Arrivata quasi in sordina su Netflix, L’estate in cui imparammo a volare si è presentata insieme con numerose uscite di successo, tra queste la meravigliosa conclusione di Dead to Me e la serie del momento Mercoledì.
Forse, proprio a causa di questo i suoi difetti sono risultati ancora più evidenti, sottolineando come, purtroppo, di questa seconda stagione non ne avevamo assolutamente bisogno. Come tante altre prima di lei, la serie tv sta pagando il prezzo di aver voluto a tutti i costi forzare un racconto che di fatto non aveva più nulla da raccontare, risultando ancora più lento e noioso della prima stagione.
Dove eravamo rimasti
Sarah Chalke e Katherine Heigl tornano a interpretare Kate Mularkey e Tully Hart, passando per la struttura passata e presente che abbiamo imparato a conoscere nella prima stagione.
La prima stagione, infatti, si era conclusa con il litigio tra Kate e Tully davanti alla chiesa in cui si sta svolgendo un funerale. Le due donne sembrano arrivate infatti al punto di rottura. Ritroviamo quindi le attrici in due momenti molto diversi della loro vita: Kate viene a sapere che Johnny ha avuto un incidente in Iraq, mentre Tully si trova a dover fronteggiare una battaglia legale.
Si torna ancora indietro nel tempo, e riviviamo ancora una volta la storia tra Kate (Sarah Chalke) e Johnny (Ben Lawson), le vicende di Tully (Katherine Heigl), i loro litigi, il loro reciproco egoismo e le vicende con Nuvola. Niente di nuovo, insomma.
L’estate in cui imparammo a volare non aveva altro da raccontare
La serie Netflix, di fatto, non aveva più nulla da raccontare sulle vicende delle due amiche interpretate da Sarah Chalke e Katherine Heigl, di conseguenza dopo aver ripercorso ancora una volta racconti di cui speravamo di non dover più sentire parlare, il focus si è spostato sui personaggi secondari, per allungare il brodo.
Impariamo quindi a conoscere meglio Johnny, al suo burrascoso ritorno a casa dopo l’Iraq, in cui i traumi di guerra lo perseguitano, rendendolo violento e dipendente dall’alcol, rifiutando una Kate ancora innamorata che ci prova in tutti i modi.
È poi il momento di Marah alle prese con la sua sessualità, piccola parentesi che si prova a rendere divertente con qualche battuta, ma che non fa altro che ricordare Dead to Me, molto più avanti. Torniamo poi a rivivere le vicende del fratello di Kate, Sean, che finalmente trova il coraggio di confessare tutto a una madre che in fondo è sempre stata a conoscenza della sua omosessualità.
Cosa non ha funzionato
Le cose che non hanno funzionato in questa stagione sono tante. Non solo l’eccessiva teatralità di tutta la serie, fatta di parrucche assurde, eccessivo patinamento e un forzato stile anni ’80 portato allo stremo, ma anche la sua stessa costruzione inizia a non funzionare più. Ispiratosi alla costruzione del colosso This is Us, L’estate in cui imparammo a volare sceglie di non seguire la linearità del libro da cui e tratta, ma viene montato con continui sbalzi temporali, che uniti a una trama debole non aiutano sicuramente a mantenere un’attenzione già molto bassa.
Tutti i momenti cruciali e le grandi domande con cui si sarebbe dovuta aprire la seconda stagione: Johnny sopravviverà a quell’attacco in Iraq? Riuscirà Tully a rintracciare il suo vero padre? E quale evento potrebbe allontanare Kate e Tully dopo tutti questi anni?, sono trattate in modo fugace e frivolo. L’unica cosa che ti spinge a proseguire la visione è l’incidente che ci lascia intendere che una delle due amiche sia rimasta coinvolta.
Come dicevamo, l’uscita di Dead to Me solo pochi giorni prima non ha potuto non porre l’accento su alcuni temi importanti. Una riflessione sull’amicizia femminile, il perdono e la comprensione del dolore che nella terza stagione di Dead to Me è risultata davvero eccellente.
Come i personaggi interpretati da Christina Applegate e Linda Cardellini, nell’ultima stagione di L’estate in cu imparammo a volare, vengono affrontate le prove e le tribolazioni di una strana coppia, da scioccanti diagnosi mediche a problemi con un ragazzo e persino un mistero di incidente d’auto.
Brutte notizie all’orizzonte? L’estate in cui imparammo a volare avrà una parte 3
Se in questo articolo abbiamo sottolineato come questa stagione sia stata forzata e inutile, purtroppo, ci dobbiamo già rassegnare all’idea che di questa serie ci sarà una terza parte ancora in uscita nel 2023.
La seconda stagione, infatti, conta 16 episodi che sono stati divisi in due parti.
Inevitabile è chiedersi cos’abbia ancora questa serie da raccontare e se verrà costruita ancora in questo modo. I salti temporali sono eccessivi e talvolta confondono, finendo per appesantire anziché alleggerire la narrazione. Non basta voler parlare anche di temi importanti, come quello LGBTQ+ (abbiamo parlato anche di dove è possibile trovare altre serie che trattano questo tema) e la guerra in Iraq, ripercorrendo la storia del giornalismo in oltre 40 anni, questa serie non ha più nulla da raccontare ed è bene che si fermi il prima possibile.