ATTENZIONE: proseguendo con la lettura potreste imbattervi in spoiler sulla quinta stagione de La Casa de Papel.
La Casa de Papel: bellissima, trashissima Casa de Papel. Più ci fa schifo, più la guardiamo. Più ci allibisce, più non riusciamo a farne a meno. Perché, in fondo, noi che l’abbiamo guardata siamo fatti così: spettatori un po’ radical chic col vizio segreto del pacchiano. Ci piace da matti La Casa de Papel, anche se non riusciamo ad ammetterlo. E più diventa assurda, più ne siamo attratti. La prima parte della quinta stagione ci ha dato il giusto assaggio di cringe, sentimentalismo e azione allo stato puro. Non sapevamo di aver iniziato una serie di guerra, e non sapevamo neppure che ci sarebbero finite dentro scene da telenovelas, ma ci importa davvero? Macché, noi vogliamo solo vedere Berlino litigare con suo figlio sulla dignità dell’arte vichinga. Vogliamo vedere Marsiglia sfrecciare nei cieli di Madrid inseguito dai missili della NATO. E Arturito… fare Arturito.
La quinta parte de La Casa de Papel ha riservato momenti di alti e bassi ai suoi personaggi.
Qualcuno ne è uscito un po’ fiaccato, altri hanno dato davvero il meglio di sé. La nostra curiosità per le sorti della banda cresce parallelamente allo sbriciolarsi della fiducia degli spagnoli nelle loro forze armate dopo aver visto Sagasta e i suoi uomini all’opera.
Restano almeno un paio di questioni irrisolte che non ci faranno dormire la notte da qui all’uscita della stagione 5B:
- riuscirà Juanito/Julia a scop**si Denver?
- quando realizzerà Tamayo che nel Banco sono morti tutti mentre lui cambiava il panciotto?
- quanto ci metterà Rafael a limonarsi la sua madrina?
- è davvero morto Gandía?
- ma tutta quella gente là fuori con i cartelli… ma non sarà un po’ pericoloso?
Per queste e altre domande ci toccherà aspettare il season finale di dicembre. Nel frattempo, consoliamoci con le pagelle!
TOKYO
Togliamoci subito il pensiero. Tokyo ha avuto nelle passate stagioni un indice di gradimento oscillante tra un estremo all’altro del suo lato B. Il resto era un mix di spocchia mascherata, scelte discutibili e te lo sei cercata che le avremmo urlato in faccia a ogni centesimo rubato. “Ti sparano solo se non pensi”, diceva la Maserati. Che il muscolo del pensiero l’ha sempre avuto schiacciato sotto una coltre spessissima di puro istinto – basti ricordare l’ormai proverbiale ingresso nella Zecca di Stato a bordo di una motocicletta lanciata contro il fuoco nemico. Ma la vera scommessa degli autori era quella di renderla indimenticabile senza farla spogliare. Che fare allora? Spingerla all’estremo sacrificio per il bene della banda? No, non solo almeno. Il vero colpo di genio è quella granata raccolta in volo e rilanciata in un nano secondo nell’unica fessura libera della porta. A dieci metri di distanza. Con il fuoco dei mitragliatori sulla testa. E una precisione che manco Steph Curry dalla linea da tre.
Voto: 10. Il pubblico maschile è in lutto dal Sol Levante all’Atlantico.
Frase più bella: “Qui non morirà nessuno”. Avrebbe dovuto grattarsi.
DENVER
“Ho voluto maturare” è il nuovo mantra di Denver, passato dai cazzotti in discoteca ai kalashnikov nella Banca nazionale. Il livello successivo sarà spiegare a Cincinnati la particolarità del rapporto a tre con sua madre e il suo padre naturale. Nel triangolo amoroso Denver-Stoccolma-Arturito c’è qualcosa di profondamente perverso: Denver ha sparato a Monica, che a sua volta ha sparato ad Arturo. Se vale il sillogismo aristotelico, è come se Denver avesse sparato ad Arturito – ci ha provato senza riuscirci per cinque stagioni. Quindi sì dai, è maturato. Anche se non ha ancora capito che il suo amico di infanzia Juanito vuole portarselo a letto. Intrecci amorosi sempre più complessi quelli del povero Denver…
Voto: ci rivediamo a dicembre.
HELSINKI
È riuscito ad avere persino meno battute rispetto alla quarta parte. Mosca e Berlino – crepati da un pezzo – continuano a parlare, interagire e dialogare più di lui, che intanto ci stava pure rimettendo una gamba. Fortuna che Palermo voleva avere tutto l’orsacchiotto intero, altrimenti gliel’avrebbero tranciata di netto al primo scarico di mitragliatrice. Senza farla troppo lunga.
Voto: MAN OF THE YEAR, ragazzi.
Mentre era steso mezzo morto sul lettino, ha nell’ordine:
a) indicato a Rio il martello pneumatico per bucare il pavimento delle cucine e provare a salvare la sua ragazza;
b) suggerito a Stoccolma la somministrazione di morfina per un paziente con la gamba sanguinante e ad un passo dalla morte;
c) visto prima di ogni altro i fantasmi di Stoccolma;
d) azzardato la diagnosi e offerto supporto morale.
Il tutto mentre stava per tirare le cuoia. Resisti, Helsinki.
PALERMO
Non c’ha capito niente a ‘sto giro.
STOCCOLMA
“Che ci faccio io qui?”: una domanda, un personaggio. D’altronde Mónica Gaztambide faceva fotocopie fino a un giorno prima, mentre adesso sussurra strafatta alla banda il suggerimento decisivo per salvare la pelle a Denver. Ci avesse pensato giusto un attimino prima, magari il sacrificio di Tokyo non sarebbe servito. Stoccolma vorrebbe essere una badass ca**uta almeno quanto Lisbona, ma è pur sempre colei che si era scelta Arturo Román come compagno di letto. Qualche segnale poco incoraggiante ce l’aveva già dato.
VOTO: UN ABBRACCIO DI HELSINKI. Poverina, vede Arturo anche quando non c’è. Ha la nostra piena solidarietà.
LISBONA
E invece Lisbona le rotelle a posto ce le ha tutte, pure troppo. Comprimaria? Ma neanche nei più reconditi sogni di qualsiasi aspirante leader della banda. Quando c’è lei, Palermo risulta talmente irrilevante che persino Antoñanzas a confronto parrebbe un genio. Raquel è una macchina da guerra, non potrebbe essere altrimenti. Anche perché la sua predisposizione alle scene di sesso è inversamente proporzionale a quella mostrata da Tokyo sin dalla prima stagione. Raquel ha l’attitudine al comando, questo è sufficiente. E si trova talmente a suo agio in mezzo agli spari, all’azione e alle negoziazioni che trova persino il tempo di farsi un bagno appena entrata nel Banco assediato. Durante l’attacco più pericoloso della storia di Spagna, con l’esercito che marcia verso le porte. Leader, stop.
VOTO: Professò scansate.
MATÍAS
…chi è Matías? Boh.
RIO
Come si fa a dare un voto basso a Rio quando ti piazza addosso quegli occhietti da cerbiatto indifeso? Impossibile. Doveva essere il tipico studente a cui la maestra non riusciva mai a piazzare un’insufficienza sul registro. Meglio un incoraggiante “dai, la prossima volta andrà meglio”.
Ed è questo che dovrebbe sentirsi dire davvero, stavolta: “dai, alla prossima andrà meglio”. Avresti dovuto immaginarlo che tra te e Tokyo non sarebbe potuta durare in eterno. Fa tenerezza Rio, parecchia. La scena d’addio con Tokyo è una roba tipo Titanic, dove però Tokyo è Jack e lui è Rose e la chiazza galleggiante un pezzo di soffitto da trapanare. Ma cav*lo, allargalo quel buco! I convenevoli avreste potuto lasciarveli per dopo.
Voto: MY HEART WILL GO ON.
No dai, seriamente. L’immagine finale del suo cuore spappolato fa male.
BOGOTÀ
La morte di Nairobi non l’ha presa benissimo. Voleva strozzare Gandìa dal primissimo momento, ma naturalmente ha aspettato proprio la conclusione delle trattative di Lisbona con Tamayo per il suo rilascio. Così, per aumentare il pathos. Per galvanizzarsi nello scontro, Bogotà si fa spalmare cinque o sei cazzotti in pieno volto, per ricordarsi cosa sia la rabbia, nel caso lo avesse dimenticato appena un attimo prima. “Non ti uccido per Nairobi, ti uccido perché sei un fascista”. E un omofobo, un razzista, un intollerante e un selvaggio. In pratica, Gandìa è tutto il male del mondo concentrato in un unico individuo – o in una placca di piombo, dipende dall’angolo di visuale. “Fratello, ci serve per poterci guardare in faccia”. Poi però il colpo finale lo lascia a Tokyo. Bogotà è fatto così, non brilla. Però in compenso ha lo stesso buon ottimismo di un fiducioso d’altri tempi come Leopardi: “siamo spacciati”, “siamo fot**ti”, “è già finita”.
Voto: -10. Ci ha messo più tempo lui a spaccare la faccia a Gandìa che Arturito a farsi venire la prima idea geniale in tutta La Casa de Papel. Se non ci avesse messo tanto, non avremmo avuto la rivolta degli ostaggi.
IL PROFESSORE
Ma cos’è che fa quest’uomo alle donne? Quale sortilegio magico tira fuori ogni volta? No perché non c’è ispettrice che non abbassi le sue pistole al cospetto del Professore. Ci vogliono i soliti preliminari con le manette e tutto il resto, ma alla fine cedono. Tutte. Persino la sadica Alicia Sierra. E sebbene il buon Sergio Marquina un po’ di lucidità la stia perdendo da quando si è impuntato a voler spiegare i piani durante i suoi amplessi amorosi, qualche colpo da maestro lo tira sempre fuori. Nel vero senso della parola. Nel senso che ha davvero infilato una mano nella vagina di Alicia Sierra per tirarle fuori un neonato. Che disdetta sapere sempre esattamente cosa fare in ogni circostanza e per ogni branca della scienza.
Voto: Se non avesse fatto nascere Victoria, anche meno di Palermo.
MARSIGLIA
Tutti ne vorrebbero uno, il Professore ne ha tanti: il Marsiglia che cucina i ravioli, il Marsiglia pilota di elicotteri, il Marsiglia che rimbocca le coperte, il Tata Marsiglia che compra biberon e pannolini. Vorremmo che Marsiglia facesse con noi quello che Alexa fa con la domotica.
Di poche battute, ma sempre efficace. E soprattutto versatile. Sarebbe una risorsa per qualsiasi intelligence del mondo, lui si ostina a fare da babysitter al Professore.
Voto: eh, Marsiglia! Sei sfuggito ai missili della NATO e ti sei fatto drogare su un letto a castello da una poliziotta fuori di testa e incinta?
MANILA
Niente voto per Juanito/Julia, solo un grande, costernato abbraccio carico di solidarietà umana. Le avevano raccontato di queste rapine divertentissime organizzate dal Professore, con montagne russe giganti e quintali di zucchero filato. Poi si è ritrovata nel peggiore teatro di guerra del mondo occidentale, con mitragliatrici, ostaggi fuori controllo, lanciafiamme di ultima generazione. Lei voleva solo portarsi a letto Denver dopotutto.
ALICIA SIERRA
Da belva a piede libero a gattino mansueto il passo è breve, anzi brevissimo. E passa per Sergio Marquina, lo sciupafemmine al quale neppure un ispettore uomo saprebbe mai resistere. Sierra si è resa protagonista della scena più cringe della quinta stagione, spiaggiata per terra nel tentativo di partorire dallo schermo di uno smartphone. Per il resto, tanto fumo e poca carne. Ma siamo certi che si rifarà nella parte finale.
Voto: BRAVA MA NON SI APPLICA. Però si è già scelta Marsiglia come tata.
L’ESERCITO
Non avevamo idea che le forze armate spagnole fossero peggio dei miliziani dell’ISIS. La banda del colonnello Sagasta sembra uscita direttamente da Tropic Thunder. C’è un disagio serpeggiante nel plotone, palpabile ad ogni passo di marcia. Più che soldati, sembrano un conglomerato eterogeneo di avanzi di galera e fuggitivi dei centri psichiatrici.
Voto: non saprei.
TAMAYO
È partito peggio della Juve di Allegri ed è riuscito nell’improponibile impresa di farci risultare simpatica persino Alicia Sierra.
Voto: abbiate pietà.
GANDÍA
Ma siamo sicuri che stavolta non si rialza? Sicuri sicuri? No perché il soldato Gandía ha già dato prova di una resilienza fuori dal comune. Sopravvissuto a raffiche ravvicinate di proiettili, a una granata esplosa a pochi centimetri dalla sua testa, a Nairobi e alla vendetta della banda, le Charlie’s Angels in tuta rossa lo hanno mostrato a Tamayo mezzo moribondo. Testuale: “ha delle schegge nelle vertebre cervicali, un movimento sbagliato e perderà l’uso del braccio o dei polmoni, ha bisogno di un neurochirurgo”. Poi però combatte a mani nude con Bogotà, prende un sacco di sberle da Tokyo, esce dal Banco e invece di correre in ospedale, si arruola con i Tropic Thunder del colonnello Sagasta e porta avanti un’azione di guerra all’American Sniper. Dicono che sia morto, possibile?
Voto: IRON MAN. Sarebbe stato perfetto per Die Hard al posto di Bruce Willis.
BERLINO
E a proposito di Die Hard, c’è una frase che fa al caso nostro, anzi al caso di Andrés de Fonollosa: “c’è solo una cosa più gustosa dello sputare su 100 miliardi di dollari: far credere a tutti che lo hai fatto”. Berlino ha girato una serie tutta sua in questa prima parte della quinta stagione. È un personaggio talmente irrinunciabile che gli hanno dedicato una serie a parte all’interno della serie stessa. I suoi dialoghi – i figli sono testate nucleari che si infilano nel matrimonio, l’arte vichinga che è un “banalissimo lavoro da fabbri” e cose così – sono la vera ragione per cui guardiamo La Casa de Papel. Senza Berlino avrebbe tutto più senso per la trama, ma meno senso per la nostra vita. Dategli uno spinoff, subito!
Voto: fuori classifica.
RAFAEL
Se davvero vuoi qualcosa nella vita, lo devi rubare a chi lo possiede.
A giudicare da come ha spogliato Tatiana con lo sguardo, qualcosa ci dice che Berlino jr abbia afferrato la lezione di papy.
MENZIONI SPECIALI
No, non ci siamo dimenticati di lui.
Arturo Román, ex direttore della Zecca di Stato, nuovo guru della scena pubblica spagnola, psicologo, mental coach, spacciatore di tranquillanti, già vincitore dell’oro olimpico per il miglior tuffo a ca**o nel Banco di Spagna, precedentemente insignito con il titolo di Ostaggio del Secolo, si aggiudica il DRACARYS AWARD per la sua performance al lanciafiamme. Il suo “sono un ca**o di drago” urlato prima di partire all’assalto ha fatto impallidire persino Daenerys Targaryen, che dopo aver appreso della battaglia del Banco, pare abbia dichiarato: “quello lì ha il sangue del drago”.
Se non dovesse sopravvivere alle ferite mortali, lo hanno già scritturato per House of Dragons.
Altrimenti, c’è Vincenzo De Luca pronto ad ingaggiarlo per il prossimo lockdown.
Angel: due rapine, cinque stagioni, una camicia. Nient’altro da aggiungere. Vince il premio di consolazione DASH PODS, per un pulito che più pulito non si può. Consegna il riconoscimento Francesco Totti.
Ma non scappate via prima dell’annuncio finale: la produzione de La Casa de Papel ha firmato infatti dei contratti con altre importanti produzioni per degli episodi crossover.
- I Peaky Blinders hanno appena arruolato Marsiglia per consolidare il potere a Birmingham.
- In Sky Rojo, l’ex prostituta che fa il filo a Moisés/René dovrà vedersela con il gancio destro di Tokyo.
- Nel reboot di Un medico in famiglia, il vecchio Fausto sarà sostituito da Benjamìn.
Adesso non ci resta che aspettare La Casa de Papel 5B!