3. “Io l’ho guardata negli occhi quest’isola”
– “Sono un uomo ordinario, Jack. Non sono mai stato il tipo che crede nella magia. Ma questo posto… è diverso. Gli altri non vogliono parlarne perché ciò li spaventa, ma lo sappiamo tutti. Lo sentiamo tutti. Il tuo “bianconiglio” è un’allucinazione? Può darsi.
Ma… se tutto ciò che accade quì fosse per una ragione?”
– “E’ impossibile.”
– “Io l’ho guardata negli occhi quest’isola, e ciò che ho visto è bellissimo.”
E’ il primo vero confronto tra i due pilastri idealmente opposti di Lost: fede e ragione.
E’ raro causare un magone senza drammaticità. La commozione di questa scena è quella che l’uomo prova nel momento in cui realizza di essere troppo piccolo per contenere ogni verità, di sentirsi scoppiare come un palloncino nell’incapacità di trasmettere ogni singola percezione al medesimo modo in cui la si è vissuta.
Locke ci prova, e questo incrementa la nostra commozione.
4. Fede e ragione
– “Se per te non è reale, perché sei tornato quì, Jack? Perché crederci ti è così difficile?”
– “E perché per te è così facile?!”
– “Non è mai stato facile!”
Il momento in cui un uomo è disposto a perdere tutto ciò in cui crede, purché siano anche gli altri a crederci. Una delle scene più belle dell’intera mitologia, quella in cui
Locke convince Jack a premere il “tasto invio” al suo posto, per consacrare quello che definisce “un atto di fede”.
Locke è convinto che qualcosa di negativamente inaudito accada al mancato inserimento della sequenza di numeri all’interno del computer. Tuttavia è disposto a sacrificare se stesso e la causa.
Ma l’incapacità di Jack nell’ammettere un’ignota legge dominante e la sua rabbia alla vista di chi contrariamente a lui ci riesce con serenità, sembrano sintomi inamovibili.
Il countdown scorre inesorabilmente, eppure non conta che quello:
il fatto che Jack si ravveda, che cambi idea. Non lo farà, od almeno non ancora, sebbene prema il tasto.