“Sorry, Charlie” è un’espressione che è entrata nel lessico americano grazie a una pubblicità degli anni 60 che è rimasta longeva nel tempo e che si adatta perfettamente al nostro (povero) Charlie Pace, il personaggio della mitica serie Lost di J.J. Abrams, interpretato da Dominic Monaghan. Scusa Charlie se ti definiamo “povero”. Senza offesa, rivediamo insieme la tua storia e forse capirai perché.
Charlie is “Lost”
Charlie viene catapultato sull’Isola dal suo passato di perdente. Un successo raggiunto troppo in fretta con la band che aveva formato assieme al fratello che è stato anche il suo istigatore all’uso dell’eroina. Paradossalmente sarà l’eroina a preservargli la vita nell’impatto. Si trovava nel bagno che poi risulterà essere nella parte di carlinga che è rimasta più integra nello schianto. Charlie è già perso prima ancora di ritrovarsi sull’isola, perso nei meandri della sua insana e irregolare vita, perso nella sua scarsa autostima e nell’inseguire un fratello che è stato la sua nemesi. Per il povero Charlie, l’isola sarà un’opportunità per ritrovarsi, avere la forza di disintossicarsi scegliendo la chitarra in un baratto con la dose tanto agognata di eroina. Charlie entra in contatto con se stesso, si sintonizza sull’energia che l’isola emana e che diventa il suo baricentro. Sarà alla fine il meno perso tra tutti i sopravvissuti.
A metà del cammino
Quasi come arrivare a metà del cammino di Santiago e sapere che non si potrà mai raggiungere la meta. Per Charlie va così. La serie completa di Lost è di 6 stagioni e il suo destino si compie precisamente nell’ultimo episodio della terza stagione. Da tossico reietto a uomo completo che condivide un amore e un figlio non suo, capace di affrancarsi totalmente dalla sua dipendenza. In uno dei migliori episodi della serie, Charlie accetta il suo destino di agnello sacrificale per mantenere la possibilità di collegamento radio tra l’isola e l’esterno. Anche il titolo è significativo Through the Looking Glass/Attraverso lo Specchio, come il titolo del libro di Lewis Carroll, il seguito di Alice nel Paese delle Meraviglie. Dall’altra parte dello specchio c’è il mondo a rovescio dove è valida una sola regola: credere all’impossibile. Lo sanno bene i naufraghi dell’isola e anche noi che li guardiamo attraverso lo specchio della narrazione.
Not Penny’s Boat
La mano di Charlie sul vetro del suo definitivo “looking glass” è un’immagine che resterà nella storia delle serie tv, impresso nelle nostre menti. Talmente forte da superare indenne i 15 anni dalla sua messa in onda ed essere diventata più recentemente un meme. Il destino finale di Charlie per come si è svolto, con la drammaticità dell’essere intrappolato nella sua bara di acqua, è stato forse il maggiore punto di svolta nell’evolversi dell’atmosfera e delle scelte narrative successive.
Charlie è un personaggio di rilievo nella serie, e permettere che muoia ben lontani dalla stagione finale mette in gioco tutti gli altri personaggi di “serie A” da lì in poi, e introduce anche un azzardo (vincente) quasi mai utilizzato prima nella serialità. Dalla quarta serie i toni diventano più cupi. Si delineano due gruppi di sopravvissuti che perseguono idee e obiettivi diversi, osteggiandosi tra di loro. Dalla quarta serie i flashback lasciano il posto ai flashforward, la vita a venire nel mondo a rovescio attraverso lo specchio. La morte di Charlie Pace diventa quindi determinante per un punto di svolta nel destino dei singoli e di Lost nell’intero. La fine del povero Charlie/Dominic Monaghan è un elemento cardine per la sceneggiatura. Sorry, Charlie, ma J.J. Abrams aveva bisogno di una morte importante. Non di un Locke o di un Jack, gli bastava un Charlie.