Ci sono personaggi che restano presenti sulla scena per poco tempo ma che riescono a lasciare un segno indelebile in tutti coloro che li hanno amati e hanno amato la serie che li ha ospitati. Oggi parliamo di Radko Dragic, in arte Oslo, militare serbo che ne La Casa de Papel partecipa alla rapina del secolo nella Zecca di Spagna insieme al cugino Mirko Dragic, meglio conosciuto come Helsinki.
Un personaggio che, diversamente da altri (uno su tutti, Berlino) si distingue soprattutto per ciò che fa, piuttosto che per ciò che dice. Non esistono, come per il personaggio di Berlino, “le migliori frasi di Oslo”, semplicemente perché, per creare e interpretare questo personaggio, i creatori de La Casa de Papel hanno lavorato per sottrazione. Roberto Garcia, l’interprete di Oslo, ha raccontato di aver dovuto fare un lungo lavoro davanti allo specchio per imparare a trasmettere le emozioni e l’interiorità del personaggio unicamente attraverso la mimica facciale e il linguaggio del corpo, dato che la caratteristica principale di questa recluta per la rapina del secolo è che non parla quasi mai.
“Sono stato indeciso se interpretarlo, perché non parlo quasi mai”, raccontava anni fa l’attore a Fanpage. In effetti, per un attore deve essere estremamente difficile far arrivare alla macchina da presa e, di conseguenza, allo spettatore tutta la gamma di emozioni e il vissuto del personaggio. Un’impresa che, però, nonostante il poco tempo che La Casa de Papel ha riservato a questo personaggio, sembra essere riuscita. La morte di uno degli elementi più fedeli della banda del Professore, all’inizio della seconda parte de La Casa de Papel, è uno dei momenti più traumatici per i fan della serie, nonché per il personaggio che ha il triste compito di far terminare le sue sofferenze, ovvero il cugino Helsinki.
La Casa de Papel (640×360)
Non c’è Oslo senza Helsinki, ne La Casa de Papel.
Non parleremmo certo di Oslo se non si accompagnasse, nella serie, a un altro personaggio fondamentale, che per fortuna è rimasto con noi fino alla fine, esprimendo al massimo il suo potenziale, cosa che il povero Oslo non ha potuto fare (e la cosa ci fa un po’ arrabbiare).
Il contributo che questo personaggio può dare al grande disegno del Professore è unicamente muscolare: non è particolarmente intelligente né abile nella diplomazia, né tantomeno si distingue per una dialettica particolarmente fluente. Oslo non è Berlino, non è Mosca, non è Nairobi: i membri più brillanti della banda, ognuno con caratteristiche diverse. Oslo non ha il carisma di Berlino, le capacità diplomatiche e l’empatia di Mosca, né ha lo spirito rivoluzionario e ribelle di Nairobi e la sua capacità di farsi amare da chiunque. Oslo ha solo i suoi muscoli. E suo cugino, con cui ha condiviso la vita e persino la cella durante la detenzione. Il cugino con cui condividerà anche l’ultima, grande avventura della sua vita: la rapina alla Zecca di Spagna.
Un’avventura che, come tutti gli altri componenti della banda, comincia tra i banchi di scuola, dove il Professore li raduna per illustrargli il suo piano. Ma né Oslo né Helsinki avranno bisogno di molto addestramento o di istruzione, per riuscire bene in quello che fanno: il loro compito è essere “muscolari”, intimorire gli ostaggi in modo che non creino problemi ed essere fedeli al Professore e a Berlino, in modo che la rapina riesca nella maniera migliore.
Non è previsto che Oslo o Helsinki interagiscano con gli altri membri della banda né, tantomeno, con gli ostaggi: li hanno scelti proprio per questo, perché sono decisamente migliori nell’agire che nel parlare. E con quell’aspetto, Oslo non avrebbe bisogno di molte parole, anche se volesse farlo: alto, pieno di muscoli, la testa rasata, come quella del cugino, ma con una cresta di capelli nerissimi al centro, a dargli quell’aria da buttafuori a cui non dare fastidio, accentuata dalla folta barba scura.
Occhi scuri e penetranti che gli conferiscono un’aria accigliata, così diversa dall’espressione da gigante buono del cugino.
Un uomo che sembra creato al solo scopo di intimidire: ci vuole sempre uno così, che agisce senza fare troppe domande. Sia Oslo che Helsinki rientrano perfettamente nel personaggio ma quest’ultimo avrà la possibilità di dimostrare di essere anche molto di più di una montagna di muscoli. “Quando mi hanno passato il copione della settimana in cui mi colpivano e io scomparivo dalla serie perché Oslo muore, mi sono venute le lacrime agli occhi”, ricorda Roberto Garcia.
L’evoluzione di Helsinki da “bestia dei Balcani” a temporaneo capo della banda in assenza di Berlino fino a diventare il miglior amico di Nairobi, nonché iconico personaggio queer de La Casa de Papel, è decisamente notevole. Un’evoluzione che non sarebbe mai avvenuta senza il contributo silenzioso del cugino, che porterà a galla il suo lato più umano e compassionevole con il suo sacrificio.
La Casa de Papel (640×360)
Quella di Oslo è la prima, vera morte che colpisce da vicino il gruppo di rapinatori in rosso, ne La Casa de Papel: ben prima dell’iconica scena in cui ci lascia Berlino, molto prima che anche Nairobi e Tokyo incontrino il loro destino. Poco dopo sarebbe morto Mosca, segnando una sorta di spartiacque nella serie: ognuno è sacrificabile, non solo gli energumeni grandi e grossi, anche il padre saggio e gentile della banda può venire colpito dal destino.
Oslo, insieme al cugino Helsinki, rappresenta forse l’elemento meno affascinante della banda, quello in cui è più difficile identificarsi: tutti vorrebbero essere Berlino, Nairobi, Mosca, Tokyio, persino Denver o Rio. Pochi ammetterebbero di essere più simili, o di volerlo essere, a personaggi come i due cugini serbi: e, tra i due, decisamente vincerebbe Helsinki, dal momento che il suo personaggio ha potuto svilupparsi e mostrare una caratterizzazione molto più profonda rispetto a quella del defunto cugino.
Ma, come già detto in precedenza, ci vuole sempre uno come Oslo in un gruppo come quello della rapina alla Zecca: un personaggio che non fa domande, che obbedisce e basta, ma che sa dove riporre la sua lealtà e che non tradisce. Una mente semplice, forse, di sicuro non avvezza all’insubordinazione o che si lascia controllare dai sentimenti, come quella di Denver, che disobbedisce agli ordini di Berlino di uccidere Monica Gaztambide, la segretaria del direttore della Zecca con la quale ha cominciato una relazione segreta.
La reazione di Berlino è, come nell’indole del personaggio, estremamente teatrale: la ramanzina che fa a Denver culmina con l’estrazione della pistola che punta verso il ragazzo e Nairobi, venuta a dargli supporto. Berlino, oltre alle parole, può contare sul supporto di due montagne di muscoli, abituate a obbedire senza fare storie: i cugini Dragic. “Sono criminali di guerra, l’unica cosa che sanno fare è obbedire agli ordini”, ecco come verranno definiti da Arturo Romàn. Non che il pavido e codardo direttore della Zecca, in questo, sia molto diverso dalle due “bestie dei Balcani”.
Oslo, diversamente dal cugino, non si ritaglia molti momenti di gloria all’interno de La Casa de Papel. Il suo ricordo da parte dei fan è legato principalmente alla sua morte e, persino in quel caso, viene spostato il focus su Helsinki, colui che pone fine alle sue sofferenze dopo che un colpo in testa, ricevuto durante la rivolta degli ostaggi, lo aveva reso un vegetale.
La Casa de Papel (640×353)
E sarà proprio Denver a officiare un’impacciata commemorazione funebre, insieme ai suoi compagni, sul corpo di quello che si rivelerà solo il primo di una lunga e triste lista di caduti all’interno della banda. Un personaggio, Oslo, che è servito a tirare fuori il meglio di un altro, dimostrando che si può essere di più di una semplice “bestia”: se Helsinki rimarrà nel cuore di tutti i fan de La Casa de Papel, è proprio grazie all’interazione con il cugino e all’immensa umanità e senso di pietà che dimostrerà quando dovrà prendere la decisione più difficile, porre fine a una vita non più degna di essere definita tale.
Oslo tornerà in maniera inaspettata in un altro dei momenti più emozionanti e commoventi de La Casa de Papel: la scena della morte di Nairobi.
Sul corpo di Nairobi si disperano i membri superstiti della banda: soprattutto Helsinki, con il quale la donna aveva intrecciato un’amicizia speciale. Ma, in un’altra dimensione o solo nella fantasia di tutti i loro amici, lei è distesa felice su un prato, dove la stanno aspettando tutti gli altri compagni che hanno lasciato la banda troppo presto. E ad accoglierla è proprio il faccione di Oslo che, finalmente, sorride.
Oslo, quindi, è uno di quei personaggi che, ai fini della narrazione, emana unicamente luce riflessa, perché il suo compito è far brillare di luce propria un altro personaggio. Una delle più calzanti definizioni di “personaggio dimenticato”, dunque: un personaggio che, forse, se fosse stato approfondito, avrebbe preso una via del tutto diversa da quella più sensibile, ironica e umana del cugino e che sa tanto di potenziale inespresso per una serie dalle tante occasioni mancate come La Casa de Papel.
Giulia Vanda Zennaro