Che cos’è La Linea Verticale di Mattia Torre? Cosa significa verticalità nella vita di un uomo che si ritrova con una diagnosi spiazzante? (Possibili spoiler a seguire.)
Sorprendentemente, mamma Rai ci regala una piccola perla (e potrebbe arrivarne un’altra con Il Nome della Rosa). Piccola perché ogni episodio dura appena 20 minuti e di episodi ve ne sono solo 8. Come ben sappiamo, quando siamo di fronte a un prodotto di qualità, la quantità non conta. Fossero stati anche solo 8 episodi da 10 minuti, credo che il messaggio di Mattia Torre sarebbe venuto fuori ugualmente.
Per molti, potrebbe sembrare la realizzazione del sogno di Boris. In realtà, La Linea Verticale si presenta come una dramedy ambientato in un ospedale italiano, tra le sue luci e ombre.
Luigi, interpretato da Valerio Mastandrea, è un uomo ordinario: è sposato e in attesa del secondo figlio. La sua ordinarietà viene però travolta da una visita specialistica, fatta al solo scopo di tranquillizzarsi su un piccolo problema di salute.
Fino al momento della diagnosi, Luigi ignora che ci sia qualcosa di allarmante in sé: vive la sua vita in un ordinaria orizzontalità, trascorrendo la sua quotidianità con una responsabile pacatezza, andando avanti passo dopo passo, senza scatti improvvisi.
É la diagnosi di un tumore al rene che gli cambia la vita, lo sbalza in una nuova realtà, quella ospedaliera. Al suo arrivo in urologia, incontra il suo compagno di stanza, Ahmed, un uomo straniero anch’egli malato di cancro.
Da subito, la spiritualità di Ahmed si manifesta nell’aria, così come la vena tragicomica della Serie e le carenze della sanità italiana. Viene mostrata la scala gerarchica presente in questo ambiente: primari, dottori, dottori studenti fino ad arrivare alla base di questa piramide con gli infermieri, operatori socio sanitari e infine gli inservienti.
Anche qui sembra di intravedere una certa verticalità, da leggere dall’alto al basso con cura perché gli estremi di questa linea saranno i cardini della storia.
Il primario, il Dottore Zamaglia, viene presentato come un luminare del campo, un uomo empatico e a tratti onnipresente: più volte infatti Luigi se lo ritrova nella sua stanza, in visita per rassicurarlo; scoprirà che il Professore era stato via tutto il giorno ed era quindi impossibile che fosse stato lì. Il primario rappresenta quindi, in un certo modo, un dio del reparto, un uomo a cui rivolgersi quando le paure si fanno più forti.
All’altro estremo di questa linea abbiamo invece gli infermieri e gli O.S.S., affiancati dagli inservienti addetti al cibo e alle pulizie. Queste persone diventano parte della quotidianità dei pazienti, rappresentando elementi di conforto ma anche di sconforto.
Il cibo ospedaliero, ad esempio, viene visto all’inizio come il male assoluto, la morte della gastronomia italiana. È solo dopo l’operazione e l’esito dell’esame istologico, quindi l’arrivo di una ventata di ottimismo, che Luigi inizia ad apprezzare persino quel cibo.
Nel mezzo invece, abbiamo figure che non sempre seguono i criteri di professionalità, non sempre affiancano il paziente nelle sue paure e incertezze. Le carenze dell’ambito sanitario vengono messe ben in evidenza, questo è certo.
Tra i corridoi dell’ospedale de La Linea Verticale compaiono anche presenze sinistre che rappresentano il confine tra la vita e la morte.
Ciò che però è centrale in La Linea Verticale è il percorso spirituale di Luigi, aiutato dai suoi compagni di stanza e di reparto. É Ahmed che gli spiega il concetto di verticalità proprio successivamente all’intervento:
Devi stare in piedi, in verticale. Orizzontale ci sei stato troppo tempo.
Per un attimo, sembra che questa frase si riferisca semplicemente allo stato di degenza. Invece, poi si capisce che l’orizzontalità a cui ci si riferisce è la monotonia, la rassegnazione alla routine. La verticalità invece rappresenta una presa di consapevolezza, una ritrovata ragione.
É dopo lo spavento iniziale, lo stato di shock creato dalla diagnosi, che Luigi trova se stesso e in sé trova la forza per affrontare i cicli di chemioterapia e tutto ciò che sarà necessario per vedere suo figlio nascere, crescere e vivere.
La Serie rappresenta speranza e una generale consapevolezza nella positività ma anche nelle carenze del nostro sistema sanitario. Ma alla base di tutto, rimane la speranza, il cambio di direzione dall’orizzontale al verticale.
Le parole finali di Luigi aiutano a riflettere tantissimo:
Senza questo tumore sarei morto.
É un’affermazione fortissima e la seguente spiegazione la rafforza:
Ora ho nuovi desideri: voglio essere centrato, voglio stare in piedi, voglio vivere in asse su una linea verticale. Voglio pagare le tasse con gioia perché un ospedale pubblico mi ha salvato la vita senza chiedermi niente in cambio.
La Linea Verticale è in onda su Rai 1 ogni sabato alle 21.45 ed è disponibile in streaming su Rai Play e chi vi scrive, vi consiglia davvero di dargli 20 minuti del vostro tempo.