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La principessa Zaffiro ha una sensibilità più attuale di quanto pensava

la principessa zaffiro
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Nel 1967 arrivava sulla giapponese Fuji Television la serie tv animata Ribon no kishi (Cavaliere del nastro); che sulle reti italiane conosceremo nel 1980 come La Principessa Zaffiro. Tratta dalla serie manga di Osamu Tezuka, noto soprattutto per Astro Boy, la serie di 52 puntate (che trovate complete su questo canale) rappresenta il primo shōjo manga trasposto in versione animata, nonché uno dei primi prodotti a colori. Nonostante siano trascorsi oltre 50 anni dalla nascita, il suo ricordo è ancora vivido e rappresenta uno degli anime tra i più trasmessi e amati. La protagonista la conosciamo più o meno tutti: una principessa “vestita da maschio” che lotta contro i nemici che minacciano il regno immaginario di Silverland. Tralasciando le differenze tra la versione manga e quella animata e tra la trasposizione italiana e quella originale, la vicenda che ha conquistato migliaia di bimbi italiani è molto meno superficiale dalla sua premessa. Non solo, letta alla luce della sensibilità attuale sembra contenere in embrione delle riflessioni davvero all’avanguardia. Forse più di quanto volesse trasmettere all’epoca. Inconsapevolmente o meno, a rivederla oggi, la serie animata dalla sigla indimenticabile sembra precorrere i tempi. Non a caso Tezuka è considerato un precursore. La serie animata, infatti, pare anticipare il dibattito attuale che cerca di chiarire una volta per tutte quei concetti e quei termini che generano ancora troppa confusione. Dalla differenza tra identità di genere, orientamento sessuale e sesso biologico all’inutilità di distinguere “le cose da femmina” da “quelle da maschio”. Una storia pensata negli anni ’60 che parla di infanzia, di crescita, di emancipazione, ma soprattutto di autoaffermazione con un taglio sorprendentemente attuale.

“Come un uomo lotta e va”

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La sigla, La principessa Sapphire, dice già tutto sul protagonista della vicenda. Trasposto in animazione dalla Mushi Productions, il manga di Tezuka ci presenta uno dei personaggi femminili più coraggiosi e rivoluzionari della serialità animata. La prima puntata, in italiano, è intitolata “Il cavaliere principessa”. Un titolo inequivocabile, che letto ai giorni nostri assume tanti significati nuovi. La storia narra la vicenda di Sapphire di Silverland. Come ci viene spiegato all’inizio, il personaggio è una femmina cresciuta come un maschio. In realtà Zaffiro avrebbe dovuto nascere maschio ma, a causa di una distrazione dell’angelo Choppy, ha ricevuto un cuore di bambina. Il piccoletto è il primo personaggio che incontriamo. Ha le sembianze di un bambino indifeso e sta cercando disperatamente “una ragazza vestita da ragazzo”. Nella seconda scena incontriamo finalmente il principe Zaffiro alle prese con dei marrani. Un gruppetto di loschi individui che, per “smascherare” l’avversario, decide di “schizzargli addosso un liquido rivelatore”. Cioè una poltiglia biancastra e appiccicosa che fuoriesce dalle loro spade e che li aiuterà a capire se il principe è una principessa.

Chi è Sapphire?

La principessa zaffiro

Potremmo aprire una parentesi infinita sul senso intrinseco dell’identità di Sapphire alla luce della sensibilità attuale. Lo spettatore fa la conoscenza del protagonista nelle vesti di un principe anomalo. Siamo in un universo fiabesco, nel regno di Silverland, dove vige una legge che impedisce a una donna di ereditare il trono. Alla nascita della piccola, il re annuncia però che finalmente è arrivato un maschio, il suo legittimo successore. Il sovrano è costretto a ingannare il popolo per impedire che il trono vada a suo fratello, il Granduca Geralamon (che nel manga è il cugino del re): un uomo malvagio e capo della guardia reale.

Il protagonista della vicenda ci viene presentato come un maschio dalle sembianze androgine. Zaffiro ha i capelli corti, una voce acuta, una risata sguaiata e indossa i vestiti di “uno spadaccino”, come li definisce suo padre. Questi non sono gli abiti “pomposi” che un principe dovrebbe indossare. Eppure sono quelli che fanno sentire a proprio agio Zaffiro, come dichiara nella sala del trono: “questo abito mi piace, ci sto bene”. Il principe indossa ciò che vuole, non s’inchina e si dimostra insofferente alle rigide regole sociali che gli vengono imposte.

La bambina dunque crescerà alla luce del sole come un uomo, appunto come il principe Zaffiro e futuro re di Silverland. Il personaggio però ha tre identità diverse. La principale è ovviamente quella del figlio del re, ribelle e spadaccino. Quando indossa la parrucca bionda e degli abiti femminili, invece, se ne va in giro per il regno spacciandosi per la sorella del principe. Di notte, infine, assume l’identità segreta del Cavaliere Fantasma. Un paladino della giustizia che opera sotto copertura per combattere i soprusi. Soprattutto quelli di chi vorrebbe “smascherare il principe”; come accade proprio all’inizio della vicenda. Il gruppetto di marrani che lo aggredisce, infatti, altro non è che uno dei tanti tentativi del granduca di sottrarre il trono a suo nipote. Se riuscirà a dimostrare che il principe è in realtà una donna, la successione non sarà più legittima. In questo modo il trono passerà a suo figlio Plastic, un mocciosetto viziato e sciocco.

L’inizio di una rivoluzione culturale?

la principessa zaffiro

Il cartone animato presenta tutte le contraddizioni sociali che impediscono all’individuo di sviluppare la propria personalità senza condizionamenti. Si avvale del rigido schema educativo che contrappone i maschi alle femmine – a partire da espressioni come “cresciuta come un maschietto” o i giochi da femmina e quelli da maschio – ma pare farlo con un tono provocatorio. La regina madre, forse, ci offre una chiave di lettura a sostegno di questa tesi:

Povera piccolina mia. È a causa della legge di questo regno che Zaffiro ora è così.

I genitori di Zaffiro sono affranti. Non hanno nessuna intenzione di ingannare il popolo, tantomeno la loro bambina. Eppure sono costretti dalle circostanze a nascondere l’identità della figlia. Al momento di mostrare il nascituro a corte, la regina suggerisce sfinita di “mettere vicino al neonato un giocattolo da maschio“. Uno stratagemma che lei stessa considera ridicolo, ma che alla fine basterà a ingannare il granduca. L’antagonista, infatti, è un uomo gretto e insensibile. Rappresenta l’incarnazione dell’ignoranza, della forza bruta e dimostra quella pericolosa tendenza a prevaricare sugli altri per affermare sé stesso. Non è arguto né coraggioso anzi è arrogante e stupido, e per questo è pericoloso. Un vero e proprio bullo, insomma, come l’infido barone Nylon, Satana, Mr. X e tutti gli altri cattivi.

Un prodotto del passato, con una sensibilità più attuale di quanto sembra

anime giapponesi

Zaffiro non è “confusa” e non è nemmeno “un maschiaccio”, come spesso viene definita. Due espressioni che suonano a dir poco offensive. Zaffiro è una persona diversa da come la società le impone (in fondo non lo siamo tutti?). Per nascondere la sua identità è costretta a fingere ciò che non è perché la legge del suo regno parla chiaro. Il re è una persona buona, ma non ha coraggio e non si è mai davvero imposto per cambiare la situazione. Nella puntata 22 (quando il cartone assume un taglio e uno stile più maturo), il sovrano cercherà di cambiare la legge che impedisce alle donne di salire al trono, ma verrà rapito prima di divulgarla.

Zaffiro è consapevole di essere nata nel corpo di una ragazza. Tuttavia si considera un ragazzo per il bene collettivo. Dopo 12 anni, l’angelo, quello che la cercava all’inizio, incontra finalmente il principe nel bosco. Choppy gli rivela che “lui” è in realtà una “lei” ed è tornato per rimediare all’errore che ha commesso e trasformarlo quindi in ciò che era destinato a essere: “una dolce fanciulla”. L’angelo, anch’esso bloccato nel corpicino di un bambino, è un altro personaggio carico di implicazioni affascinanti. Mephisto, l’altro villain della vicenda, infatti ne è terrorizzato. La simbologia del cartone è complessa e alla luce della sensibilità attuale acquista delle colorazioni e delle sfumature nuove. Ma che per ovvie ragioni non possiamo analizzare in una sola volta.

Chi sono i buoni e chi sono i cattivi?

l'angelo tink

Gli antagonisti de La principessa Zaffiro hanno come obiettivo quello di smascherare il principe per sottrargli il trono. Lungi dal trovare chiavi di lettura forzate e anacronistiche, rivedendo la serie animata oggi è possibile scorgere dei significati molto più progressisti. Oltre al “liquido” e alle “nuove droghe”, i cattivi sfidano continuamente il principe a “gare di ricamo” e lo coinvolgono in altre attività considerate “da femmine” per rivelare la sua identità. Ma il principe è uno spadaccino provetto e dimostra inequivocabilmente che non esistono attività in accordo con il sesso biologico. Zaffiro è stata cresciuta per “avere la mentalità di un bambino”. “Poteva giocare solo con cose da maschio” e “le sono state negate le gioie che fioriscono nell’animo femminile”, come raccontano. Lei ama combattere, sebbene le sia stato imposto e nonostante sia una donna. Sa farlo egregiamente, proprio come un uomo, al contrario di quanto la Legge e l’opinione comune affermino.

Una trama canonica, ma dai risvolti attuali

la principessa zaffiro

La principessa Zaffiro racconta il percorso travagliato del suo protagonista verso il tanto atteso “e vissero per sempre felici e contenti”. Un percorso fatto di ostacoli, prove da superare, trappole, nemici perfidi, ma anche di tanti amici fidati. Tra cui Zelda, la figlia di Satana, che sebbene dovrebbe essere la sua nemica, si batte al fianco di Zaffiro. Tornano molti tòpoi delle fiabe occidentali, da Cappuccetto Rosso a Biancaneve, ma anche miti, leggende esotiche e tanti altri elementi magici. Eppure, rivedendola oggi, la vicenda sembra quasi raccontare un percorso di riscoperta e di accettazione di sé.

Il suono magico delle campane “risveglierà” sia Zaffiro, sia l’intera Silverland che si unirà a lei per combattere l’esercito della malefica Unione X. Durante la battaglia, il principe Franco si fa avanti, impedendo a Zaffiro di correre verso il castello. Spetta a lui il compito di proteggere la sua amata. Invece lei balsa sul suo cavallo Opale e si getta contro i nemici, travolgendolo. I giovani innamorati però capiscono che per vincere devono collaborare. Così uniscono le forze (ma non senza l’aiuto di un potere supremo benevolo) e scacceranno il perfido Mr. X che vuole dominare con la paura.

Un lieto fine tradizionale carico di messaggi progressisti

Princess Knight

Il male viene annientato. Finalmente ognuno è libero di esprimere la propria identità. La principessa Zaffiro potrà uscire allo scoperto e sposare il principe Franco, che la ama dal primo giorno che ha incontrato il principe Zaffiro. Choppy, invece, grazie al suo altruismo tornerà a essere di nuovo un angelo, con tanto di ali, come sognava. L’anime ci saluta quindi con un regno risvegliato, colorato, allegro, dove tutti sono felici e liberi. Un lieto fine abbastanza canonico, ma non privo di spunti che guardano al futuro.

La principessa Zaffiro fa da apripista all’animazione seriale giapponese

Zaffiro e la principessa di ghiaccio

Non dobbiamo a tutti i costi scovare un sottotesto attuale e progressista ne La principessa Zaffiro, né nei prodotti del passato. Eppure è innegabile che il coraggio della sua protagonista abbia ispirato migliaia di persone, spronandole a ricercare se stesse a discapito di quanto la società impone. Un anime rivoluzionario dunque, in tutto. Sia perché a fine anni Sessanta trasporre un manga in versione animata rappresentava una sfida, sia per le tematiche morali che ha saputo affrontare.

La principessa Zaffiro racconta una storia che promuove la lotta per un cambiamento continuo, che possa rendere il mondo sempre migliore. Ci ricorda l’importanza della salvaguardia e del rispetto della diversità, ma anche dell’amore, della cooperazione e della fratellanza. Ma soprattutto, la serie animata racconta una storia che evidenzia i limiti di una società patriarcale. Fatta di etichette, regole e schemi ferrei che fin troppo spesso ci imbrigliano, impedendo a ciascun individuo di affermare la propria identità ed esaltare la propria unicità.

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