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La Casa de Papel è stato il pop-up store della serialità degli ultimi anni

la casa de papel
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Ricordo ancora quella sera da universitaria fuori sede quando, dopo cena, la mia cara coinquilina mi propose di guardare insieme La Casa de Papel! Sì, proprio quella serie tv in rosso e dall’hype esagerato che era uscita da qualche anno. Era infatti il 2020 e io avrò avuto circa 20 anni, tuttavia Netflix né tantomeno le altre OTT rientravano nel mio quotidiano come adesso. C’è da dire, però, che lei aveva già visto i primi due episodi.

Così mi propose di riprendere insieme dalla terza puntata dopo avermi concesso un dettagliato ma conciso riassunto della parte mancante. Ebbene sì, se ve lo steste chiedendo, la mia storia con La Casa de Papel ha avuto inizio esattamente dall’episodio 3 della prima stagione! E, se posso aggiungere, da quel preciso momento è iniziata la mia addiction senza fine per le serie tv in streaming, con annessi binge watching, Netflix and Chill e un malinconico ma necessario addio ai buoni vecchi telefilm in TV.

I personaggi di La Casa de Papel in locandina
Netflix

E La Casa de Papel non ha sortito questo effetto solo su di me, ma anche su metà della popolazione.

A tal proposito, si trattava di uno dei primi prodotti latin pulp di Álex Pina su temi quali rapine e furti, prima che diventasse un “genere” incredibilmente diffuso ai nostri giorni. Qualcuno ha appena detto The Helicopter Heist, The Sticky o una ritrita Rapina al Banco Central? Beh, proprio così. Ma tornando a noi, ci sentivamo troppo coinvolti da quella torta mille-veli di adrenalina, suspense, intrigo, azione, paura, amore e morte. Tutto allo stato puro, se non al limite dell’esasperazione, oserei dire.

Ma a noi non interessava, avevamo avuto l’onore di conoscere il Professore e tutte le più maestose capitali internazionali sotto forma di ladri professionisti con una maschera di Dalì. Questa poi è stata una vera genialata, tanto che nei Carnevali a seguire non si vedevano altro che tute rosse e maschere con lunghi baffi neri. E se queste potessero rimembrare a tratti V per Vendetta, a nessuno veniva in mente più di tanto. Era La Casa de Papel il fenomeno di massa del momento.

Ed è proprio quest’ultimo concetto che va approfondito

Non si è trattato di fatto di un mero, seppur esplosivo, prodotto audiovisivo di quegli anni. Piuttosto ha iniziato lentamente a diventare argomento di dibattito tra amici, blog, magazine online e programmi televisivi. Tanto che sembrava essere nata con l’unico obiettivo di far parlare di sé. Da ciò si spiega infatti il marketing mirato e invasivo, tale da rendere virale uno spettacolo che ha cavalcato l’onda crossmediale nel tempo, con franchise e merchandising a cui nessuno voleva rinunciare.

Pensiamo alle istallazioni sparse nelle principali città italiane prima dell’uscita dell’ultima stagione della serie, o ai più recenti remake La Casa de Papel: Corea e allo spin off Berlino (qui trovate la nostra recensione). Ma l’incastro tra media dello stesso e di diverso tipo è stato inoltre applicato anche attraverso le persone. Con questo termine mi riferisco pertanto ai casting che dall’opera madre hanno migrato verso altre creature dello stesso ideatore.

Chi può dimenticare la sagace Alicia Sierra traslata nella carismatica detenuta Zulema?

E perché, sempre in Vis a vis, l’impavida e compianta Nairobi nei panni della combattiva Saray Vargas de Jesús? Tuttavia, non ci fermiamo soltanto a Pina. Per la maggior parte di queste star, La Casa de Papel è stato un esemplare e miracoloso trampolino di lancio verso il piccolo e il grande schermo in senso ampio. Pensiamo al film di Netflix Durante la tormenta con Álvaro Morte, che ultimamente è apparso anche al cinema in Immaculate – La prescelta (per voi la nostra recensione). Oppure all’acclamatissima Tokyo, che abbiamo ritrovato in toccanti pellicole come L’albero del sangue, finanche nella recentissima The Day of the Jackal per nutrirsi così del suo stesso successo.

Personalmente però, dopo aver versato lacrime per gran parte dei rapinatori della Zecca di Spagna, mi riusciva difficile all’inizio stabilire empatia con loro in nuovi show. Eravamo tutti troppo provati dalle prime stagioni di La Casa de Papel, tanto da non riuscire ad accettare l’idea che lì non fosse tutto poi così reale come volevano farci credere. Ma gli spagnoli sono famosi per i giochi di verosimiglianze. Non che non riescano a renderla bene, ma le iperboli e l’estetica nelle loro produzioni piacciono più della credibilità in senso stretto. Va da sé, però, che il nostro trasporto emotivo non è stato lo stesso dalla prima all’ultima stagione della serie, sia chiaro. Tutti in coro ci siamo lamentati del fatto che, dopo la Zecca, la detenzione di Rio, la Banca, il salto in motocicletta di Tokyo e la morte sacrificale di Berlino, il vaso fosse strabordante di brodo allungato già da un po’.

Nairobi e Alicia Serra di La Casa de Papel, in una scena di Vis a vis
Netflix

Tuttavia, i fan più accaniti hanno difeso La Casa de Papel con gli artigli

In fondo, La Casa de Papel è la stessa serie di cui avremmo parlato all’infinito, riportando ogni dettaglio ed esaltando ogni suo pregio. Per poi ovviamente omettere con astuzia gli scivoloni e gli errori commessi. Spoiler: purtroppo, però, non è andata così in seguito. Ma proprio per niente.

Esattamente come quei temporary shop che tanto ci attirano nei punti nevralgici della città, proponendoci prodotti esclusivi per un periodo limitato, così sembra essersi rivelata La Casa de Papel. E se la domanda derivata da questi strategici espedienti di marketing trova il suo fulcro nella dicotomia: “vuoi aumentare il fatturato o accrescere la popolarità del marchio?” cosa possiamo dire riguardo alla nostra serie, oramai demodé?

Beh, se dovessi tornare alla mia esperienza, sceglierei la seconda opzione. Questo perché, piuttosto che catapultarmi in negozio ad acquistare una dozzinale felpa con su scritto “Bella Ciao”, ho invece sviluppato quella totalizzante infatuazione per Netflix di cui vi parlavo all’inizio. Ovvio che anche per il suo abbonamento ho dovuto utilizzare i miei risparmi per ogni mese a seguire. In questo modo avrei potuto godere di un vasto catalogo volto ad intrattenermi proprio come stava facendo La Casa de Papel in quel periodo. In soldoni, dunque, la prima questione richiama la seconda. Mentre la Penelope della celebrità intesseva già il suo telo che ad un certo punto avrebbe scucito per poi non rimetterci più mano.

Così, come l’agognata merce dei pop-up store, anche le ultime scorte de La Casa de Papel si sono esaurite

E tutti gli acquisti fatti durante quel delirante shopping sono adesso infognati in qualche vecchio baule, insieme probabilmente ai maglioni di Stranger Things (qui un approfondimento sull’eterna attesa della serie tv). Vesti che adesso, per forze maggiori, vanno messe all’aria e indossate per il suo grande ritorno. Con il tempo, inoltre, a quella quasi unica OTT mainstream a cui abbiamo cominciato ad abbonarci molti anni fa, si sono aggiunte tutte le altre. E queste hanno contribuito all’iper-abbondanza audiovisiva in cui sguazziamo oggi. Troppe emulazioni, novità e avanguardie hanno investito la nostra visione giornaliera. Ciò che in passato sembrava il traguardo massimo, adesso appare come un anonimo capolinea di non ritorno.

Bisogna sempre mostrare gratitudine nella vita quando qualcosa ha avuto valore in un tempo per questa prospero. Significa che nel pieno delle sue forze ci ha necessariamente concesso un lascito ineccepibile. Quindi, seppur di fatto oramai non nominiamo neanche più La Casa de Papel, il suo ricordo non deve essere macchiato dall’incoerenza o dall’irriconoscenza del presente. E mentre il rammarico per questa fine poco gloriosa può essere più doloroso per i fan sfegatati del suo momento d’oro, nell’oblio totale navigano oggi i rari telespettatori che hanno mollato la serie prima delle ultime stagioni.

Nel loro caso si è trattato di previdenza o mancata incisività nel ‘catturare’ il momento, quindi?

La risposta in questo caso non può che essere relativa. Dunque, imparariamo a goderci al massimo le grandi promesse quando arrivano. Visto che poi abbiamo capito come va talvolta andrà a finire. Ogni cosa a suo tempo, ci insegnano i saggi. E come abbiamo appurato attraverso La Casa de Papel, ogni secondo può valere addirittura la vita di una serie tv. Oltre che i rumors, la fama e l’influenza universale. Ma le cose più preziose sono fugaci, come la bellezza, la felicità, e alle volte pure l’amore.

E questo è uno dei significati che una tale opera, tanto intrisa di crimine e politica, ma anche economia e umanità, ci ha insegnato appassionandoci. Possiamo stare certi, infatti, che i veraci messaggi esistenziali, gli esseri umani li interiorizzano e li trasmettono ai propri simili. Quindi, se vogliamo, un barlume di eternità apparterrà per sempre a La Casa de Papel. Custodita nella memoria e nelle parole di chi l’ha seguita con cuore aperto e solenni speranze.