Attenzione: niente di quello che riportiamo nel testo che segue è successo realmente. Nessun autore né attore de La Casa de Papel è stato in qualche modo coinvolto: è solo ed esclusivamente frutto della nostra fantasia.
Cosa contraddistingue La Casa de Papel? Delle situazione inverosimili, ad esempio. Una ricerca manieristica del trash fino all’ultimo primo piano. Quel tiepido e ammaliante calor latino degno delle miglior soap opera spagnole, intervallato da scene d’azione che Fast and Furious scansati. La serie tv ideata da Álex Pina è la figlia che potrebbe nascere dall’unione di “Dom” Toretto e Francisca Montenegro durante una torrida notte d’amore. Struccata dal maquillage variopinto che la rende un cult del trash, La Casa de Papel sarebbe una serie d’azione con un piano esagerato e qualche scena piccante. La sua schiera di devoti si ridurrebbe ai soli appassionati del genere adrenalinico. Forse non staremmo nemmeno qui ancora a parlarne dopo la sua conclusione. Dopo aver fatto riscrivere il finale dell’ultima stagione a David Lynch e dopo aver passato al setaccio le scene che sembrano esser state scritte dagli sceneggiatori de Gli Occhi del Cuore, restava un ultimo e immotivato sforzo d’immaginazione da compiere. Così abbiamo deciso che a partire dalla terza parte, anziché Netflix, La Casa di Carta passasse de botto e senza senso alla concorrenza: HBO. Un network noto per delle produzioni complesse, divenute ormai dei cult, come Game of Thrones, Euphoria o Succession.
Che l’esperimento abbia inizio!
DISCLAIMER: l’articolo contiene SPOILER su La Casa de Papel. Quanto segue non è mai accaduto. È solo il frutto delirante dell’immaginazione di Hall of Series.
2019 – Madrid: primo giorno di riprese de La Casa de Papel, parte 3 e 4.
Sul set de La Casa de Papel è tutto pronto per girare la prima scena della seconda stagione, che sarà divisa in due parti. Il passaggio a Netflix è stato siglato, con tanto di assicurazione che l’essenza eccentrica sarebbe rimasta invariata. Il team creativo manca all’appello però, per il primo ciak di rito. Intanto Úrsula Corberó e Álvaro Morte litigano su quante brioche spettano agli attori, in ordine di importanza. Miguel Herrán è tappato nella sua roulotte in preda a un attacco di ansia. Pedro Alonso guarda all’orizzonte, in cerca di ispirazione mentre Enrique Arce è l’unico a essere veramente pronto poiché non è mai uscito dal suo personaggio, Arturito. Incomprensioni e attese a parte, il set è stato già allestito durante la notte: la prima scena coinvolgerà tutta la banda, che in questa nuova avventura dovrà salvare Río e rubare l’oro della Banca di Spagna.
In lontananza c’è Álex Pina che cammina nervoso, seguito dal suo team creativo. Sono ore che è al telefono. Ha ricevuto una chiamata improvvisa, che lo sta trattenendo. Il suo linguaggio del corpo parla chiaro: c’è qualcosa di spiacevole in ballo. Pare che sia in call con il grande capo. Tutto quello che la troupe riesce a sentire è un farfugliamento continuo con picchi di schiamazzi e imprecazioni.
Finalmente la chiamata termina. Pina, esausto, ha lanciato il telefono a terra. Si avvicina al resto della troupe e con aria contrita richiama l’attenzione.
Álex Pina: «Damas y caballeros, atención por favor. Parece che ci abbiano venduti. Siamo passati a HBO» dichiara trafelato l’autore, ancora rosso dalla rabbia.
I registi, Jesus Colmenar e Koldo Serra, scattano sull’attenti, come pervasi da un tremito di paura, mista a gioia: «e adesso? Che pasa?»
Álex Pina: «Pasa che… che questi vogliono cambiare tutto, ecco cosa succede» dichiara solerte l’autore.
Sul set scoppia il caos. Gli attori corrono a chiamare i propri agenti, per capire in che modo sarebbe cambiato il loro contratto. Il team creativo è sotto shock, ma i risvolti curriculari potrebbero essere positivi. Tra il marasma inquieto di attori, aiuto regista, microfonisti e assistenti, una voce più decisa sovrasta le altre:
Úrsula Corberó (Tokyo): «Che significa cambiare tutto? Finora ci ho messo alma y sangre. Sangre y alma. Se siamo sulla cresta del mondo è solo merito mio. Che significa!?» urla l’attrice sull’orlo di una crisi di pianto.
Álex Pina: «Úrsula, calmati. Non lo so neanche io. HBO ci sta per inviare le modifiche. Ma sono sicuro che andrà tutto bene. Del resto HBO produce solo serie tv di rilievo» esclama, mentre cerca di autoconvincersi.
Darko Perić (Helsinki): «io lo dico subito, eh: io sul maldito drago non ci salgo, eh!»
Pedro Alonso (Berlino): «ma che drago e drago. Al massimo ci chiederanno di aggiungere qualche scena di sesso in più».
In quel momento, l’attore che interpreta Arturito, che indossa la tutta rossa dalla fine delle riprese della parte due, interrompe la chiamata con il suo agente, alza la mano per cercare attenzione e urla:
Enrique Arce (Arturito): «Oh, badate bene che sono già d’accordo con il mio agente: per le scene di sesso prendo un 85% in più sul mio cachet».
Tre ore di attesa sono più lunghe se intorno a te tutti hanno i nervi tesi come un mazzetto di Goleador alla liquirizia.
Gli attori confabulano. I registi litigano con i direttori della fotografia e i direttori della fotografia si sfogano con il bibitaro all’angolo. Sul set de La Casa de Papel l’attesa rischia di compromettere gli equilibri psichici della troupe. Ma non quella di Alba Flores, aka Nairobi, che medita placida dall’inizio del trambusto. Finalmente, l’anelata comunicazione della HBO, quella con le modifiche, arriva tramite un emissario: un tipetto che ricorda un Agente Smith sudaticcio e più tenero, che non spiccica una virgola di spagnolo. Álex Pina balza dalla sedia e gli corre incontro, per evitare che lo faccia qualcun altro: è lui il padre, solo lui può gestire la faccenda, la sua creatura non si tocca. La troupe però è più veloce e lo trattiene, tirandolo per la camicia. Tutti insieme si scagliano contro il povero ambasciatore dell’HBO. Lo accerchiano. C’è chi gli offre un caffè, chi un massaggio rilassante. Paco Tous (Mosca) cerca di corromperlo con un queso de Murcia, un tentativo disperato per evitare la morte del suo personaggio. Pare che dopo il successo, Paco abbia comprato tutte le azioni della prima fabbrica che produceva le tute rosse. Proprio quella che subito dopo ha fatto il botto e ha dichiarato bancarotta.
L’emissario dell’HBO è scaltro e il suo aspetto da mesto burocrate, che ha indotto in errore la troupe, muta al primo accenno di polemica di Jaime Lorente (Denver). Gli spagnoli non hanno capito con chi hanno a che fare. Così il mesto burocrate, dopo essersi sgranchito il collo, individua una piccola sedia, apre la valigetta ed estrae uno script massiccio, pieno di sottolineature nere, gialle e rosse, post-it volanti e note a margine.
Mesto burocrate dell’HBO che sembra Smith: «Vi ringrazio per la calorosa accoglienza, ma abbiamo poco tempo. Vi illustrerò in maniera breve e coincisa le modifiche previste per la terza parte. Non voglio sentire una sola parola uscire dalla vostra bocca. Disciplina, focus e produttività: questo è il mantra a HBO. Dimenticate feste e pisolini pomeridiani. Questa storia delle “parti” sparisce. Ora. È ridicola. Cos’è una parte? Da oggi, quella che gireremo, sarà la seconda stagione. Punto. La seconda avrà 13 episodi da 60 minuti. Punto. La Casa de Papel non verrà più rilasciata in blocco, ma ogni settimana ne uscirà una, a partire dal mese prossimo. Tutto chiaro?».
Nessuno risponde.
Mesto burocrate dell’HBO che sembra Smith: «Ho detto: tutto chiaro?»
Jaime Lorente (Denver): «beh, no. Io da contratto posso lavorare solo due ore a settiman…» lo interrompe subito Álvaro Morte (il Professore), mentre scuote la testa con sguardo rassegnato.
Álex Pina: «ma state scherzando!? E come facciamo con le location. Senza contare che potremmo girare gli esterni alla Banca di Spagna solo fra due mesi».
Mesto burocrate dell’HBO che sembra Smith: «Problema risolto. L’HBO ha già provveduto a compare il Banco di Spagna. È bastato scambiare le royalties di Sex and the City, gli abbiamo venduto anche i diritti del revival».
Álex Pina: «Con la gorra! E come facciamo con Firenze?».
Mesto burocrate dell’HBO che sembra Smith: «Presto detto. Dimenticate Firenze, quella parte salta. Niente monasteri cistercensi e frati canterini. Ma soprattutto niente “Ti amo” di Umberto Tozzi. Vogliamo mica scherzare? Abbiamo dovuto far ricoverare d’urgenza il vostro nuovo executive producer: ha avuto un malore subito dopo aver letto la scena del matrimonio di Berlino nella quarta parte. La sua prognosi è ancora riservata.»
Pedro Alonso (Berlino): «Bien entonces! Io non giro nada de nada!».
In quel momento un cinguettio metallico rompe il silenzio. Alonso apre la notifica sullo smartphone: è un bonifico bancario dell’HBO. Alza la testa. Guarda il mesto burocrate, in senso di intesa. Poi confessa di non essere poi così tanto in disaccordo con lui.
Pedro Alonso (Berlino): «Ma sì, togliamo Firenze, esa escena fue una m****a».
Álex Pina: «ma no, ma no! Non potete tagliare il monastero. Quel flashback è un capolavoro di manierismo postmodernista, pulsioni ascetiche e ancestrali che si rincorrono sulle note di un brano potente e viscerale. Un’emozione pulsante che trascina lo spettatore nel pathos…».
Mesto burocrate dell’HBO che sembra Smith: «No, quella scena fa schifo. Dimenticate anche l’isola con Río e Tokyo. Il piano sembra incredibile perfino per il Professore. Rapinare una banca inespugnabile solo per salvare Río? Ma pensate che i nostri spettatori si bevano certe cose? Per convincerli a guardare un political drama con i draghi abbiamo dovuto lavorare per anni. L’idea della saga letteraria di The songs of ice and fire ce l’avevamo in mente sin dal dopoguerra. L’idea di creare il personaggio di George R. R. Martin, che in realtà è un droide protocollare, renderlo famoso, fingere di trasporre la saga in formato seriale e le lunghe attese… insomma un’impresa. Certo ne è valsa la pena!»
Álex Pina: «ma se il salvataggio di Río sfuma, come facciamo a motivare il piano in banca?».
Mesto burocrate dell’HBO che sembra Smith: «Oh, Dio! Ma è del mestiere questo? È chiaro: resuscitiamo Berlino. Tanto è sempre stato lui il protagonista de La Casa de Papel. Siamo stanchi dei nerd con gli occhiali, benevoli e impacciati che alla fine riescono pure a sedurre la bella di turno. Berlino deve vivere. Sarà lui il protagonista della seconda stagione. I dati parlano chiaro».
Álex Pina: «ma avete cambiato tutto? Malditos perros!»
Mesto burocrate dell’HBO che sembra Smith: «Álex, abbiamo fatto ciò che andava fatto. Ora vi leggo la trama per sommi capi. Allora, dopo la rapina alla Zecca, voi – cioè i componenti della banda – siete allo sbando. La noia, nell’accezione sartriana del termine, vi ha gettati nell’oblio, in uno stato di torpore esistenziale. E fin qui ci siamo. Ma è il Professore a risentirne di più, che senza uno scopo inizia a compiere delle atrocità indicibili, ad esempio smette di lavare i piatti. Raquel realizza dell’incredibile sciocchezza che ha fatto e lo lascia. Abbiamo già uno spin-off in mente per lei. I componenti del gruppo – quindi sempre voi – vi riunite per aiutarlo a uscire dal tunnel. Così provate a organizzare un colpo vostro. Tuttavia i vostri personaggi sono uno più improbabile dell’altro, quindi da soli riuscite a mala pena a ideare una rapina alla farmacia di turno. Così ci infiliamo pure qualche gag tragicomica. Proprio quando pensavate di non avere più idee, Berlino (che non è morto) vi rintraccia e vi raduna. Ecco, qui abbiamo pensato di rinvigorire la sua storyline per renderla più noir e decadente, ma ne parleremo più avanti. Intanto procediamo a grandi linee. Nella stagione precedente, Berlino aveva scoperto di non essere mai stato malato per davvero ed era entrato in depressione. Era l’idea dell’imminente morte a dargli quel brivido che gli permetteva di fare il matto. Per questo ha inscenato la sua morte durante la sparatoria, per poi abbandonarsi alla vita ascetica. Ma il rimpianto di vedere il Professore, suo fratello, in quello stato di depressione, lo motiva a rimettersi in gioco. E così decide di riattivare il piano che aveva concepito insieme a lui 5 anni prima: rubare l’oro della Banca di Spagna. Martín, ora capite bene, è un sostituto superfluo. Señor Rodrigo de la Serna, è licenziato, può lasciare il set»
Rodrigo de la Serna (Palermo): «Ahi, Guarro!» urla addolorato l’attore, che viene scortato via dagli agenti di sicurezza.
Mesto burocrate dell’HBO che sembra Smith: «ah, voi spagnoli! Vi scorre il fuoco nelle vene. Riprendiamo: la banda non si riunisce più in nessuna cascina o in qualche monastero toscano. Dove credete di essere, alla gita delle medie? L’espediente di rivelare il piano tra una sequela di flashback nostalgici e qualcuno di voi che canta ubriaco confonde lo spettatore e sporca la narrazione. E poi basta con questi piani sequenza che ruotano, sono davvero troppo spagnoli. Via tutto. Pulizia. Essenzialità. Per il piano, tuttavia, abbiamo ancora bisogno di Marsiglia e Bogotà, perché qualcuno dovrà pur fare il lavoro sporco. Gli attori saranno Hovik Keuchkerian, per Bogotà, mentre Luka Peroš lascerà il posto a Nikolaj Coster-Waldau, sia per la somiglianza, sia perché vogliamo attirare un pubblico più sofisticato, più british»
Sul set l’atmosfera è incandescente. La troupe ascolta in silenzio, ma la rabbia li consuma dall’interno. Tranne Pedro Alonso, che pare sereno.
Mesto burocrate dell’HBO che sembra Smith: «Procediamo con il piano del Professore come da script originale. HBO ha apprezzato moltissimo lo stratagemma del finto Plotone della I Compagnia BRIPAC dell’Esercito spagnolo. Soprattutto il momento in cui la banda s’infiltra: magnifico. Qui prevediamo però uno scontro più sofferto, con tagli netti e sincopati. Useremo droni, carrelli, dolly: tutto, senza badare a spese. Anche la pioggia di banconote e i dirigibili restano, in effetti sono molto in linea con la nostra vision. Ma diamo più spazio al popolo, alle proteste e al senso di appartenenza alla lotta. Facciamolo sentire questo caos primordiale. Nella stagione uno pareva di stare davanti al Palalottomatica per il concerto di Justin Bieber».
Le parole del burocrate continuano a rimbalzare nel silenzio. È pomeriggio inoltrato e l’attenzione inizia a calare, ma non l’insofferenza per le nuove direttive. Nessuno però osa ancora ribattere.
Mesto burocrate dell’HBO che sembra Smith: «Arrivati a questo punto della storia, la banda è dentro. Scordatevi i flashback, i dentro e i fuori. Le cassette con i segreti di Stato fanno un po’ Inside Man, ma non vi preoccupate perché abbiamo acquisito i diritti: possiamo farne ciò che vogliamo. Le operazioni per fondere le 90 tonnellate d’oro saranno dunque il fulcro della stagione. Signori, gireremo delle scene epiche. Spenderemo lì tutto il budget: pensate a una cifra? Bene, triplicatela. In compenso, spariranno i balletti con le mutande in testa, gli intrighi e tutte le scene di sesso. Troppo banali. Il personaggio di Denver subirà un drastico cambiamento per motivare la sua risata compulsiva. Durante la prima rapina, infatti, è rimasto ferito. Il danno cerebrale gli impedisce così di controllare i riflessi muscolari. Questo aggiungerà quel Je ne sais quoi pirandelliano. Nella seconda stagione, ridere sarà tutto ciò che vedremo fare a Denver: un urlo grottesco e demenziale all’ingiustizia.»
Jaime Lorente è rimasto senza parole, per la prima volta in tutta la sua vita.
Itziar Ituño (Raquel Murillo/Lisbona): «Non capisco: cosa ne sarà del mio personaggio? Avrò uno spin-off?»
Mesto burocrate dell’HBO che sembra Smith: «Ebbene l’arco narrativo tra il Professore e l’ispettrice Murillo salta. Completamente. Ci dispiace Itziar Ituño: lei è un’attrice bravissima, avrà senza dubbio una carriera brillante, forse in uno spin-off, ma non in questo progetto. Dunque è libera, può lasciare il set. Alicia Sierra, invece, resta e raddoppia. Najwa Nimri, sarà lei la regina: la Cersei Lannister de La Casa de Papel. La sua storyline sarà epica, ve lo garantisco. Questo però non ci impedirà di ucciderla davvero molto molto male. Vedremo come e quando, a tempo debito. Dimenticatevi ogni sorta di smanceria, soprattutto quelle tra Río e Tokyo che non torneranno mai più insieme. Lasciamo invariata la scena in cui un cecchino spara a Nairobi, mentre guarda il figlio dalla finestra. Alba Flores, nulla di personale. Anche lei è un’attrice eccezionale, ma di personaggi positivi, qui all’HBO, ne abbiamo pieni i cassetti»
Álex Pina: «Increíble! Il Professore perde di intensità, di senso. Un personaggio tan histórico che segue la tradicion de Don Quixote, Don Diego de la Vega y Calderón de la Barca?».
Mesto burocrate dell’HBO che sembra Smith: «Il Professore continuerà a guidare le operazioni dall’esterno. Caro Álex, cosa pensi? Cambiamo proprio l’unica cosa che sei riuscito a fare bene? Tagliamo solo il superfluo, incorporiamo la quarta parte e portiamo a casa la seconda stagione. Infiliamo tutto questo bien de dios, come dite voi, in 13 episodi. Bene, avrete notato che non ho ancora menzionato un personaggio che nella seconda stagione avrà un ruolo principale. Álex, perché hai sempre snobbato il vero protagonista della serie?!»
Álex Pina: «No entiendo, a chi si riferisce? A Río? A Nairobi?»
Mesto burocrate dell’HBO che sembra Smith: «Álex, Álex, Álex. Ma parlo di Arturo Román, ovviamente»
Enrique Arce è confuso. Sarà dunque lui il co-protagonista de La Casa de Papel? Insieme a Berlino, il suo personaggio preferito? Finalmente le sue preghiere sono state esaudite. I suoi sogni di gloria, avverati.
Mesto burocrate dell’HBO che sembra Smith: «Arturo Román! L’uomo qualunque. L’antieroe moderno per antonomasia. Il disagio. Il delirio e l’ascesa. Lui è l’archetipo identitario di un mondo corrotto e corruttibile. Il declino personificato dell’io moderno. In una parola: Arturito. »
A questo punto Alba Flores, che era rimasta imperturbabile assorta in un silenzio contemplativo, si alza spazientita e prende in mano la situazione.
Alba Flores (Nairobi): «Basta Ya! Questo tipo incravattato ha parlato abbastanza. Sai cosa? Sai cosa? Adesso viene la parte bella. Perché adesso il Banco di Spagna ce lo prendiamo per davvero, finché non ci lascerete in pace. Tenetevi i draghi. A noi La Casa de Papel piace così: una soap-opera violenta, romantica ed esagerata. Ci piacciono le canzoni di Umberto Tozzi, i canti della resistenza usati impropriamente, i monasteri cistercensi fuori mano e le trame d’amore che nemmeno Il Segreto riuscirebbe a eguagliare!»
Allora Alba raduna la troupe in fomento. Tutti, tranne Pedro Alonso, si ammassano sul camion alla volta de El Banco de España. Ma è tardi, sono affamati e decidono di fermarsi al supermercato, per prendere degli snack. È buio, in giro non c’è nessuno e convengono per un cambiamento di piano. Così la protesta si sposta all’interno di un Mercadona. El Banco de España era troppo fuori mano, sarà per la prossima volta.
Inizia l’assedio.
La troupe è dentro. Chiudono le porte dall’interno. Il supermercato è vuoto, c’è solo una commessa eccitata che chiede selfie a tutto il cast. Úrsula, Álvaro, Jaime, Paco e Miguel sono certi che aver girato una sola stagione di una serie d’azione sia il prerequisito per guidare una protesta nel mondo reale. Con loro ci sono anche i macchinisti, i microfonisti e i tecnici del suono: chi con lo smartphone, chi con delle piccole videocamere, ogni momento viene filmato. Il piano è chiaro. Non usciranno da lì finché La Casa de Papel non tornerà quella di prima, poco plausibile e trash, al grido di:
¡NO QUIERO EL TRASH, YO ESTA BASURA NO LA GIRO!
Dopo sei ore di un assedio che sembra più una scampagnata al centro commerciale – e di cui non si è accorto nessuno, salvo i presenti – spazientito, il mesto burocrate dell’HBO ha un’illuminazione. Dichiara la resa, ma a un’unica condizione. Lascerà La Casa di Carta intatta, in cambio vuole il materiale girato dentro il supermercato Mercadona, per evitare qualunque scandalo. Alba Flores, felice, non se lo fa ripetere due volte. Dopo aver consultato i compagni, escono e consegnano il girato. La richiesta non ha insospettito nessuno. Nemmeno mentre firmavano un pila di scartoffie che, ovviamente, nessuno ha pensato di leggere. L’euforia è tanta. La notte, ancora giovane. I sopravvissuti vogliono solamente infilarsi nel primo bar per festeggiare l’apparente vittoria.
Dopo una settimana, quando pensavano di aver avuto la meglio sul colosso statunitense, Álex Pina – ancora alticcio – raduna la troupe per una comunicazione funesta: HBO sta per rilasciare la prima puntata della seconda stagione! A quanto pare hanno usato il girato del supermercato. Un’operazione lampo, veloce e di successo: un taglia e cuci da maestro, le musiche di Nicholas Britell, un montaggio a effetto et voilà, La Casa de Papel firmata HBO è pronta per l’esordio in mondo visione.
La Casa de Papel – Asalto a Mercadona
La seconda stagione è un trionfo. Tutti, compreso il cast, sono esterrefatti. Un capolavoro di crudo realismo, terrore e panico ambientato in un desolato supermercato spagnolo. La ricchezza ha corrotto la banda del Professore, ormai priva di scrupoli e di ideali. Dopo un’esaltante escalation iniziale, la banda ora ha perso tutto. È ridotta a compiere dei furtarelli per sopravvivere. Finché il Professore ha un’idea. Attaccare un simbolo del consumismo. L’assalto alla catena di supermercati Mercadona è un atto arrabbiato dal retrogusto nazionalpopolare. Tredici puntate vivide e sfacciate che strizzano l’occhio ai maestri del neorealismo spagnolo. La narrazione è frenetica. Le continue riprese dal basso acuiscono la sensazione di degrado morale. Le inquadrature sono claustrofobiche, mosse e sincopate. Ogni scena è stata girata in presa diretta e sembra quasi che non ci sia un copione. La banda del Professore, braccata, si arrende al potere.
Il pubblico è in estasi e ha adorato ogni puntata. La critica osanna la nuova stagione noir ed esistenzialista. Perfino Pedro Almodóvar ha espresso commozione e gratitudine. Voci di corridoio parlano di un possibile ruolo da protagonista di Javier Bardem nella terza stagione. Le crisi di pianto di Arturito, accasciato tra i banchi della frutta andata a male, varranno al suo interprete 6 Emmy. Le testate giornalistiche sfornano una recensione magniloquente dietro l’altra.
The New York Times ha definito la nuova stagione:
Straziante e potente, la seconda stagione de La Casa de Papel traduce i battiti del paese reale spostando lo sguardo sui sopravvissuti, sugli eroi silenziosi, raccontando le loro storie con grazia e gravità.
The Guardian:
Sublime e magistrale. Le doti attoriali semplicemente spettacolari. La regia, da maestro. Il contro-campo di Berlino che dichiara di essere interessato solo a “el dinero”, straziante.
Un trionfo senza precedenti. HBO ha donato al mondo un capolavoro seriale (senza volerlo). Nessuno saprà mai la vera storia del cult che passerà alla storia come: La Casa de Papel – Asalto a Mercadona.