A Napoli, una città dai mille colori
Pino Daniele raccontava di una Napoli dai mille colori, una città infusa nel mare che li trascinava a sfociare dentro un unico e coeso Azzurro, un Azzurro vivo. Napoli è così: Sfumature diverse, gradazioni mai neutrali. In alto c’è Posillipo. Posillipo mi sembra un luogo custodito da un tempo geloso di tanta bellezza e provvidenza, un posto quasi refrattario, cristallizzato come una cartolina densa di rimandi e ricordi. Poi c’è la Napoli brulicante dei quartieri. Quella in cui c’è sempre rumore, un frastuono che non disturba ma che esalta l’essenza stessa della città. Rumori e silenzi. Due angoli della stessa città che sembrano figli di due mondi diversi: il fuoco e l’acqua. Spesso, camminando per Napoli, mi fermo a guardare il mare, lo ascolto come fosse una preghiera e poi mi infilo nella periferia per bruciare di vita. Acqua e fuoco.
La Vita Bugiarda Degli Adulti mischia queste differenze presentandoci due volti della stessa maschera, quella della città partenopea. Il racconto di Giovanna passa attraverso Posillipo, un luogo mai caotico da cinepresa, per poi sfociare nella periferia, quel caos perenne ma stabile dove Zia Vittoria è la padrona di casa. Nella dimora vecchia e tradizionale della zia, Giovanna conosce una Napoli diversa da quella borghese, un piccolo angolo dove tutto freme e arde di speranza. In questo contesto, lontano dal nido familiare, Giovanna si sente libera come se proprio quel nido l’avesse incatenata. Un nido in cui il dialogo con i genitori veniva spesso macchiato da bugie e incongruenze caratteriali, persino epocali. In questo continuo ribaltamento di fronte, la serie compie un’operazione magistrale, trattando la complessità dei conflitti generazionali con fedeltà e coerenza rispetto a quanto aveva scritto Elena Ferrante nel romanzo da cui è tratta la serie.
La Vita Bugiarda Degli Adulti e le differenze generazionali
Genitori e Figli sembrano come le due facce della stessa città. I figli sono come i quartieri, pronti ad esplodere, a far sentire la forza della propria voce, a rincorrere la libertà di essere come si vuole essere e non come si deve. Nella Vita Bugiarda Degli Adulti i ragazzi vogliono ruggire e scavalcare le responsabilità per plasmare il mondo senza il consenso degli adulti. Quest’ultimi, che assomigliano tanto alla Posillipo immobile e sicura di sé, hanno idee e posizioni che non sempre sono in linea con ciò che vogliono o sperano i propri pargoli. Sono due mondi lontani che si inseguono a vicenda ma che hanno pochi punti in comune per via degli anni che, chiaramente, cambiano pensieri e regole. Nemmeno le bugie riescono a cucire il dissidio che, inevitabilmente, si apre tra due spaccati diversi.
La Vita Bugiarda Degli Adulti mette a nudo le fragilità dell’uomo riconoscendo, in esse, la purezza d’animo. Se nell’arco della narrazione le ideologie politiche e le condizioni sociali hanno delineato in maniera netta due segmenti atipici, le debolezze, appartenenti a tutti, annullano ogni tipo di differenza. Attraverso gli sguardi persi dei protagonisti e le paure di fronte ad esigenze e sentimenti, Elena Ferrante ha raccontato, con Giovanna, il caos che regna in ogni essere umano. Un caos che passa attraverso una fotografia brillante, capace di restituire la tensione emotiva dei personaggi. Ci sono mani che si sfiorano, baci dati dai muretti delle piazze e occhi che sembrano i fari di una Napoli bella e travolgente. A queste immagini mai sfocate si susseguono, tra tutte, le melodie di Enzo Avitabile, un timbro che fa vibrare la scena come tamburi all’orizzonte.
Attrici travolgenti
Uno spaccato di Napoli che si fa strada anche grazie all’interpretazione sublime delle attrici, su tutti Giordana Marengo (Giovanna) e Valeria Golino (Zia Vittoria). Il rapporto tra le due donne nasce come se fossimo dinanzi all’Ercole che vuole scoprire l’ignoto. È questo che rappresentava Zia Vittoria per Giovanna: l’ignoto. L’ignoto fa paura ma allo stesso incuriosisce-è un mondo che nasconde segreti per cui siamo stati, per troppo tempo, tenuti alla larga. Il battesimo di Giovanna nasce, non a caso, in quella periferia frizzante dove l’ego prende le misure del suo posto nel mondo. Qui si impara a scivolare e bisogna continuare a scivolare per tutta la vita per sentirsi esistenti. Qui, a contatto con la zia, Giovanna impara a guardarsi attorno, a spiare sempre dietro l’oblò, a non fidarsi di nessuno. Nemmeno degli adulti. Perché quando siamo piccoli ogni cosa ci sembra grande ma quando siamo grandi ogni cosa ci sembra piccola.
Nella serie, alla borghesia piena di dettami ideologici si contrappone l’umanità dolente della periferia, dove i balconi colmi di panni stesi sostituiscono le terrazze vista mare. Un mare senza onde ma pieno di sogni e desideri: un angolo dove si preferisce chiedere aiuto a Dio piuttosto che a partiti e uomini di potere. La Vita Bugiarda Degli Adulti mi ha restituito una fotografia coerente di Napoli, una città in cui perdo spesso il senso dell’orientamento, anche se la frequento spesso. Come mai? Perché come disse Pino Daniele, Napoli è mille colori e mille culture. Napoli non ha bisogno di bussole perché anche queste si perdono sperando di trovare casa.
Fui preso dalla luce che irraggiava dal mare e dallo splendore del giardino: quanta Napoli si vedeva, quanto cielo, quanto Vesuvio