Cos’è l’oro di un paese? È con questa, fatidica, domanda che il Professore inizia la presentazione del suo grandioso piano finale nell’ultima parte de La Casa de Papel. Una domanda che racchiude in sé il centro di tutto ciò che la serie ha rappresentato. Una domanda che si prepara a portare in scena il colpo d’illusionismo più grandioso che la banda abbia mai messo in atto.
Dopo numerose puntate interamente dedicate al dipanarsi delle vicissitudini sentimentali e personali dei protagonisti, l’ultima stagione de La Casa de Papel rimette finalmente in primo piano l’oro, focalizzando l’attenzione nuovamente sulla rapina e in particolare sulla realizzazione di quella che è la parte più problematica del piano: riuscire a uscire vivi e liberi dalla Banca di Spagna.
Un obiettivo che iniziava a sembrare sempre più irrealizzabile, dato che da tempo le cose per la banda parevano non andare per il verso giusto. Ma proprio quando le nostre speranze di un lieto fine erano ormai quasi totalmente svanite, ecco che il Professore torna finalmente in sé, sorprendendoci con un altro dei suoi spettacolari piani e ribaltando completamente la situazione, in una serie di colpi di scena e momenti di tensione che ci hanno tenuti con il fiato sospeso fino all’ultimo istante.
La rapina si conclude nel migliore dei modi, lasciando incassare un altro strepitoso successo alla banda. Ma superata l’adrenalina e l’incredulità del momento a noi spettatori non resta che porci una domanda: il piano del professore avrebbe potuto davvero funzionare nella vita reale?
Per poter rispondere a questo interrogativo è necessario fare prima un piccolo passo indietro, per ricordare i punti salienti del piano più rischioso e imprevedibile che il Professore abbia mai messo in atto.
Un piano geniale, contorto, e sicuramente più rischioso dei precedenti, perchè quasi interamente basato sulla sua capacità di convincere un uomo, imperfetto e ambizioso, a lasciare da parte la propria morale per amore della gloria.
Un piano che per la prima volta non è basato su certezze, ma solo su probabilità, ma soprattutto un piano che ha lo scopo non solo di rubare denaro, ma di dare una dimostrazione di potere, forza e sovversione, di criticare un intero sistema economico e sociale, fortemente basato sull’importanza dell’oro e del suo valore simbolico.
Un metallo, un ricco e prezioso metallo, è il bene in grado di tenere in piedi un intero Stato, di governare gli equilibri del mondo, di determinare la potenza e la forza di un paese. Ma cosa rappresenta veramente l’oro?
Cos’è l’oro di un paese? La sua ricchezza? No, è un’illusione. Non serve a niente e non paga niente con quell’oro, neanche una transazione. Niente. è un supporto psicologico. Oro per ottone.
Il Professore ci fornisce una piccola, concisa ed estremamente critica risposta a questa domanda, provando a spiegare cosa rappresenta l’oro nel funzionamento di uno Stato e quale sia la sua reale utilità.
L’oro, per lui, non ha altra funzione se non quella di essere simbolo, maschera e illusione di un mondo che si muove interamente intorno a esso. Da anni i paesi usano questo metallo come uno strumento psicologico, un conforto da tenersi stretto per ricordare a se stessi e al resto del mondo la propria forza economica e il proprio potere di scambio.
Ma quell’oro, sul quale vengono ogni giorno basate miliardi di transizioni e affari, di fatto non serve a nulla, poiché non viene mai materialmente usato o scambiato. È solo un simbolo, un bene che potremmo paragonare all’argenteria di famiglia che custodiamo gelosamente nelle nostre case, un tesoro illusorio che teniamo conservato e impolverato senza mai sfruttarlo, al solo scopo di sentirci sicuri e protetti in caso di crisi.
Una spiegazione che, di fatto, non è molto lontana dalla realtà, perchè la funzione dell’oro nel nostro sistema è realmente analoga a quella che viene sommariamente descritta all’interno della serie.
Indice prezioso della potenza di ogni stato, le riserve auree sono i garanti della nostra ricchezza, lo strumento usato da generazioni e generazioni per misurare la grandezza economica di uno stato, simboleggiato attraverso l’uso di un metallo che, grazie alla sua capacità di non mutare o arrugginire, garantisce il mantenimento di un valore costante e affidabile su cui costruire il proprio futuro.
Un grande compito, che non è però concretamente giustificato da alcuna reale funzione di questo strumento, che di fatto diviene semplicemente un tesoro sepolto e inutilizzato, utile soltanto idealmente alla nostra economia.
Ed è proprio su questa verità che il Professore basa l’intera strategia del suo piano finale ne La Casa de Papel, una strategia che si ripromette di rivelare la grande ipocrisia che governa i nostri stati.
Se l’oro non serve a nulla, allora il governo sarà disposto a cederlo ai ladri in cambio del loro silenzio, ben potendo continuare a governare il paese semplicemente facendo credere di possedere ancora quel tesoro.
Questa è l’idea del Professore, un’idea sicuramente ambiziosa e contorta, che per poter funzionare necessita di un’ottima strategia preparatoria. Prima di poter mettere sul piatto la sua proposta, infatti, Sergio deve predisporre il terreno per potersi assicurare l’ascolto e la considerazione del colonnello Tamayo, rafforzando il potere di negoziazione della banda e la loro posizione di vantaggio.
Ecco, allora, che il Professore studia un articolato piano diviso in fasi. La prima e più semplice, consiste proprio nel raccontare la verità. I ladri dovranno documentare ogni passaggio del furto dell’oro con dei simpatici video che verranno poi diffusi al momento giusto, creando il panico nel paese.
Questi semplici video, sapientemente diffusi a mezzo social, testimonieranno l’assenza dell’oro, causando una corsa alle banche e una crisi dei finanziamenti e mettendo la Spagna in una posizione molto scomoda, fino a causare un crollo della borsa.
L’effetto domino che colpirà lo Stato creerà una grande pressione sui suoi rappresentanti, portando la banda ad una situazione di assoluto vantaggio. Solo loro potranno fermare questa inevitabile discesa negli inferi, restituendo immediatamente l’oro e documentandone il ritorno alla Banca.
Un gesto importante, che i ladri sono veramente disposti a compiere, in cambio di una sola cosa: la loro libertà.
Ed è a quel punto, quando il panico avrà ormai invaso tutti gli esponenti del governo, che il Professore potrà fare la sua proposta a Tamayo, giocandosi il tutto per tutto in un confronto a tu per tu inteso a puntare sulla debolezza e sulla vanità di gloria di questo uomo.
Tamayo ha il potere di fermare tutto, di essere l’eroe di cui la Spagna ha bisogno. Per farlo deve solo accettare un semplice compromesso: scendere a patti con i ladri.
Per lui non c’è più alcuna possibilità di vittoria, il suo destino è intimamente legato a quello della banda: o vincono entrambi, o perdono entrambi. Non esiste via d’uscita. Può scegliere di arrestare i ladri, rinunciando all’oro e passando alla storia per essere l’uomo che ha condannato la Spagna alla bancarotta, o può accettare l’accordo, lasciando vincere il Professore e divenendo il grande salvatore del paese.
E, sorprendentemente, Tamayo accetta l’accordo, ammettendo la sconfitta. La conferenza stampa con l’annuncio del ritrovamento dell’oro sortisce l’effetto sperato, l’economia spagnola inizia immediatamente a rialzarsi e la crisi viene scongiurata. Ma non si tratta di altro che di un grande inganno.
Si, perchè l’oro che il Professore ha consegnato allo Stato non è il vero oro, bensì un altro metallo: l’ottone.
Oro per ottone, è questa la grande rivelazione del piano finale del Professore ne La Casa de Papel.
Un’idea ambiziosa che si propone di spiegare la grande illusione in cui vivono da sempre i nostri paesi. Perché se solo l’idea del possedimento di quel tesoro basta a rendere solida l’economia del paese, che importanza ha se quell’oro esiste veramente oppure no?
Un ragionamento che inizialmente risulta difficile da accettare per Tamayo, ma che alla fine riuscirà a risultare vincente, grazie alla capacità del Professore di sfidare la sorte fino all’ultimo istante, persino di fronte alla minaccia della morte dei propri compagni.
E la sua convinzione nel piano, la sua fiducia piena sul funzionamento di esso, è talmente convincente da portare anche a noi a crederci. Che importanza potrà mai avere, in fondo, se la riserva nazionale vedrà dei lingotti d’ottone invece che d’oro? Una differenza di metallo irrisoria, insignificante, per uno strumento che di fatto non è mai stato altro che illusorio.
Un Segreto di Stato, uno dei tanti, destinato a passare di presidente in presidente, di generazione in generazione, senza che nessuno possa mai accorgersene, senza che nessuno possa mai contestarlo o rivelarlo.
Un piano perfetto, anche se prospettato nella vita reale. Funzionante, quantomeno se limitato a un ragionamento teorico. Sì, perchè se il ragionamento del Professore può avere perfettamente senso anche nella realtà, è l’efficacia pratica di esso a risultare un po’ più difficile da immaginare.
La Casa de Papel ci ha da sempre abituati a una certa sospensione dell’incredulità. Non deve dunque sorprendere il fatto che essa ci venga richiesta anche in questo finale di serie, che seppur più realistico del solito, manca di tanti elementi che sarebbe necessario prendere in considerazione se si volesse provare a trasportare il piano del Professore nella vita vera.
Innanzitutto l’intero piano si basa fortemente sulla capacità di Sergio di convincere il colonnello Tamayo, grazie anche all’aiuto di una serie di strategie volte a mettere l’uomo e l’intero Stato sotto pressione. Ma alla fine dei conti, la decisione finale spetta comunque a un solo uomo, la cui prevedibile reazione di consenso è data dall’idea che egli sarà facilmente corrompibile dal desiderio di gloria e reputazione.
Un esito che non può di certo considerarsi così scontato, visto che la richiesta della banda non è esattamente una piccola violazione di fronte a cui chiunque sarebbe disposto a chiudere un occhio per amore della pace.
Tamayo si trova di fronte a un compromesso etico abbastanza complesso, eppure basta davvero poco per riuscire a portarlo sulla via della menzogna. Un esito quantomeno abbastanza incerto se prospettato al di fuori della realtà de La Casa de Papel.
Certamente il chiaro intento della serie qui è quello di criticare il sistema spagnolo, la sua superficialità, il suo essere un po’ ai confini della correttezza, ma nella critica si arriva un po’ troppo oltre, immaginando uno scenario forse fin troppo banale, persino per il più scorretto dei paesi.
È inoltre difficile credere che una decisione di simile portata possa essere affidata nelle mani di un solo uomo, capace in autonomia di orchestrare un tale imbroglio senza coinvolgere le altre autorità.
Provando a immaginare una situazione analoga in Italia, viene facile immaginare che di fronte a una rapina così pericolosa per il Paese le autorità più importanti del nostro governo si riuniscano per trovare un accordo che possa salvare l’economia senza scendere a patti con i ladri.
L’unione Europea, le autorità consolari, il Presidente della Repubblica, gli esponenti delle maggiori banche, tutti accorrerebbero immediatamente a programmare lunghe e difficili riunioni per trovare il perfetto compromesso, studiando dei piani economici che possano offrire una valida alternativa al ricatto dei ladri.
La chiusura del mercato finanziario, politiche di recovery, accordi di emergenza tra gli Stati, o addirittura una politica volta alla radicale trasformazione del metallo usato per la formazione delle riserve di lingotti, sarebbero tutte soluzioni che verrebbero vagliate con cura e attenzione, potendo facilmente contrastare l’operato di dei ladri sovvertisti.
Ma anche provando a supporre che, per assurdo, lo Stato decidesse veramente di accettare una simile offerta, preparandosi a custodire uno dei Segreti di Stato più imponenti mai esistiti, è sicuramente impensabile credere che un’azione del genere possa passare inosservata a lungo.
Seppur vero che la riserva aurea di uno Stato mantiene un valore puramente simbolico, essa assurge comunque a un importante compito di garanzia che, come tale, è soggetto a numerose verifiche e controlli.
Sarebbe abbastanza arduo riuscire a nascondere tonnellate di lingotti di ottone senza che nessuno si accorga della differenza di metallo. La riserva di un paese è un indice fondamentale nel calcolo delle monete stampabili dallo stesso e pertanto soggetta a possibilità di controllo da parte delle autorità sulla sua reale quantità e consistenza.
Anche per la Spagna la situazione è pressoché analoga, in considerazione soprattutto dell’appartenenza della Banca di Spagna al SEBC, Sistema Europeo delle Banche Centrali.
Oltretutto il sistema di deposito non prevede un’unica sede di riferimento, come viene lasciato intendere ne La Casa de Papel, ma diverse strutture dislocate in diversi Stati che custodiscono ognuna una piccola parte dei lingotti. Un meccanismo che è volto proprio a scongiurare incidenti analoghi a quelli visti durante la serie.
Di fatto, dunque, una mossa come quella della Banda non potrebbe sortire la stessa efficacia vista nelle puntate de La Casa de Papel, andando a incidere solo su una piccola parte dell’oro dello Stato, tale sicuramente da scatenare una crisi, ma non abbastanza grande da portare le autorità ad accettare un accordo di tale portata.
Accordo che, peraltro, anche nella assurda ipotesi in cui venisse portato a compimento verrebbe scoperto in tempi brevissimi, causando veramente il crollo del Paese. Certo, i ladri a quel punto sarebbero già abbastanza lontani da disinteressarsene, ma quale autorità accetterebbe mai un rischio del genere senza porsi almeno qualche domanda?
È chiaro, allora, che per quanto il piano del Professore si lasci apprezzare per la sua spiccata analisi economica e per la sua volontà provocatrice, esso rimane realizzabile nella realtà solo in una linea puramente teorica, potendo nella pratica portare al massimo a scatenare una polemica riflessiva, in grado forse di creare una discussione circa la scelta del nostro sistema di incentrarsi su delle riserve auree praticamente inutili, ma sicuramente non in grado di concludersi con successo come avvenuto nella serie.
Una verità sicuramente deludente, che però rimane perfettamente in linea con uno show che in fondo non ha mai avuto lo scopo di raccontarci la realtà, ma solo di entusiasmarci, lasciandoci per qualche ora immergere in un mondo in cui tutto è possibile e i cattivi ogni tanto possono anche riuscire a farla franca con stile.