Per gli amanti delle serie tv crime, guardare Law and Order: Special Victims Unit è come respirare. Non è che ti vedi con una persona e dici “Ah, lo sai? Io respiro!”, e quella ti risponde “Ma guarda, che combinazione, anche io!”. È assolutamente scontato conoscerlo, averne visto almeno una puntata delle 400 e passa finora trasmesse (e che lo rendono uno degli show più longevi mai creati) e probabilmente essersi innamorati di questa serie che in un modo o nell’altro, è un sottovalutatissimo pilastro della serialità.
Perché c’è un problema: di Law and Order: Special Victims Unit si parla troppo, troppo poco rispetto a quanto vale ed è ora di tributarle i giusti meriti, oltre a una passione del pubblico in tutto il mondo di cui la serie è stata assolutamente degna.
Vediamo quindi insieme i 10 motivi per cui è giusto e doveroso amare Law and Order: Special Victims Unit.
1) È sempre stata una serie “avanti”
Tutti i fan di Law and Order: Special Victims Unit avranno fatto fatica a trattenere un sorriso quando hanno sentito gli sceneggiatori delle serie odierne dichiarare a gran voce che avrebbero orientato i loro show in maniera tale da inglobare argomenti come il #METOO e il #BlackLivesMatter. Perché questo la serie lo fa da sempre. Argomenti come la violenza della polizia contro le minoranze o i più deboli oppure il ruolo subalterno della donna nella società dello spettacolo o nei mondi di uomini ricchi e potenti sono stati il pane quotidiano di Olivia Benson e di tutta la squadra fin dall’inizio.
E questi argomenti sono trattati in tutte le loro versioni e visioni, anche perché, probabilmente tratto unico in serie del genere, l’Unità Vittime Speciali (e la squadra dei procuratori con cui l’unità si interfaccia) è stata capace di inserire e amalgamare al suo interno la massima parte delle etnie presenti sul suolo americano: indiani, sino-americani, afro-americani, immigrati italiani, cubani, e via dicendo. L’ultima arrivata? Katriona “Kat” Tamino, dell’infuocato Libano, oggi territorio alla ribalta. Law and Order: Special Victims Unit è una serie meravigliosamente inclusiva e fa di questa pluralità una grande ricchezza.
2) L’intro e il “dun – dun”
Nel sistema giudiziario statunitense, i reati a sfondo sessuale sono considerati particolarmente esecrabili. A New York opera l’Unità Vittime Speciali, una squadra di detective specializzati che indagano su questi crimini perversi. Ecco le loro storie. Dun Dun!
E già potremmo chiudere qui. Per gli amanti di Law and Order Special Victims Unit questo è un mantra da ripetere a memoria appena parte anche solo la prima sillaba. Ci limiteremo quindi solo a due piccole considerazioni.
La prima: considerato dal New York Times il suono più iconico della storia della televisione, quel “dun dun” (presente in tutto il franchise di Law and Order) riassume perfettamente le due anime della serie. Indica infatti sia il giudice che batte due volte col suo martelletto per richiamare all’ordine i presenti sia la cella della prigione che si chiude a doppia mandata.
La seconda invece è legata alla versione italiana. Ma avete riconosciuto la voce che ci introduce a ogni puntata? Si tratta del mitico Luca Ward! Capito perché ci innamoriamo fin dal primo istante?
3) Ha saputo superare il suo momento più difficile
Era la prova del nove, e l’ha superata brillantemente. Episodio 13×01, Terra Bruciata, con un gigantesco Franco Nero (“Fatti maschi, parole femmine”). Alla fine del caso, Don chiama Olivia e le comunica le dimissioni di Elliot Stabler. Sarà il primo di una serie di addii dei personaggi e degli attori che nei fatti erano durati per 12 stagioni di fila. Ricambio generazionale, forse l’unico modo per non rischiare di chiudere la serie. Mariska Hargitay con una recitazione pazzesca in due minuti ci mostra l’evoluzione di Olivia Benson nelle successive stagioni. Incassare i colpi, piangere di nascosto, ma sul lavoro non fermarsi mai, non mostrare la minima crepa, o almeno non ancora.
Con l’addio di Elliot, Olivia (Liv, per tutti i fan) riparte daccapo, da una nuova base su cui costruire la donna del futuro, che non sarà più legata solo al suo lavoro ma lascerà spazio anche alla sua vita privata. Insieme all’enorme lavoro di tutta la squadra, Law and Order: Special Victims Unit cresce e cambia, senza perdere però la sua essenza, di cui parleremo al prossimo punto.
4) Il lavoro prima di tutto
Cosa rende Law and Order: Special Victims Unit diversa dai suoi simili? Il margine estremamente labile, soprattutto nelle prime stagioni, lasciato alle vite private dei protagonisti. O, per meglio dire, il fatto che le vite private compaiano solo per dare una nuova visione del caso (prendete il personaggio di Finn, esponente della comunità afroamericana e con un figlio gay, che non di rado ha spazio in casi che coinvolgono le due minoranze). Gran parte delle serie tv crime da un caso a puntata di quegli anni faceva esattamente l’opposto, inquadrando i casi come un intermezzo nelle vite private dei protagonisti. Un esempio su tutti: Rizzoli & Isles, in cui spesso nelle vite della detective e del medico legale appaiono delle domande che la risoluzione del crimine servirà solo a sciogliere.
L’unità vittime speciali, invece, spesso la vita privata non sa neanche cos’è e noi spettatori certe cose le veniamo a scoprire solo per caso, tramite immagini isolate, tipo la relazione tra Nick e Amanda.
Scelta assai furba di Dick Wolf: le vite private in scena sono quelle dei protagonisti dei casi. Aggiungere le vicende personali della squadra avrebbe reso tutto questo solo molto più pesante, anche perché c’è una regola non scritta della serie che è molto importante…
5) Il doppio caso
C’è una regola non scritta, dicevamo, in Law and Order: Special Victims Unit ma che viene rispettata quasi sempre: fine della puntata, fine del caso.
E no, non è affatto banale: molti casi potrebbero stare in un film di 2 ore senza risultare noiosi.
Le indagini che durano più di una puntata spesso sono dei (meravigliosi) crossover o incideranno sul prosieguo di serie (il caso che porta all’inizio dell’addio del granitico e amatissimo Donald Cragen dura ben quattro puntate, suddivise in due stagioni: una calcolatissima follia che all’epoca fu molto discussa in rete).
Per questo la tensione aumenta quando gli sceneggiatori scelgono di usare la tecnica del doppio caso, cioè farci credere per metà puntata che il caso sia uno salvo poi farci scoprire, a 20 minuti dalla fine, che il vero “problema” di puntata è un altro. E in 20 minuti si dovrà trovare una soluzione!
Esempio perfetto è la 13×10, che inizia con una ragazza ingannata e costretta a prostituirsi ma diventa la scoperta di un mondo molto poco conosciuto: le ridotte capacità di intendere e di volere dovute a lesioni al cervello di ex atleti che hanno praticato per anni sport dai contatti molto violenti. La guest star (un Treat Williams letteralmente da applausi) riesce in 20 minuti a rendere l’inesorabile caduta – del resto il titolo originale della puntata è Spiraling down – di una ex stella del football americano, fino a un epilogo indimenticabile.
6) L’uso delle guest star
Oltre 400 puntate significano una montagna di guest star tra vittime, colpevoli, sospettati e tutto il mondo che può girare intorno ai crimini sessuali. Grazie a Tv Guide inoltre sappiamo che entrare a far parte di Law and Order: Special Victims Unit è per gli attori di New York una medaglia al merito, una cosa di cui vantarsi con i colleghi. In effetti nella serie sono passati dei mostri sacri della recitazione e passano ancora oggi. Basta pensare a Wallace Shawn e Judd Hirsch che rendono la 20×10 una delle puntate migliori di sempre.
Menzione a parte meritano le guest star che da vittime/assassini di una puntata cambiano personaggio e diventano addirittura protagonisti. Uno su tutti? Peter Scanavino, che dal presunto assassino Johnny Dubcek nella 14×13 diventa il detective di origini italiane Dominick Carisi, da diverse stagioni punto fermo dell’unità.
Tra l’altro, nella scelta delle guest star c’è un’attenzione molto particolare, una specie di criterio che penso possa essere racchiuso così:
Prendi un famoso attore, prendi il suo ruolo più iconico e creagli attorno un personaggio che ne sia l’esatto opposto.
Gli esempi possono essere tantissimi, e ogni attore è capace di fornire una grandissima prova, tale da far brillare l’intero episodio. Qui ve ne citiamo giusto un paio:
Eric McCormack: insomma il Will di Will & Grace, tenero, pacioso, coccolone, sarcastico, premuroso. Bene, diventa il sorridente ma spietato gestore di un’azienda che procura belle ragazze a uomini anziani (episodio 11×02).
Angela Lansbury: insomma, La Signora in Giallo, la conosciamo tutti: sorridente, solare, una persona di cui fidarsi. Ebbene, diventa Eleanor Duvall, ereditiera tanto ricca quanto tetra ed enigmatica (episodio 6×20).
Potremmo andare avanti davvero all’infinito, ma vi lasciamo con un episodio “da recuperare” assolutamente. Law and Order: Special Victims Unit 9×17, il personaggio è un geniale ingegnere elettronico, Merritt Rook, capace di fagocitare l’intera puntata e tirare letteralmente per scemi tutta la squadra e tutti gli spettatori dall’inizio alla fine.
Lui è una delle guest star più grandi che Law and Order: Special Victims Unit abbia mai avuto. Lui è un gigantesco Robin Williams.
7) La gestione delle trame
Law and Order vuol dire essenzialmente due cose: “legge” (e quindi la parte processuale) e “forze dell’ordine” (quindi la parte investigativa).
Ebbene Law and Order: Special Victims Unit è lo spin-off che meglio riesce a rendere la compenetrazione di queste due anime. Che è ciò che i fan amano follemente.
La capacità di modificare in ogni puntata le proporzioni dell’uno e dell’altro ingrediente (col contorno – soprattutto nelle ultime stagioni – di un pezzetto delle vicende personali dell’unità) ha permesso la creazione di oltre 400 episodi in un meccanismo che potrebbe far durare la serie ancora per tantissimo tempo.
I rapporti tra le due squadre (l’unità vittime speciali e i procuratori), la possibilità che un caso arrivi in tribunale ma poi nel tribunale nasca addirittura un nuovo crimine dal comportamento di un giudice corrotto o compiacente, la meraviglia delle arringhe, soprattutto da parte della difesa, la preparazione dei testimoni, sono parte fondamentale del successo della serie e ricordano come un colpevole possa diventare innocente (o viceversa) grazie solo a una parola giusta.
8) Ti permette di conoscere gli Stati Uniti come nessun altro show
Non solo, come si può scoprire da Pinterest, non c’è un punto di New York che non sia coperto dalle esterne di Law and Order: Special Victims Unit, ma attraverso la serie scopriamo tutti gli Stati Uniti (e anche oltre) in una chiave assolutamente inedita: nel modo in cui trattano le vittime.
Aborto, estradizione, matrimonio, età del consenso sessuale, funzionamento delle varie forze dell’ordine autonome per ogni città: troppo spesso dimentichiamo che il federalismo degli USA porta i diversi Stati al loro interno a essere divisi anche, banalmente, sui diritti delle persone. E più di una volta la squadra è costretta ad andare in trasferta per risolvere un caso o liberare un innocente. Spesso è proprio questa diversità, con tutte le discrepanze che comporta, a essere al centro del caso di puntata.
Non solo: scopriamo New York anche attraverso le parole dei protagonisti. Una città difficile, criticata, dura, tanto scintillante in alcuni punti quanto oscura in altri. Entriamo in case da milioni di dollari e in appartamenti con topi quasi più grandi delle persone che ci abitano e impariamo quanto poco basti (semplicemente nascere a pochi km di distanza l’uno dall’altro) per segnare un destino.
Decisamente, per conoscere la carne degli Stati Uniti, uno dei modi migliori è vedere Law and Order: Special Victims Unit.
9) Olivia ed Elliot
Per longevità, intensità ed efficacia del rapporto, la coppia Olivia Benson – Elliot Stabler è una delle migliori mai esistite in tutta la storia delle serie tv crime. Entrambi ci mostrano davvero cosa vuol dire la parola “complicità” senza mai trasformarla in amore. Figli di due privati molto particolari, che scopriremo solo nel corso delle stagioni, imparano ad essere una cosa sola senza mai fondersi l’uno nell’altra. Il loro segreto? Si amano, non come persone ma come colleghi che amano la stessa cosa: portare avanti al meglio il loro lavoro, proteggendo le vittime di stupro.
Del resto, c’è una leggenda che aleggia sulla nascita di Law and Order: Special Victims Unit. Si narra che Dick Wolf si sia occupato personalmente del casting per la squadra e che, non appena vista l’interazione sulla scena tra Cristopher Meloni e Mariska Hargitay, abbia fermato le ricerche: “Sono loro, sono perfetti!”, avrebbe esclamato.
Il tempo ha premiato questa scelta: la chimica tra i due attori è ancora oggi strepitosa, visto che sono rimasti grandissimi amici, supportano l’uno le cause dell’altra e, dulcis in fundo, sono tornati anche a recitare insieme.
E insieme, per più di 10 stagioni, hanno dato vita e una delle coppie più iconiche che siano mai state viste su uno schermo. Punto forte e punto debole insieme, pronti a tutto per salvarsi e per salvare chi si affida a loro, senza mai un accenno di qualcosa in più. Perfino la moglie di Elliot non è gelosa di Olivia. Anzi, prende addirittura in giro bonariamente il loro rapporto.
Stabler e Benson ci hanno regalato insieme scene memorabili, e non sono mancate le volte, come nella 10×22, in cui hanno davvero fatto sobbalzare il nostro cuore.
Più volte i due attori hanno ricevuto domande sul tipo di rapporto che intercorreva tra Stabler e Benson. Io penso che la parola definitiva ce l’abbia data lo stesso Dick Wolf, in uno degli episodi più importanti, un crossover con la storia di Law & Order: Criminal Intent. A caso risolto, Olivia Benson e Alexandra Eames (che dalla fine di Criminal Intent troviamo promossa a luogotenente per la Crimini Maggiori) si trovano a parlare della vita con i loro ex colleghi:
Tutto quel tempo insieme… Solo noi due… Era come essere sposati…
Già, ma non lo eravate!
Law and Order Special Victims Unit 14×04 (“Sotto Copertura”)
La puntata si chiude qui, a sottolineare l’importanza della frase.
10) Mariska Hargitay e Olivia Benson
Diciamolo chiaro e tondo: Olivia Benson è, per successo e longevità, il più grande, influente, energico, trascinante, carismatico personaggio femminile delle serie crime di tutti i tempi. E l’attrice che la interpreta, Mariska Hargitay, ha consacrato a quel personaggio la massima parte della sua carriera venendone, sia chiaro, completamente ripagata. Grazie a Olivia Benson la Hargitay ha vinto tutto ciò che c’era da vincere: un Emmy nel 2006, un Golden Globe nel 2009, un People’s Choice Award nel 2018, conditi da un numero infinito di nomination e dal premio più ambito, cioè ricevere la sua personale stella nella mitica Walk of Fame l’8 dicembre 2013.
Mariska Hargitay, che aveva già una discreta carriera prima di entrare in Law and Order: Special Victims Unit (la ricordiamo in E.R Medici in prima linea, Tequila e Bonetti e diverse altre serie) non interpreta Olivia Benson. È Olivia Benson! Tanto che il personaggio la influenzerà perfino nella vita privata, dove deciderà di adottare due bambini e di fondare la Joyful Heart Foundation, un’associazione no profit che offre assistenza online a tutte le vittime di abusi, soprattutto di carattere sessuale.
Col tempo il personaggio è diventato uno dei più amati e studiati della serialità, nonché la colonna portante di Law and Order: Special Victims Unit.
Non è un caso che l’altro grande vecchio della serie, Ice T che interpreta il detective Fin Tutuola, abbia dichiarato che non potrebbe esistere alcun seguito senza Olivia Benson.
A pensarci bene, però, per amare una serie come Law and Order: Special Victims Unit solo 10 motivi non bastano. E allora ci pensa direttamente la NBC che, in onore della 21° stagione, di motivi ce ne fornisce proprio 21. Buona visione.