Si è conclusa nei giorni scorsi la quarta e ultima stagione de L’Amica Geniale. La serie tv, ideata da Saverio Costanzo, è un adattamento dell’omonimo ciclo di romanzi di Elena Ferrante: il primo, in particolare, è stato eletto dal New York Times come “miglior libro del XXI secolo”. Alla fine dei conti, è stato un successo straordinario: L’Amica Geniale, co-distribuita da Rai ed HBO, ha avuto riscontri importantissimi da parte della critica mondiale. La fresca candidatura ai prossimi Critics’ Choice Awards, arrivata nella categoria dedicata alla “miglior serie tv non in lingua inglese”, ha certificato la bontà globale del progetto.
Qualcuno, tuttavia, ha avanzato delle critiche più o meno accese a L’Amica Geniale.
C’è chi, per esempio, ha imputato alla serie tv un presunto passaggio dalle chiavi neorealiste di Costanzo, regista delle prime due stagioni, al “melodramma” di Laura Bispuri, regista dell’ultima (la terza, invece, era stata diretta da Daniele Luchetti). Qualcun altro, invece, ha evidenziato la presunta natura didascalica della voce narrante: ingombrante, secondo alcuni. C’è poi la questione del triplo recast, reso necessario dalla crescita anagrafica dei vari personaggi de L’Amica Geniale. Non tutti hanno apprezzato, in particolare, l’invecchiamento dei personaggi nell’ultima stagione, considerato eccessivo e stonante rispetto all’età effettiva di Nino Sarratore (Fabrizio Gifuni) e di vari altri.
Noi, dal canto nostro, non abbiamo mai sostenuto nessuna di queste critiche: ognuno dei passaggi contestati rispondeva a logiche imprescindibili. Le nostre recensioni de L’Amica Geniale (disponibile su Raiplay) hanno concentrato l’attenzione sulla cura meticolosa dei dettagli sul piano narrativo ed espressivo, e sulla straordinaria riuscita di un adattamento che presentava innumerevoli complessità. Solo nell’ultima, pubblicata lo scorso 10 dicembre, abbiamo evocato un elemento di critica effettivo: la scelta di chiudere la stagione conclusiva de L’Amica Geniale con “soli” dieci episodi ha portato a eccessivi tagli delle ultime sezioni di Storia della bambina perduta, sacrificando così diversi elementi che avrebbero meritato la massima centralità nelle puntate finali.
Una piccola macchia, se contestualizzata su un piano globale. L’Amica Geniale è e resta una delle migliori serie tv italiane di tutti i tempi, nonché una delle serie tv europee più ambiziose dell’ultimo decennio.
Non è un caso, allora, che il New York Times, quotidiano che ha inserito L’Amica Geniale tra le migliori serie tv del 2024, sia arrivato a non spiegarsi perché l’opera non abbia avuto la diffusione capillare che avrebbe meritato anche negli Stati Uniti. Merito di una produzione che aveva puntato in alto fin dall’inizio e merito, diciamolo, anche della Rai: la co-distribuzione con la HBO ha dato un respiro internazionale fondamentale a una serie tv monumentale sul piano tecnico, narrativo ed espressivo. Arriviamo, allora, a una domanda chiave: dove si va, da qui? Ora che L’Amica Geniale è finita, la Rai saprà trarne gli elementi più positivi per costituire una vera e propria eredità da trasmettere nei prossimi anni? In poche parole: cosa resterà de L’Amica Geniale, nella Rai del futuro? Tantissimo, speriamo. E non è solo una questione di opportunità: si tratta di un motivo di sopravvivenza.
L’avevamo già evidenziato un anno a fa, a proposito delle evoluzioni interessanti di Raiplay: la Rai del futuro passa attraverso una strada alternativa rispetto a quella perseguita finora. Una strada, quella portata avanti, comunque fruttifera. Le fiction della tv di Stato, al di là delle critiche, funzionano bene sul piano dei numeri, e mostrano quanto la tv lineare abbiano bisogno di Don Matteo ancora più di quanto necessiti di prodotti dagli standard qualitativi più elevati. Non è un caso, allora, che una serie tv del calibro de L’Amica Geniale abbia portato a casa col series finale meno di quanto faccia Don Matteo con un appuntamento qualunque.
Questione di target, dirà qualcuno. Il pubblico della serie tv di Costanzo è profondamento diverso da quello della fiction più generalista attualmente in circolazione, e va benissimo così. Don Matteo non costa troppo e rende molto di più. Viva Don Matteo, allora.
Ma allora perché abbiamo intitolato il pezzo come l’abbiamo intitolato? Perché la fotografia attuale non sarà più valida tra alcuni anni. Quello che funziona oggi non funzionerà domani. Tutto ha una data di scadenza, persino Don Matteo. Il pubblico, d’altronde, è cambiato radicalmente negli ultimi tempi. Gli standard qualitativi imposti da network come Sky, nonché l’ingresso in scena delle principali piattaforme di streaming, stanno portando al consolidamento di una mentalità diversa anche in un Paese conservatore, tradizionalista e abitudinario come il nostro.
Oltretutto, la tv lineare non è un mezzo utilizzato dagli under 25 se non per casi specifici, mentre gli under 40 la guardano sempre meno e arriveranno presto ad affidarsi totalmente all’on demand. L’offerta, di conseguenza, dovrà rispondere a logiche diverse. Tuttavia, non fino in fondo: come sta mostrando in particolare il percorso italiano di Netflix negli ultimi anni, anche il mondo dello streaming sembra avere una vocazione generalista crescente che guarda alla tv del passato con un interesse imprevedibile fino a poco tempo prima. E quindi ce lo domandiamo ancora: quanto dovrà sopravvivere de L’Amica Geniale nella Rai del futuro?
Beh, sarà fondamentale trovare un equilibrio. Con un rilancio, proiettato verso l’alto.
La Rai del futuro dovrà preservare la vocazione generalista ma dovrà farlo con modalità differenti, puntando sempre più su quelli che potremmo definire i “cheeseburger gourmet”. L’espressione, presa in prestito da un articolo del New Yorker dedicato all’evoluzione dei prodotti Netflix, evoca lo scenario di un prodotto di massa (il cheeserburger) con standard di qualità d’alto profilo (gourmet). Per l’appunto, è quello che sta facendo l’azienda di Los Gatos con svariati titoli, e che dovrà fare sempre più pure la Rai.
Il percorso, in parte, è già avviato. Parliamo, per esempio, di Coliandro, Rocco Schiavone o Il Cacciatore, se possibile più proiettate sul “gourmet” che sul “cheeseburger”. Ma anche di Blanca, capace di combinare perfettamente le due anime: non punta all’idea di capolavoro, ma attira le masse con ambizioni produttive diverse rispetto a un titolo come Don Matteo. Cheeseburger gourmet, per l’appunto. Ma basterà per preservare la competitività della Rai sul piano nazionale? No, non può.
E allora, ecco l’esempio de L’Amica Geniale: una serie tv straordinaria, ideale anche (se non soprattutto) per il pubblico più allergico alla tv generalista. Una serie tv d’autore, in sostanza. Destinata sì al pubblico nazionale, ma anche a quello internazionale. Un prodotto gourmet da ogni punto di vista, finora inedito (o quasi) per la Rai. Potremmo citare in tal senso anche Esterno Notte, capolavoro di Marco Bellocchio incentrato sul caso del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro: andò benissimo, e meno male.
Alcune altre operazioni simili, portate avanti in precedenza, non avevano ottenuto gli stessi risultati.
Per dire, serie tv come I Medici e Il Nome della Rosa si erano presentate con ambizioni di quel tipo e col supporto di importanti co-produzioni internazionali, ma a posteriori è semplice evidenziare le differenze tra i prodotti menzionati e una serie tv come L’Amica Geniale: gli standard, al di là degli sforzi, sono altri.
La Rai, quindi, dovrà dimostrare di poter superare i suoi tabù, essere più dinamica di quanto sia stata finora e assecondare l’incalzare dei tempi senza perdere la propria identità. Essere altro, rispetto a oggi. Ed essere altrove. Ripartire da un’evoluzione del mondo generalista, ma anche scommettere maggiormente sull’autorialità per attrarre i target più distanti. Quella vera che rimane pure a distanza di anni. E che avrebbe tutto per attirare l’attenzione di un pubblico che nel futuro prossimo avrà necessità differenti. Si può fare? L’Amica Geniale l’ha dimostrato ampiamente da ogni punto di vista, e il pubblico ha risposto presente con entusiasmo. Si vorrà fare? Staremo a vedere.
Antonio Casu