a posto ci pensa il vecchio governatore della banca, che torna in grande stile interpellato dallo stesso Arturito.

Intanto lo stallo si muove, come sembrano muoversi i pensieri di Tokyo che ora sembra in connessione interdimensionale col cervello di Nairobi percependo il pericolo in cui si trova. O così sembra quasi voler suggerire la serie. Mentre più probabilmente si tratta di un’allucinazione da privazione del sonno e del cibo. Di qualunque cosa si tratti, potremmo interpretarlo come una forma di inconsapevole addio tra le due amiche prima che arrivi il momento che non avremmo mai voluto vedere.

La banda non ha scelta, lascia uscire Gandìa che si avvia verso il suo nascondiglio usando Nairobi come scudo. E quando sembra che la donna, ormai sfinita, sia libera la serie osa ciò che non aveva osato – o per lo meno concluso – con lo scorso finale di stagione.

La Casa de Papel 4x06
La Casa de Papel 4×06

Un unico colpo di pistola alla testa da parte di Gandìa, e Nairobi cade a terra morta. Forse le urla immediate di tutti i suoi compagni, che assistono inermi all’esecuzione, sono la ragione di un certo ritardo di reazione nei confronti del suo assassino. Perché in modo sorprendente, e a questo punto anche assurdo, Gandìa riesce a scappare apparentemente illeso sotto il fuoco incrociato di 7-8 mitra che gli sparano addosso proiettili, urla e dolore. E un regalo finale per mano di Denver, l’unico lucido abbastanza da non lasciar nulla di intentato.

Si lancia all’inseguimento dell’uomo con un conto alla rovescia dopo aver innescato una bomba a mano da lanciargli contro. L’unica arma che potrebbe aver scalfito la corazza di quest’uomo che sembra invincibile. Capace di liberarsi, scappare e mettere a soqquadro l’intera banda armata, catturando e uccidendo, con un pollice rotto e svariati e colpi di pistola entratigli in corpo. Poderoso.

Ma in attesa di scoprire cosa se ne sarà di lui l’episodio ritaglia alcuni minuti per piangere una delle sue protagoniste storiche. Nairobi, aka Agata Jiménez.

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Tutto sommato uno dei migliori personaggi di una serie tv in cui sembra abbastanza difficile parlare in modo serio di profondità dei suoi protagonisti. Nairobi è stata al centro di molti dei momenti più cringe di questa serie. Eppure il suo tratto distintivo è stato il potere di governare questi momenti con un taglio comico abbastanza godibile.

Per quanto inutile e breve fosse il golpe al comando di Berlino, l’inizio del “matriarcato” nella prima stagione è stato un momento epico. Almeno quanto il sodalizio lavorativo col vecchio Torres, alla Zecca di Stato. Ah, che ricordi. E che tempi. Abbiamo conosciuto allora l’etica lavorativa e l’instancabile operatività della migliore matriarca della banda. Cui dobbiamo riconoscere una leadership e una cura del dipendente degne dei migliori datori di lavoro.

La salutiamo così Nairobi. Rilassata, in pace. Stesa su un luminoso prato verde in attesa del bambino che tanto desiderava. In compagnia di chi ci ha già lasciato. Mosca, Olso, Berlino. Fanservice, immagine dell’autore del destino ultraterreno dei personaggi de La Casa di Carta. Cringe. Chiamatelo come volete. Se non altro ora sappiamo come e dove immaginarceli quei compagni persi lungo il percorso. E pare se la passino molto meglio di quelli rimasti sulla Terra.

Ciao ragazzi, e ciao Nairobi. Adesso va e insegna a Berlino come si fanno i discorsi motivazionali.

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