Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sul finale di La Casa de Papel (versione originale, non Netflix) e la prima stagione di Prison Break
Non si vede mai la luce, o quasi. È un ambiente claustrofobico, labirintico. Dal quale uscire, al più presto. Lo Stato incombe, è una questione di vita o di morte. È un urlo di libertà, che rimbomba tra i muri delle stanze spettrali. Un incubo, un sogno. Una fuga da portare a termine con un piano perfetto, elaborato da una mente visionaria. Quella del Professore, che si è messo in testa di mettere in scacco il mondo intero. Per la giustizia, per l’equità. Perché la mente di un uomo può fare davvero ogni cosa, soprattutto in una serie tv. Gli ambienti chiusi della Zecca di Stato di La Casa de Papel ci opprimono, ma ci fanno volare con la fantasia. Manco fossero le celle di una prigione, da cui evadere. Con un fratello, condannato a morte. Vi ricorda niente? Un’immagine si è già configurata nelle vostre menti, ne siamo sicuri. È il profilo di Michael Scofield, in penombra. Il protagonista di Prison Break, una fonte d’ispirazione incredibile per La Casa de Papel. Soprattutto la prima stagione, la più intensa. Credeteci: le similitudini tra le due serie sono straordinarie. E meritano un approfondimento.
L’avevamo già accennato a proposito della simbologia di La Casa di Papel e, in particolare degli origami che il Professore è solito realizzare (dotati di un significato misterioso che dice tanto sulla sua psiche): se ricordate quelli di Michael, l’omaggio a Prison Break è palese. Ed è la naturale conseguenza di due storie di per sé associabili su più punti, tanto da essere sovrapponibili. Mutano contesti e obiettivi, lo stile e lo sviluppo, ma non le dinamiche di base. Due uomini machiavellici senza precedenti alle spalle mettono a punto il piano criminale perfetto, considerando ogni dettaglio possibile e mostrando in corso d’opera, a prescindere dalla variabili in gioco, una capacità innata di problem solving. Sono due ragazzi sensibili apparentemente inadeguati ad abbandonare la via della legalità, caratterizzati da una rigida morale che impedisce loro di snaturarsi anche nei momenti più difficili.
Michael e il Professore hanno molto in comune, un po’ come Berlino e T-Bag. Il carisma dilagante che infonde in loro una notevole attitudine alla leadership, le ombre oscure delle perversioni più aberranti, un’eleganza nei modi che stona fortemente con la brutalità delle loro azioni e una lunga lista di crimini che li rende inaccettabili. Soprattutto per una società che non scoprirà mai la fragilità di due uomini fatti a pezzi da un legame deviato e morboso con il sesso femminile. Fondamentali, per la riuscita del piano. Almeno quanto chi è stato colpito a morte (allo stomaco, dalla polizia) nel momento chiave della fuga (Westmoreland e Mosca), e chi ha avuto un ruolo importante inizialmente non previsto (Monica, Sucre). Prison Break e La Casa de Papel danzano su note diverse all’interno degli stessi confini. E hanno dato un ruolo decisivo alle donne che avrebbero potuto rovinare tutto, salvo poi condurre i nostri eroi verso l’agognata libertà.
Quando si parla di queste due storie, l‘amore non è morte. È vita, nella sua essenza più irrazionale. È il sentimento innocente di una dottoressa che si innamora di un carcerato che cura andando al di là delle competenze mediche, e di un’ispettrice che perde la testa per il criminale che cerca disperatamente. Sara si avvicina a Michael senza essere conscia dell’enorme pericolo, e Raquel fa altrettanto con il misterioso Sergio. Vengono distrutte, nel momento in cui comprendono di essere le pedine inconsapevoli di un piano che voleva fare dell’amore uno strumento vigliacco. Ma il Professore e Michael hanno un cuore che batte a mille, e i sentimenti diventano veri. Illeggibili, per chi si sente preso in giro. Travolgenti, per chi sa individuare la sincerità negli occhi dell’uomo giusto. Sara e Raquel aiutano i loro uomini dopo aver esitato e indicano, non senza paura, la strada che porta verso la libertà. Segnata da un indirizzo rivelato troppo tardi, e dalla porta aperta dell’infermeria di una prigione. L’ultimo ostacolo, prima dell’urlo finale. Il momento in cui vedere, finalmente, la luce. E lasciarsi alle spalle il grande incubo.
Antonio Casu
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