La casa di carta è una serie tv che nel giro di una trentina di episodi si è guadagnata un posto d’onore nel cuore di moltissimi spettatori. Grazie a una trama accattivante, un ritmo notevole, ma soprattutto a quel manipolo di antieroi che hanno realizzato il sogno del proletario medio dallo stipendio insoddisfacente.
I membri della Banda del Professore, nonché il Professore stesso (sapevate che è ispirato a un personaggio del cinema italiano?), sono sicuramente il vero motore dell’intera serie.
Ognuno di loro, per diverse peculiarità, ci ha conquistato fin da subito. Ma sicuramente il personaggio che ha diviso di più il pubblico de La casa di carta è quello di Tokyo: la mina vagante.
I motivi che dividono il pubblico sono gli stessi che la fanno amare oppure odiare.
Indubbiamente sexy, esplosiva e sfrontata, anche grazie alle conturbanti fattezze “prestatele” da Úrsula Corberó (di cui di sicuro non sapete queste cose qui), potrebbe funzionare alla perfezione se non fosse una delle pedine della cosa più interessante dell’intera serie: il piano del Professore.
A ogni stagione l’astuzia del Professore riesce sempre a lasciarci senza parole, così come Tokyo riesce sempre a farci saltare i nervi. Soprattutto quando a una certa decide che un plotone di poliziotti armati e un ergastolo non sono motivi sufficienti per farla desistere dal dare i numeri.
Impulsiva, irascibile e sconsiderata, ci rende difficile non farci sperare in un TSO di gruppo ogni volta che decide di fare la kamikaze durante uno dei delicatissimi momenti preventivati da quel genio calcolatore del Professore.
Ricordiamo sempre con affetto quel Berlino che, a differenza del suo fiducioso fratello, decise molto diplomaticamente di gestire le crisi della ragazza legandola a un tavolo scorrevole e lanciandola fuori dalla Zecca di Stato come un bob giù dalle piste del Ventasso a dicembre.
Nonostante passione e coraggio siano sicuramente ciò che più affascina di questo personaggio, sono anche ciò che ce la fanno sopportare di meno quando la vediamo mettere in pericolo l’intera Banda.
Nel machiavellico piano del Professore non c’è spazio per le mine vaganti e ciò che proprio non perdoniamo alla fascinosa Tokyo è che già in due ci hanno rimesso le penne a causa dei suoi scleri emotivi. Il fantomatico primo amore di cui racconta nel primo episodio della serie e il povero Mosca, entrambi vittime della sua impulsiva sconsideratezza.
Non ci pensa nemmeno un secondo a richiamare l’intera Banda, che si sta giustamente godendo i soldi conquistati con sangue e sudore, per riparare al bidone con conseguente arresto che ha rifilato al povero Rio.
Così come non si pone grandi freni morali nel tentare di portarsi a letto Denver (in piena rapina ovviamente, in puro Tokyo Style), nonostante quella patatona di Stoccolma sia salita al volo sul carro intitolato ripariamo l’ennesimo casino di Tokyo senza pensarci due volte.
La ragazza che vuole essere libera a tutti i costi, ma libera da cosa poi? Dall’amore per il ragazzo per cui si è quasi fatta ammazzare? Da un’isola tropicale e dalla sua parte di soldi del bottino?
Chi può dirlo, lei molla tutto e scappa a far baldoria lontana dal paradisiaco atollo su cui il povero Rio la pensa giorno e notte, ma si sa, Karma is a B***h anche con te Tokyo.
E per ironia della sorte il ragazzo da cui ha preteso libertà gliel’ha data davvero. La lascia libera, che nel caso di Tokyo suona tanto come un ti lascio a te stessa e, nemmeno a dirlo, la ragazza detona di nuovo in pieno colpo.
Possiamo solo sperare che, sapendo come si è conclusa la terza stagione de La casa di carta, gli autori decidano finalmente di far uscire la protagonista dallo stereotipo in cui è ormai rimasta intrappolata.