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Storia del nuovo cognome, fil rouge tra amore e violenza

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Storia del nuovo cognome, secondo capitolo della serie italo-statunitense L’amica geniale, ci parla di un sottile e inspiegabile intreccio tra due concetti: Eros e Thanatos.

Dice Freud nel suo libro Disagio della civiltà (1929) che la felicità è lo scopo ultimo di ogni essere umano. Tuttavia, questo locus amoenus è messo a dura prova da regole e imposizioni incongruenti di una società in cui l’individuo fa fatica a riconoscersi. L’odio che nasce dall’amore è uno tra i più violenti e più pericolosi. Anche se questa riflessione è di tragica ovvietà, il ragionamento lascia spazio a tantissimi approfondimenti e chiavi di lettura della serie diretta da Saverio Costanzo, affiancato da Alba Rohrwacher.

Lila restò quasi sempre in piedi, star seduta le faceva male. Nessuno, nemmeno sua madre che se ne stette zitta tutto il tempo, sembrò accorgersi che aveva l’occhio destro gonfio e nero, il labbro inferiore spaccato, lividi sulle braccia.

Se nella prima stagione de L’amica geniale lo script era incentrato sulla costruzione di queste protagoniste antitetiche tra loro: il carattere timido e risoluto di Lenù (Elena Greco, interpretata da Margherita Mazzucco), il più ribelle e inquieto di Lila (Lila Cerullo, nel volto di Gaia Girace), in Storia del nuovo cognome (qui trovate la recensione della serie) è il fondale sociale in cui gravitano questi due personaggi ad essere esaminato chirurgicamente, con un lessico tagliente e spietato. Saverio Costanzo non ci regala un prodotto seriale per ‘stanchi telespettatori rientrati da una giornata di lavoro’, ma una lucida rappresentazione della condizione femminile in Italia negli anni ’60. A centrare il segno è l’abilità del regista – del tutto invidiabile – di riunire sul ‘divano di casa’ tre generazioni di donne: mamme, nonne e figlie. Non del tutto confortante, però, scoprire che dietro le rassicuranti mura domestiche si consumavano tra le più atroci delle violenze.

Eppure qualcuno doveva parlarne.

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Perché la violenza domestica detiene il record dei femminicidi in Italia? Perché l’amore diventa violenza?

Districare questi due concetti è decisamente difficile, ma non impossibile. L’Amica Geniale parla della violenza domestica (ad esempio potremmo prendere le percosse recidive attuate da Stefano ai danni di Lila) rendendo impossibile parlare di una sola vittima. Certo, è evidente: una vittima ‘fisica’ c’è e deve avere sempre e comunque la massima centralità in ogni riflessione sul tema, ma ce n’è anche un’altra silenziosa e inosservata. Una vittima delle imposizioni della società (dicevamo prima citando Freud). Stefano è una vittima del suo rione (e della società patriarcale in generale). Gli scatti d’ira di Stefano sono la conseguenza di un incasellamento forzato costruito sulla base una virilità pubblica (tossica) dell’uomo-marito-padre che mal si concilia con una libertà sociale femminile.

Se Lila è ribelle e non rimane incinta, la colpa è del marito che non l’ha saputa educare o ‘addrizzare’ (per citare la Ferrante). Stefano, come tutti gli uomini della serie in generale, porta il peso di un incarico impossibile da svolgere: il controllo del corpo femminile. Si distrugge per conservare, si violenta per conformarsi alla massa. Non è un caso, dicevamo, che a uccidere, violentare e cercare di sottomettere sono padri, mariti e amanti: ricolmi della paura di affrontare una fragilità maschile insospettata nel timore costante di perdere il possesso di un ‘oggetto’ storicamente affidato alla loro cura. Ne è un esempio il cambio di cognome di Lila, che da Cerullo diviene Carracci. Dopo il matrimonio Lila perde la sua identità diventando automaticamente la Sig.ra Carracci, moglie di Stefano Carracci.

Una proprietà del marito, dunque, e quindi una sua responsabilità.

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Lila rappresenta una donna ribelle, intelligente, creativa, in contrasto con tutte le aspettative e i requisiti che una moglie deve possedere. Da qui lo scontro, molto spesso violento, con il marito (e con tutta la sua famiglia). Ecco perché Stefano è essenzialmente carnefice e vittima della società patriarcale e, a questo proposito, è incalzante un episodio della serie: Stefano prova a parlare con la migliore amica di Lila, che noi sappiamo essere Lenù, per cercare di convincerla ad addolcire i modi della moglie. Riporto in articolo un pezzo del libro (a parlare è Stefano a Lenù): 

Sono stato costretto a batterla, non doveva andare dai Solara vestita a quel modo. Ha una forza dentro che non riesco a piegare. Una forza cattiva che rende inutili le buone maniere tutto. Un veleno. I parenti, gli amici, i clienti mi chiedono con la risatella in faccia: ci sono novità? E io cosa devo rispondere?

In queste parole troviamo il grido di un mondo maschile messo sotto pressione da anni e anni di stratificazioni sociali patriarcali altamente tossiche che non hanno fatto altro che creare una fragilità e una incomunicabilità con l’altro sesso difficile da gestire e da tamponare.

A L’amica genialeStoria del nuovo cognome il merito di aver messo in luce un aspetto a volte trascurato della violenza domestica, a Elena Ferrante, in primis, per aver avuto il coraggio di parlarne e a Saverio  Costanzo, in secundis, per averlo reso con la macchina da presa.

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