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Lost: la ricetta di una febbre lunga 20 anni

Un'immagine del finale di Lost
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Nel mondo, esistono due tipologie di fan di Lost (disponibile su Prime Video, Netflix e Disney+). Da un lato, troviamo i veterani: quelli che lo hanno conosciuto per primi, fan storici che, dopo la visione del pilota della serie ABC si sono ritrovati intrappolati in un vortice da cui non sono mai voluti uscire. Più numerosa e consistente, tuttavia, è la percentuale di coloro che, in un modo o nell’altro, in quello stesso vortice si sono fatti trascinare da qualcun altro.

Nessuna costrizione, sia chiaro. Semplice persuasione. Come, d’altra parte, rimanere indifferente di fronte a simili elogi e apprezzamenti? Sono infatti poche le serie tv che, a dispetto di alcuni stoici detrattori, conservano un simile affetto da parte dei loro spettatori. Come fare a non provare curiosità di fronte a una serie definita da alcuni un capolavoro, da altri un prodotto capace di cambiarti la vita, da altri ancora come “la madre di tutte le serie tv“?

Se quella di Lost è una febbre, la narrazione che la circonda è un virus da cui è piacevole farsi infettare! Vediamo insieme come!

Un'immagine della prima puntata di Lost
Credits: ABC

Se avete amato Lost, è molto probabile che, un bel giorno vi siate lasciati conquistare dalle belle e promettenti parole di lode nei confronti della serie. Poco importa che a parlarne siano stati amici, parenti, recensori o sconosciuti che ne discutevano entusiasticamente su forum online o sui social. In caso contrario, è altamente probabile che i proselitisti, ossia coloro che hanno preso in carica la missione di convertire gli altri, siate proprio voi.

Signore, ha un minuto per parlare del nostro signore salvatore Lost?

Non a caso, i fan di Lost, sempre alla ricerca di nuovi adepti da convertire, sono andati a costruire una community così devota e appassionata da ricalcare in qualche modo una sorta di fratellanza. Una comunità che vede la serie ABC come ben più di un prodotto televisivo: un viaggio, una metafora esistenziale, un racconto capace di cambiare la vita. Una narrazione da analizzare nei suoi minimi particolari, alla continua ricerca di nuovi dettagli, interpretazioni e significati.

Dopotutto, seppur con i suoi difetti dati da problemi sul set, scioperi di sceneggiatori e imprevisti vari ed eventuali, non è difficile capire perché la formula di Lost sia con il tempo riuscita a far affezionare così tanto i suoi spettatori. Mettiamoci personaggi ben scritti alla cui sorte ci si affeziona facilmente, un’ambientazione suggestiva, ricca di misteri e intrighi da dipanare poco per volta, e una narrazione per nulla scontata, ricca di colpi di scena e trovate geniali. Il gioco è fatto! Tuttavia, se Lost ha avuto un simile successo, non è solo per la sua intrinseca qualità, ma anche per tutta la narrazione che da sempre l’ha accompagnata.

Passaparola, recensioni, libri specialistici, addirittura documentari: Lost è diventato, a tempi di record, un vero e proprio mito, di cui non si può assolutamente evitare di parlare.

L'isola di Lost in tutto il suo splendore
Credits: ABC

Chi ha amato la serie, innovativa sotto tutti i punti di vista ai tempi della sua prima messi in onda, non ha mai potuto infatti evitare di parlare in termini quasi romantici della serie, veicolando così non solo l’affetto nei confronti di Lost e delle sue storie, ma anche un particolare modo di promuovere la serie.

Attraverso forum online, fan fiction, teorie elaborate e discussioni collettive, gli spettatori hanno creato una mitologia parallela che ha mantenuto vivo l’interesse per la serie anche a distanza di anni dalla sua conclusione. Lost ha segnato un prima e un dopo nella storia delle serie tv, generando un vero e proprio fenomeno culturale che ha preso avvio vent’anni fa, ma che, invece di estinguersi con la conclusione della serie, sembra non avere intenzione di arrestarsi.

Quando si avverte un così grande e incondizionato amore nei confronti di qualcosa, diviene quasi impossibile restare indifferenti e non lasciarsi incuriosire. Anzi, per qualcuno diventa quasi inevitabile non provare un po’ di FOMO (Fear of Missing Out), ossia la paura di essere tagliati fuori da quella che viene avvertita come una significativa esperienza collettiva.

Fin dal suo debutto, Lost, con la sua peculiare struttura e il suo alternarsi di diversi generi, ha spinto gli spettatori a seguire ogni episodio con grande hype, così da evitare di rimanere esclusi dalle discussioni tra amici, colleghi oppure online. Grazie a cliffhanger che stimolavano un costante bisogno di sapere cosa sarebbe successo, si andava infatti a stimolare una sorta di “dipendenza seriale“. Da ciò, partecipare alle teorie, discutere i misteri e condividere le proprie interpretazioni con la community diveniva parte integrante di quella che fu ai tempi pubblicizzata come Lost Experience (nome tra l’altro di un gioco legato alla serie tv). Il risultato?

Chi chi non seguiva la serie o si trovava indietro con gli episodi rischiava di sentirsi un estraneo, al di fuori di un evento importante.

Ma questa febbre di Lost, come dicevamo prima, non si è esaurita dopo la sua conclusione, come è capitato a tanti prodotti che, pur essendo molto popolari al momento della messa in onda, finiscono poi nel dimenticatoio. L’amore per Lost non si è infatti esaurito, ma si è trasformato in un fenomeno duraturo che anche oggi mantiene vivo il mito. La considerazione che i fan hanno di Lost porta infatti avanti uno storytelling tanto devoto che risulta quasi impossibile non risultarne affascinati. La serie viene infatti spesso ben descritta come qualcosa di davvero incredibile, quasi alieno, non comprensibile a chi non abbia effettivamente mai avuto modo di vederla

Lost continua a esercitare un fascino magnetico su nuove generazioni di spettatori, spinti dalla curiosità di scoprire “la serie di cui tutti parlano”, di capire il motivo di tutto l’entusiasmo che lo ha alimentato, anche solo per l’importanza che Lost ha avuto per lo sviluppo del modo di fare serie televisive, non solo a livello di innovazione tecnica, ma anche in quanto a stile narrativo.

Anche i più scettici, d’altra parte, non rimangono immuni di fronte al mito di Lost: perfino chi non crede nell’effettiva bontà della serie, si ritrova infatti molto spesso a iniziare a visionare lo show anche solo verificare personalmente se meriti davvero tutto l’entusiasmo che ha generato nel tempo. Come moderni San Tommaso molti spettatori iniziano questo lungo viaggio non tanto perché persuasi dal suo richiamo, ma per vedere con i propri occhi se è davvero all’altezza della sua fama.

Il fatto che poi la maggior parte di essi vada poi a unirsi agli adepti della serie, è tutta un’altra storia.

D’altra parte, come spesso si sente dire, Lost è una serie che non va solo guardata, ma sperimentata in prima persona per poterla comprendere appieno. Ed è proprio questo storytelling appassionato, talvolta ai limiti del fanatismo, ad aver portato alla serie un così grande successo. Ben più del marketing delle reti televisive e delle piattaforme streaming.

Credits: ABC

Una febbre lunga 20 anni, ma di cui personalmente, siamo ben felici di soffrire!

Attenzione: la Febbre di Lost colpisce con sintomi inconfondibili: un compulsivo desiderio di binge-watching della serie, un’ossessione per i numeri 4-8-15-16-23-42, e risposte quotidiane con iconiche citazioni come “Non dirmi cosa non posso fare!”, “Si vive insieme, si muore soli” o “Auguri fratello, ad un’altra vita!“. Si manifesta anche con la necessità di convertire alla causa amici e parenti, interminabili dibattiti sul significato del finale, e la convinzione di vedere il logo Dharma ovunque. Non c’è cura, solo accettazione!

Comunque, per restare in tema, ecco perchè Lost è la serie della mia vita