È senza ombra di dubbio una delle serie tv più chiacchierate degli ultimi anni. Passata nel giro di pochi mesi da fiction di second’ordine a rischio cancellazione (ne avevamo parlato qui) di un canale tv spagnolo, a prodotto di punta di Netflix (qui le serie più viste del 2020). Il colosso americano in fondo, qualcosa deve averci visto ne La Casa de Papel quando nel 2017 ha deciso di salvarla dalla cancellazione (e magari dall’oblio).
Le gambe di Úrsula Corberó? Mh, opinabile. La tuta rossa le copre il più delle volte. Un irresistibile accento iberico? Dipende dall’orecchio. La risata di Denver? Nutriamo forti dubbi in merito. Ma qualcosa dev’esserci stato nella serie di Álex Pina che ha convinto i capoccia di Netflix a sottrarla dalla gestione di Antena 3 con una prima stagione ancora in corso. E di qualunque cosa si sia trattato, è sicuramente ciò che ha fatto centro quando la resa dei conti è giunta negli studi della piattaforma.
Perché non è passato molto tempo tra quella scommessa con un canale spagnolo dubbioso e propenso alla cancellazione de La Casa de Papel, e il suono dei tappi di Champagne che saltano.
La Casa de Papel è ormai una delle serie tv più popolari di Netflix, nonché la più vista e commentata. Non a livello nazionale, non regionale, ma a livello mondiale. Tanto da guadagnarsi un rinnovo di stagione dopo l’altro, nonostante qualunque logica sensata suggerisse che concludere la storia con la fine della seconda stagione fosse l’unica opzione che potesse salvare la serie dal salto dello squalo.
Eppure si sa, quando un prodotto cattura il pubblico, a prescindere dalla positività dei feedback, l’unica cosa che un’emittente tiene davvero in conto porta il nome del profitto. E La Casa de Papel ne porta indubbiamente un bel po’ in casa Netflix. Nonostante sia ben lontana dall’essere un prodotto di oggettiva qualità. Ma si sa, d’altronde, che la qualità in tv ha un po’ rotto il c***o, per dirla alla Ferretti. La ‘monnezza è quella che fa i milioni, tanto in telespettatori e quanto in soldoni. E La Casa de Papel ne è un esempio sopaffino.
Una Gli Occhi del Cuore in salsa brava, d’azione e su scala mondiale.
E vien quasi da pensare che forse sia stato proprio questo il quid in più in grado di catturare l’attenzione degli strateghi di Netflix. La consapevolezza di trovarsi di fronte un prodotto di media qualità, con una trama tutto sommato ok, una recitazione su cui sorvolare escludendo tutt’al più un paio di attori, e un livello di trash dal potenziale esagerato. Bingo! Ecco servita a 170 milioni di utenti la ricetta perfetta di una droga a puntate in forma di serie tv. Gli elementi ci sono tutti: a volte fa male al cervello anche il solo guardarla, ma una volta iniziato non se ne riesce a uscire.
E il peggio non è neanche questo. Il peggio è che noi siamo come i capoccia di Netflix . Siamo consapevoli di quanto La Casa de Papel faccia potenzialmente schifo, ma non riusciamo a smettere di vederla, o di parlarne. Solo che a noi questo non accresce il conto corrente, ma solo il tempo sprecato sul web a discuterne in loop con altrettanti utenti nella stessa barca. Sembra quasi di essere agli alcolisti anonimi. Tutti sono consapevoli della scarsa qualità della serie ma tutti al contempo continuano a vederla. Salvo qualche redento cui non possiamo che fare i complimenti e i nostri migliori auguri.
Ma la verità è che questo ci piace. Ci piace parlare della Casa de Papel, ci piace commentare tutto ciò che non va della serie.
Quasi quanto ci piace parlare di Malgioglio al Grande Fratello. Degli ospiti di Barbara D’Urso. O delle fiction Rai con Terence Hill. Ci piace perché si tratta di quel trash magicamente in grado di autoalimentarsi. Quello su cui si potrebbe ridere all’infinito. E benché pienamente consapevoli di quanto meglio potremmo spendere il nostro tempo, finiamo ogni volta per ritagliare quella decina di ore per guardare la stagione successiva.
Quella “ennesima-sicuramente-inutile-stagione di troppo de La Casa de Papel, fatta solo per allungare il brodo e guadagnarci, ma che voglio vedere solo per la curiosità di sapere come cavolo faranno a uscirne stavolta”.
Un pensiero diffuso tra molti probabilmente già nelle prime due stagioni. Che ha trovato poi riscontro definitivo nelle successive, quando sembra che gli sceneggiatori ormai scrivano per il gusto di sparala sempre più grossa. Di rendere la storia sempre più colma di assurdità. Di assurdità da film d’azione americano degli anni ’90 mista al cringe più estremo della media soap opera latina. Insomma un po’ Die Hard un po’ Il Segreto. In un tripudio di zozzerie scritte però col giusto ritmo, quello in grado di calamitare l’attenzione del pubblico. Che di fatto, le ha assicurato il successo
E diciamo la verità: quanto ci piace quel tripudio di zozzerie che è La Casa de Papel? Non foss’altro che per la possibilità di commentarlo con gli amici.
La Casa de Papel è quella serie che vorresti non finisse mai perché un po’ come Beautiful sei curioso di vedere dove l’autore vuole andare parare a questo punto. “Se ti sei spinto fin qui, perché fermarsi ora? E chissà cosa verrà dopo!” Ma soprattutto è quella serie che vorresti non finisse mai perché vuoi sapere se quella pazza scatenata di Tokyo sarà davvero l’unica a salvarsi. A conferma di quanto questa vita riesca ad essere una beffa senza fine anche nella più scarsa delle sceneggiature televisive.
Perché commentare l’epicità di Marsiglia è sempre un ottimo passatempo. Perché dopo la morte di Nairobi difficilmente ci si potrà disperare per la dipartita di qualcun altro. E perché le menate di Denver riservano sempre grandi sorprese. I meme sulla “Tokyo Maserati” sono stati tra le cose più belle che l’aprile del 2020 ci abbia potuto regalare.
Ma soprattutto, vorremmo che La Casa de Papel non finisse mai perché c’è sempre tempo per mettersi davanti al pc e godersi un guilty pleasure.
Per poi commentarlo sul web con la propria exit strategy: “sì certo, non è la miglior serie del mondo, ma non le si può non riconoscere che…” In loop fino a quando La Casa de Papel non avrà un’erede. Che non sia, magari, la versione coreana de La Casa de Papel.