19. Limbo
Ci troviamo in un limbo, in una istanza ultraterrena. Un luogo imperituro.
Ciò che Jack apprende da suo padre, nel momento in cui entra in Chiesa, scorre spaventosamente liscio, come un automatismo appreso ed accettato come tale senza una domanda che conduca all'”arché”.
Jack è commosso ad ogni parola e la consapevolezza della morte da sfogo a tutta la tensione, la voglia di rimediare, la coscienza. Tutto ciò cade giù come grandine, si scioglie al suolo per poi tornare ciclicamente a svolgere lo stesso atto e potenza. E non ha più valore, se non quello di esistere per essere ricordato.
– “La parte più importante della tua vita l’hai vissuta con loro. Nessuno muore da solo, Jack. Tu avevi bisogno di loro, e loro di te.”
– “Per che cosa?”
– “Per RICORDARE… e farsene una ragione.”
20. Inizio e fine
La nostra esperienza con Lost comincia con un occhio che si apre, e termina con lo stesso occhio che si chiude. Nello stesso posto, tra le piante di bambù e Vincent che scodinzola mentre si avvicina a Jack.
Stavolta, però, alla sequenza si aggiunge la visione dell’aereo che passa sopra la sua testa con i suoi compagni in salvo e con la possibilità di vivere tutto il tempo a loro disposizione, prima di ritrovarsi tutti nello stesso posto, ancora una volta.
Inizio e fine di Lost si respingono nelle loro analogie. Come due poli uguali che si allontanano generando un campo magnetico. E Lost è tutto ciò che capita nel mezzo,
dall’inerzia della spinta di questa forza casuale iniziale.
Senza conoscere l’inizio e senza una vera fine.