Dopo una grandissima attesa, la prima avvocata d’Italia è tornata! La legge di Lidia Poët torna con una seconda ed elettrizzante stagione (dal 30 ottobre su Netflix). Con la prima stagione (vi rinfresco la memoria con la nostra recensione), questa serie ha provato di avere tutte le carte in regola per essere uno dei prodotti italiani di maggior successo presenti sulla piattaforma. La serie si è portata anche a casa il premio ‘Miglior Serie Crime’ ai Nastri d’Argento. D’altro canto, tuttavia, ha diviso gli animi, tra chi l’ha amata e chi, invece, l’ha trovata inadatta. Ebbene si, quell’Ispirata ad una storia vera recitato nei titoli di testa ha creato aspettative. Specialmente a detta dei suoi discendenti, secondo i quali non sono state rispettate, anzi hanno peccato di imprecisione e genericità.
La stessa Clara Bounous, storica, studiosa e scrittrice, tra le prime a occuparsi di Lidia Poët, ha incanalato questa spaccatura di opinioni. Nella nostra intervista, Bounous ha trovato maggiori riserve non tanto sulla caratterizzazione dell’avvocata, il cui “temperamento [era] forte, deciso. Il suo anticonformismo e la sua modernità sarebbero incredibilmente validi ancora oggi“. Per l’autrice, le problematicità si riscontrano, invece, sull’accuratezza storica (o meglio, sulla sua mancanza) del background di questa figura e degli eventi a cui ha preso parte. Lidia Poët, la sua importanza e la sua influenza nella storia sociale e giuridica italiana, in pratica, avrebbero dovuto essere inserite in modo più scrupoloso.
Con abiti sgargianti, raffinati e appariscenti, la Lidia Poët di Matilda De Angelis ci riporta nella Torino di fine Ottocento ed è più militante che mai! 6 episodi, della durata compresa tra 51 e 57 minuti (rispetto ai 40-55 minuti della prima stagione!), compongono questa seconda stagione. Tornano i casi di puntata, ma troviamo anche un rinnovato focus sulla sfera personale di Lidia e una spiccata curiosità verso i suoi rapporti interpersonali.
Con la seconda stagione, La legge di Lidia Poët sembra aver accolto le critiche e ci offre alcuni indizi sul passato della prima avvocata d’Italia.
La seconda stagione parte a bomba con un approccio più solido e strutturato. Dal punto di vista storico (e sociale, del tempo), la Serie sembra essere diventata più consapevole delle aspettative degli spettatori. L’attenzione ai dettagli dell’epoca, insieme a quella per i costumi e le ambientazioni, già di altissimo livello con la prima stagione, diventa qui ancora più accurata e raffinata. La stessa irrefrenabile Lidia viene, possiamo dire, ridimensionata, rimanendo fedeli alla versione che abbiamo conosciuto e amato nella prima stagione. Sembra infatti che l’anticonformismo che caratterizza la giovane avvocata non venga tanto smussato, ma adattato a un contesto sociale che semplicemente non è quello contemporaneo. Non è più Lidia contro tutti, ma ci sono anche degli alleati, anche inaspettati.
La narrazione in La Legge di Lidia Poët prende un nuovo taglio, più fedele agli eventi in cui l’avvocata è coinvolta. Lidia non può esercitare la professione legale a causa di una legge voluta dagli uomini. Trova, quindi, un cavillo nell’Editto Albertino riguardo il diritto di voto alle donne e ora il suo obiettivo si fa più ambizioso: vuole cambiare la legge stessa. Continuando a collaborare con il fratello Enrico Poët (Pier Luigi Pasino) su nuovi casi e battaglie per i diritti delle donne, cerca di convincerlo a candidarsi in Parlamento, sperando che la sua causa trovi finalmente voce.
I casi di puntata sono tanto storici, quanto contemporanei, e sfumano una altrimenti poco approfondita Lidia Poët
Per quanto riguarda i casi legali, le vicende sono più complesse e affini a problematiche reali del periodo (e non solo). Gli episodi trattano questioni giuridiche e morali in modo più approfondito. Le trame si intrecciano a riflessioni sociali più ampie, con riferimenti alla difficoltà di Lidia nel far valere la propria voce come donna in un mondo tarato al maschile. L’impatto narrativo dei singoli casi è maggiore e meno strumentale, contribuendo all’evoluzione di Lidia come personaggio.
Sono proprio i casi di puntata che ci permettono di conoscere nuovi dettagli sulle origini, sulla formazione, sul background di Lidia Poët. I riferimenti, anche se solo accennati, ci permettono di conoscerla finalmente in maniera più accurata. Viene fatto accenno alle sue origini valdesi e alla sua formazione religiosa protestante. Si accenna alla sua tesi di laurea, Studio sulla Condizione della donna rispetto al diritto costituzionale e al diritto amministrativo nelle elezioni. Viene mostrato, quindi, proprio il preambolo della sua missione di cambiare la legge e portare il diritto di voto alle donne italiane. Conosciamo qualche dettaglio degli anni di università, dei rapporti con alcuni docenti, in particolar modo quello con Cesare Lombroso e la sua anacronistica Teoria del delinquente nato, che incontra le critiche di un’attenta Lidia.
Ad accompagnarla i suoi fedelissimi, ma anche una new entry
Il fronte personale, beh, è incasinato. Se i rapporti con il fratello sono finalmente tornati su buone acque, non è così con l’ormai ex, Jacopo Barberis (Eduardo Scarpetta). Lidia sembra infatti aver chiuso con l’amore. E Jacopo, per ripicca, le ha venduto la villa in cui vive insieme a fratello e famiglia. A rigor di logica, qui diamo ragione a Enrico, che a stento tollera la vista del cognato nelle occasioni ufficiali. Una ventata di aria fresca è data dall’arrivo del nuovo Procuratore del Re, Fourneau: un uomo delle istituzioni che, inaspettatamente, tratta Lidia come un’uguale.
Il fascino del baffo di Fourneau lascia il segno e Lidia un po’ ritorna sui suoi passi in materia di sentimenti e relazioni personali.
Lidia è qui, si, protagonista, ma in questa stagione lascia spazio anche ai personaggi secondari. Abbiamo modo di conoscerli meglio, in modo più intimo, spesso attraverso lo sguardo della giovane donna. Dal fratello Enrico alla cognata Teresa Barberis (Sara Lazzaro), fino alla nipote Marianna Poët (Sinéad Thornhill).
Sebbene, a mio parare, la maggiore durata degli episodi abbia inficiato sul ritmo narrativo, questa seconda stagione de La legge di Lidia Poët è riuscita a mantenere la firma che ha reso un successo la prima. La formula di narrazione d’epoca e modernizzazione della stessa funziona e vale la pena concederla per avere un prodotto fresco e unico, che possa soddisfare più gusti. Il giusto peso dei miglioramenti rendono questa seconda stagione una degna e avvincente continuazione e, secondo me, riesce a rispondere alle critiche mosse rispetto alla precedente, senza però stravolgerne l’essenza distintiva.